Oltre due ore l’altro ieri con Mario Draghi, in segreto, ma non troppo, visto che alla fine l’elicottero del presidente del Consiglio difficilmente passa inosservato, anche in mezzo alla campagna umbra. E almeno tre ore ieri sera con Giorgio Napolitano, nella tenuta presidenziale di Castelporziano, questa volta senza alcun segreto: Matteo Renzi esce da Palazzo Chigi alle 18 e trenta e ci torna dopo le 22.
La triangolazione assume, pur nel riserbo quasi assoluto che circonda i due incontri, il valore di un passaggio di boa. Draghi e Renzi si chiariscono, eliminano presunti dissapori dei giorni scorsi, ma resta sullo sfondo la preoccupazione congiunta per l’economia italiana. Vista da Francoforte, o da Palazzo Chigi, la situazione dell’Italia resta comunque critica, “drammatica” per molti versi e molti settori, secondo l’ammissione dello stesso premier.
L’incontro con il capo dello Stato aggiunge i consigli e le valutazioni della prima istituzione del Paese: sin qui Renzi è sempre stato accompagnato da una sintonia quasi totale con il Colle, la difficoltà dell’economia reale, che non accenna a riprendersi, aggiunge al bilancio della stagione, i primi cinque mesi del governo, una prospettiva diversa dal passato.
Renzi e Napolitano parlano della maggioranza, della solidità che ha offerto in Parlamento, pur con tutte le difficoltà dell’iter della riforma del Senato. Discutono dell’agenda dei prossimi mesi, a settembre si entrerà nel vivo di capitoli importanti come il lavoro, la pubblica amministrazione, la giustizia, le infrastrutture, ma è quello dei conti pubblici il punto centrale.
Anche al presidente della Repubblica il capo del governo conferma che in ogni caso Palazzo Chigi, anche se la recessione dovesse continuare, non intende andare oltre il parametro del 3%, una questione di credibilità nazionale che è condivisa. Si discute dunque di quali spese si dovranno tagliare: se veramente Renzi come sembra ha superato qualche incomprensione di troppo con Carlo Cottarelli, il commissario alla spending review, Napolitano comunque monitora da vicino i tagli prossimi venturi. Lo ha fatto diverse volte in passato, premurandosi di chiedere il massimo dell’accortezza possibile, per non incidere su un tessuto sociale che è al limite della sofferenza, in molti settori.
Il confronto è anche sugli investimenti esteri: Renzi sta trattando il possibile ingresso della cinese Brilliance in Italia, anche i sindacati hanno difficoltà ad avere notizie, sembra che il dossier sia gestito in prima persona dallo stesso presidente del Consiglio. Lo sbocco possibile sarebbe Termini Imerese, l’azienda di Pechino ha bisogno di un impianto industriale in Europa, l’ex stabilimento Fiat potrebbe essere appetibile e chissà che oggi il premier non decida di dare dettagli ulteriori alle autorità siciliane, che incontrerà proprio nel municipio di Termini Imerese. Quello degli investimenti esteri diretti nel nostro Paese è divenuto per il capo del governo uno degli obiettivi prioritari. Il governo intende “spalancare le porte” agli investitori stranieri in Italia, ha detto al Financial Times , aggiungendo queste considerazioni: “L’Italia è strana, perché c’è una parte della classe politica che dice “non abbiamo nessun investimento straniero” e poi, quando gli investitori stranieri arrivano, si dice “ma così stai vendendo tutto”. Beh, mi sembra una cosa folle, è un modo di comportarsi veramente assurdo. Io sono più felice quando vedo arrivare qui un grande investitore straniero che non quando vedo un normale investitore italiano. E non perché io non sia patriottico, ma perché per me conta il progetto industriale, non il passaporto”.
Napolitano segue molto da vicino i contenuti della legge delega sul mercato del lavoro, che in autunno verrà discussa, e che per dicembre si spera sia stata adottata, visto che l’Italia ospiterà da presidente di turno della Ue un vertice sul mercato del lavoro.