LUXOTTICA SOTTO SHOCK DOPO IL DVORZIO DA GUERRA
LE AVANCES DI RENZI NON SONO PIACIUTE A DEL VECCHIO
La Borsa non l’ha presa bene: l’uscita imminente di Andrea Guerra dal vertice di Luxottica dopo dieci formidabili anni in cui il titolo è passato da 13 a 40 euro (+184%) è piovuta come un fulmine a ciel sereno sul listino che ha reagito con vendite a pioggia sull’ammiraglia del made in Italy, l’unica società tricolore leader di settore nell’economia globale, forte di un fatturato di 7 miliardi che, secondo i piani già annunciati, mirava all’obiettivo dei 10 miliardi in pochi anni. In apertura il titolo è andato subito sotto del 5% per poi ampliare le perdite fino a -6,7% a 37,7 euro, salvo rimbalzare prima sopra la barra dei 38 euro e recuperare poi quota 39,50 poco dopo mezzogiorno. Ma lo shock resta. Assieme a tante domande che meritano risposta, sia sul futuro di Luxottica che della stesso Guerra, ormai avviato verso un divorzio “lento”, ovvero un’uscita concordata nei primi del 2015. E non è difficile immaginare una liquidazione milionaria per Guerra, che negli ultimi due anni ha incassato stock option per 60 milioni di euro, ampiamente giustificate dai risultati.
Ma perché Leonardo Del Vecchio ha deciso di chiudere la relazione con il manager, corteggiato anche da Matteo Renzi? Forse la risposta sta proprio nelle esitazioni del manager di fronte all’offerta della guida di un ministero. Del Vecchio non avrebbe gradito l’atteggiamento ondivago del suo manager, tentato dall’avventura e dalla ricerca di nuove emozioni. L’azionista numero uno del colosso degli occhiali ha preso atto che sua Luxottica, dipendente forse troppo dall’immagine del suo leader carismatico , rischiava di trovarsi spiazzata dalle scelte di Guerra che, arrivato a 50 anni, cominciava a sentire il richiamo di nuove sfide. E così, come ha sempre fatto, Del Vechio ha giocato d’anticipo: meglio investire su un nuovo leader, all’interno di una governance ormai ben strutturata e sperimentata nei dieci anni di gestione Guerra, in cui Luxottica è passata da una gestione famigliare ad una struttura manageriale, piuttosto che finire ostaggio delle scelte altrui. La spiegazione, forse, contiene una parte di verità. Ma, francamente, sembra un po’ esile. Anche perché in questi anni il tandem di Agordo ha funzionato sulla base di rapporti chiari e meno flessibili di quel che non appaia. Nella famosa intervista al Corriere della Sera con cui Del Vecchio in pratica avviò il “licenziamento” di Giovanni Perissinotto dalle Generali, il proprietario di Luxottica lamentandosi dell’eccessiva autonomia del ceo della compagnia, disse tra l’altro: “quando Andrea Guerra decide di spendere 10 mila euro, anche se ha il diritto a muoversi in autonomia, riferisce in consiglio”. Insomma, Guerra ha goduto sempre di grande libertà d’azione, potendo concludere in prima persona operazioni spettacolari, tra cui l’acquisto di Oakley nel 2007, della brasiliana Tecnol nel 2011, o, pochi mesi fa, del brand Alain Mikli ma sotto la supervisione di un azionista estremamente vigile. La formula ha funzionato fino all’operazione più clamorosa: l’accordo per la realizzazione dei Google Glass firmato con il colosso di Mountain View.
Secondo qualcuno partono da lì le divergenze strategica nella coppia di maggior successo del capitalismo nostrano. Non c’è alcun dubbio che il deal con Google sia stato approvato sia dal manager che dal patron Del Vecchio. Ma per Guerra l’alleanza con Larry Page e Sergej Brin era una sorta di primo passo in un nuovo mondo che avrebbe spinto Luxottica ad addentrarsi nel mondo delle tecnologie wearable, alla ricerca di nuovi materiali, nuove soluzioni tecnologiche e, inevitabilmente, nuove aree di business. Di qui forti investimenti, assunzioni mirate e strategie innovative che richiedono forti investimenti e rischiano comunque di spostare il baricentro del gruppo. Anche questo, secondo alcuni, ha pesato nel divorzio: Il rischio paventato da Del Vecchio di perdere la supervisione di una macchina ormai avviata su nuovi campi, con nuovi uomini e nuovi obiettivi.
Che farà ora Guerra? Matteo Renzi ha sufficiente fantasia per immaginare un ruolo di punta per il manager, qualora lui fosse tentato dalla foresta della politica così come, poco più che ventenne, decise di mettersi alla prova in India traversando la giungla a dorso di elefante. Oppure, vaglierà le proposte che già stanno piovendo sul suo tavolo. Più facile in Usa che in Italia, economia che sta stretta alla sua competenza ed alle sue qualità.
E Luxottica? Il patron ha già in mente l’identikit (anzi, qualcosa di più) del nuovo leader ma lo annuncerà più avanti. Difficile che entrino in scena i “cacciatori di teste”. O forse la ricerca si è già conclusa secondo la formula Del Vecchio: meglio agire in anticipo che dipendere dalle scelte altrui.