Il risveglio delle Ipo dell’estate 2014 in alcuni casi si è rivelato alquanto amaro: in pochi giorni si è registrata la rinuncia di Sisal, che fino all’ultimo ha sperato – invano – che gli istituzionali salissero a bordo numerosi; il dietro front di Rottapharm che, secondo i rumors, avrebbe trovato consensi tra gli investitori solo a prezzi da saldo; il mezzo flop di Fincantieri che ha ridotto la quota in vendita a 350 milioni di euro da 600 con gli istituzionali che hanno sottoscritto solo il 10%. I motivi? Lo storno dei mercati agitati dalle tensioni geopolitiche e dai timori sulla crescita, valutazioni spesso alte e l’aumento della selettività da parte degli investitori.
Da gennaio in Italia sono state realizzate 12 Ipo per un valore di oltre 2,5 miliardi di dollari contro le 7 del 2013. Sull’Aim, il listino mutuato dall’esperienza di successo di Londra per le Pmi, le imprese quotate sono salite a 50 e da inizio 2014 ha raccolto circa 140 milioni di euro.
I nuovi filing per ora continuano: ci riprova Fedrigoni, la società della carta della Fabriano che nel 2011 aveva abbandonato già una volta il progetto di quotazione, ha presentato nei giorni scorsi domanda di ammissione sull’Mta a Borsa Italiana e la richiesta di approvazione del prospetto informativo a Consob; Favini, società specializzata nel packaging di lusso e negli stampi per ecopelle, si è mossa a inizio luglio e punta allo Star; Ovs, la catena di abbigliamento del gruppo Coin, ha dato mandato a quattro banche con l’obiettivo di sbarcare in autunno; il caffè Zanetti ha confermato l’Ipo nella seconda metà di ottobre.
Il rinnovato interesse degli investitori verso la periferia dell’Europa rende il listino milanese più appetibile di qualche mese fa.“Il Nord Europa e l’Italia si stanno unendo alle piazze calde londinesi e francesi man mano che l’interesse per le Ipo si amplia”, ha rilevato il colosso della consulenza EY in una sua analisi appena pubblicata. “Regno Unito e Francia – si legge nel report – si confermano con elevati livelli di attività, ma stiamo assistendo anche ad una crescita delle altre borse europee: lo dimostrano i risultati ottenuti in Italia e nei Paesi Scandinavi che si posizionano tra le prime dieci”.
Tant’è che fino a qualche settimana, fa tra i debutti già varati e la ventina di società in rampa di lancio, si scommetteva che le Ipo avrebbero mosso una decina di miliardi di investimenti. Ora però le attese sono state ridimensionate e ci si interroga con più forza su quante società riusciranno davvero ad arrivare a destinazione. Sul mercato ci si chiede se gli ultimi flop possano essere considerati un caso isolato, dovuto magari alle peculiarità del tipo di offerta, oppure se si tratti di una vera e propria inversione del sentiment favorita dall’incertezza sul fronte macroeconomico. D’altra parte, dopo l’euforia, scatta fisiologicamente la fase della selettività. E i numeri avallano questo scenario: i flussi in arrivo dagli Usa continuano a esserci ma si sono notevolmente ridotti, gli investimenti americani nelle azioni europee viaggiano al ritmo di 1 miliardo al mese contro i 10 miliardi che si registravano a fine 2013.
CORSA MONDIALE ALLE QUOTAZIONI: +60% NEL PRIMO SEMETSRE 2014
Allo stesso tempo i fondi istituzionali stranieri hanno in questo momento diverse opportunità tra cui scegliere nelle varie Borse internazionali. Il report di EY ha calcolato che nel primo semestre del 2014 a livello mondiale, le società che hanno scelto di quotarsi sono state 588 con un incremento del 60% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Nel complesso sono stati raccolti 117 miliardi con una crescita del 67% rispetto alla prima parte del 2013; si tratta del valore più alto dal 2007. Le operazioni hanno interessato diversi settori, l’Healthcare è stato il più attivo nella prima metà dell’anno con 103 Ipo, più del doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel settore Tech le Ipo sono raddoppiate (78 Ipo), mentre l’ Energy ha raccolto la maggior parte del capitale attraverso le Ipo nei primi sei mesi del 2014 (17,6 miliardi di dollari).
L’Europa mostra risultati migliori della media mondiale: sono state realizzate 162 Ipo, con una crescita del 131% rispetto all’anno precedente ed un valore complessivo di 44.5 miliardi di dollari, in crescita del 351% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Londra ha avuto la migliore performance del continente con un totale di 71 IPO pari a 18,5 miliardi di dollari, l’equivalente del 12% del volume globale delle transazioni finora raggiunte nel 2014.
Continua poi negli Usa la corsa senza sosta: le borse statunitensi hanno registrato per il terzo trimestre consecutivo più di 70 Ipo. Nyse e Nasdaq insieme hanno raggiunto nel complesso 162 Ipo raggiungendo i 35 miliardi di dollari di capitale nella prima metà del 2014, includendo anche sette operazioni di Ipo che hanno superato il miliardo di dollari. Ma anche qui si vedono i segni di una maggiore cautela. Nel secondo trimestre solo il 56% delle Ipo hanno archiviato un prezzo compreso o superiore al valore di collocamento iniziale, nel primo trimestre era il 70%. “Ciò riflette – afferma EY una maggiore cautela degli investitori sul fatto che l’attuale tendenza del mercato azionario al rialzo sarà sostenuto”.
Le Borse dell’area Asia-Pacifico sono quelle che hanno registrato più Ipo rispetto alle altre regioni nel primo semestre del 2014 con 217 deals (+64%) e un valore di 33.7 miliardi di dollari (+45%). Quattro delle più importanti Ipo del periodo sono state realizzate proprio: tre Ipo alla Borsa di Hong Kong ed una a quella di Tokyo. L’attività è stata comunque rallentata nel corso del secondo trimestre del 2014 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In ogni caso gli esperti mantengono previsioni favorevoli alla luce delle oltre 100 aziende cinesi che si dovrebbero quotare e la fiducia degli investitori in più mercati, tra cui Hong Kong, Giappone e Australia.
IN AUMENTO LA PRESSIONE SUI PREZZI
“Il mercato Ipo è molto forte in diverse regioni e settori e tutti gli indicatori dimostrano come questa tendenza al rialzo sia sostenibile”, ha commentato Maria Pinelli, vice presidente globale dell’area Strategic Growth Markets di EY avvertendo però che “il pricing inizia ad essere sotto pressione in diversi mercati suggerendo che gli investitori stiano mostrando prudenza e non siano disposti ad investire in operazioni sopravvalutate. Ciò significa che oggi più che mai le società che arrivano sul mercato al momento giusto e con un’adeguata storia di crescita, attirano l’interesse degli investitori solo se il loro prezzo sarà ritenuto adeguato”.
In Italia la ripresa delle Ipo dopo la gelata record dovuta alla crisi ha però fatto riemergere anche l’appetito dei venditori: gli operatori hanno indicato una generale tendenza negli ultimi mesi a spingere al massimo le valutazioni. Non così anni fa, quando la maggior parte delle società, anche marchi blasonati, andava sul mercato a sconto anche del 20% sul prezzo teorico dell’azienda.
Una tendenza che va legata anche alla forte ondata di operazioni messe in campo da private equity e venture capital: bloccati più a lungo del previsto negli investimenti per colpa della crisi, ora i fondi vogliono approfittare della ripresa delle mercato per uscire e monetizzare al massimo le operazioni.
Non che sia un fenomeno esclusivamente italiano. Riferendosi all’intera area Emeia (ossia Europa, Medio oriente e Africa), gli esperti di EY rilevano che “i principali drivers per le Ipo sono i Private equity e i venture capital che puntano a realizzare valore con l’uscita dall’investimento”. Tra gennaio e giugno 2014 le Ipo provenienti da Pe e Vc hanno contato per il 25% del totale e per il 51% del totale dei proventi, ossia 51 operazioni per 23,9 miliardi di dollari. Negli Usa, addirittura, le quotazioni da parte di Pe e Vc hanno pesato per il 64% del totale e l’81 dei soldi raccolti, e hanno dato luogo a 9 delle 10 più grandi Ipo.
La pressione è destinata ad aumentare nei mesi a venire. “Con una solida rete di aziende pronte a quotarsi in molteplici mercati geografici e settori, non vi è alcuna carenza di offerta – ha fatto notare EY – Questo aumenterà la pressione sui prezzi in quanto gli investitori saranno attenti ad andare incontro a valutazioni eccessivamente ottimistiche”. L’Italia resta un’alternativa in più per diversificare il portafoglio. Ma l’Ipo deve essere convincente.