Slow food, certo, ma anche Slow sex, Slow money e Cittaslow. La lentezza, insomma, come stile di vita e codice morale, in un epoca, il XXI secolo, sempre più fast. E’ questo l’obiettivo di “Slow. Rallentare per vivere meglio” di Sylvain Menétrey, giornalista di costume e cultura, e Stéphane Szerman, filosofo, psicoterapeuta e coach, edito da Egea.
Una guida alla scoperta di una realtà sempre più importante, basata su alcuni punti fondamentali: essere sensibili alle stagioni, riacquistare la consapevolezza delle distanze, sviluppare una conoscenza dei prodotti e dell’ambiente nel quale viviamo, vivere, insomma a ritmi naturali, mentre tutto procede oltre la soglia in cui l’accelerazione, a lungo considerata come sinonimo di progresso e benessere, diventa tossica, con conseguenze negative sulle nostre condizioni di vita.
“Siamo in presenza – scrive Domenico De Masi nel saggio che introduce il libro – di un nuovo paradigma postindustriale, di un nuovo modello di vita, contrapposto a quello industriale della galassia fast che ha dominato per duecento anni, un modello necessario per recuperare il senso delle cose, dei pensieri, dei sentimenti e alimentato dalla cultura della lentezza intesa come atteggiamento dolce verso la vita e i suoi infiniti piaceri”.
Si tratta di una serie di movimenti nati per reazione: da Slow Food, appunto, fondata alla fine degli anni Ottanta da Carlo Petrini, suo attuale presidente, a Cittaslow, nato anch’esso in Italia, alla fine degli anni Novanta, su iniziativa di alcuni sindaci (Greve in Chianti, Orvieto, Bra, Positano) che volevano applicare i principi Slow ai centri urbani, al fine di rafforzare la democrazia locale, migliorare la qualità della vita degli abitanti e promuovere le proprie peculiarità, anche in questo caso in contrapposizione con la velocità che contraddistingue le metropoli.
Attorno a questi movimenti ne ruota una galassia di altri, più recenti e meno strutturati, da Slow Money (il cui obiettivo è di catalizzare investimenti a favore di progetti legati alla produzione alimentare biologica locale e si inserisce nel solco della finanza etica) a Slow Education (nato per incoraggiare un’educazione più personalizzata, che tenga in maggiore considerazione i ritmi e le attitudini di ogni allievo), passando per Slow Turism, Slow Sex, Slow Management, Slow Design, Slow Book, Slow Media e altri ancora.
“Ma”, si chiedono i due autori, “siamo pronti a rallentare, a rinunciare a questa velocità che accusiamo di ogni male, a spegnere tutti questi giocattoli tecnologici che ci accompagnano?”.