Il premier indiano Narendra Modi è in piena fase di corteggiamento delle imprese giapponesi, per le quali ha promesso un trattamento da “tappeto rosso”, invece del “red tape”, il nastro rosso con cui nel mondo anglosassone si indica la stretta letale della morsa burocratica. Rivolgendosi ai leader del mondo del business nipponico durante la sua visita di cinque giorni nell’Impero del Sole, Modi ha detto che l’India è la migliore destinazione possibile per gli investitori giapponesi. È un Paese in crescita – anche più rapida delle attese – e il suo immenso mercato offre tre “d” magiche per lo sviluppo economico: democrazia, demografia e domanda.
Le sue parole sono risultate convincenti e il primo ministro indiano si prepara a tornare in patria con un nutrito pacchetto di progetti di investimento del valore di svariati miliardi di dollari. In più occasioni Modi ha schivato abilmente domande insidiose riguardo al ruolo crescente che la Cina sta assumendo come partner commerciale dell’India, enfatizzando invece quanto avvicina India e Giappone. “I nostri Paesi hanno entrambi un ordinamento democratico” ha detto “ed è più facile per noi lavorare insieme e muoversi nella stessa direzione”.
Le relazioni cordiali tra Modi e Abe, del resto, sono di vecchia data e il premier indiano le sta sfruttando al meglio per ottenere da parte del Giappone un sostegno concreto per combattere la povertà che ancora affligge l’India e accelerarne il processo di modernizzazione. I due Paesi – ha fatto notare qualcuno – presentano caratteristiche che li situano ai due poli opposti: tanto l’India ha città caotiche, economia emergente e popolazione giovane, quanto il Giappone presenta città immacolate, popolazione sempre più vecchia e un’economia matura. Ma Modi non si è scomposto e ha prontamente risposto che gli opposti si completano.