Il vero miracolo di Renzi si è compiuto a Roma alle recenti europee. Ha portato il Pd al 43 per cento, nonostante un partito scassato e un sindaco che sembra sbarcato da Marte e che ancora stenta a capire dove è capitato. Così i suoi elettori sono passati dal dubbio – non sarà un bluff?- alla convinzione di aver sbagliato voto. Trovare un romano soddisfatto di Marino è più difficile che centrare un 6 al Superenalotto. Così non stupisce che nella festa dopo le europee si discuta animatamente sul numero delle preferenze e sul sostegno degli organi di partito. Se questo è il clima pur dopo una esaltante vittoria, se Marino, alle promesse roboanti (cambierò Roma), affianca una infinita pausa riflessiva (cioè è immobile) il risultato è certo. Non c’è da stupirsi se davanti a delle frane di molti mesi fa a Nord della Capitale, da tempo sono comparsi cartelli ironici come: “Mio nonno con la pala faceva prima”. Nella capitale arterie importanti e trafficate sono ostruite e il traffico è impazzito. Ci saranno anche motivazioni burocratiche per ritardi incredibili, ma il sindaco che fa? Non sappiamo se faccia ancora uso della bicicletta per muoversi, ma non si aspetti – girando nei quartieri della città – bagni di folla, al massimo potrebbero arrivargli dei gavettoni. E quel “sveglia Marino” che molti romani hanno rivolto a Renzi il 2 giugno, per l’interessato potrebbe essere molto più di una sollecitazione se fosse più diretto il rapporto tra l’inquilino del Campidoglio e i cittadini.
Due sono sostanzialmente le ragioni del fallimento di Marino, o se vogliamo essere più buoni della delusione: l’incapacità del sindaco a gestire una situazione tanto complessa come quella romana e le divergenze dentro il Pd.
Partiamo proprio dal secondo aspetto solo apparentemente meno significativo. Il Pd romano e laziale non riesce ad esprimere una figura carismatica. Alla Regione Lazio prima ricorre a un esterno, il giornalista Marrazzo, poi, dopo la vicenda dei trans e le dimissioni, non sa fare di meglio che affidarsi alla leader radicale Bonino non riuscendo a trovare un candidato valido. A Roma, finita l’epoca Veltroni, rispolvera Rutelli, che i romani percepiscono come un ritorno al passato scegliendo, inaspettatamente, Alemanno. Si arriva alle elezioni comunali nella Capitale e l’unico candidato di peso, Zingaretti, è spinto ad accasarsi alla Regione. Alle primarie per il candidato sindaco, il vertice del partito impone il nome di Marino. Un volto parzialmente nuovo, un medico con la passione della politica che nelle intenzioni di chi lo ha proposto (primo fra tutti Bettini) potrebbe rappresentare il nuovo, un politico atipico (anche se aveva già partecipato alle primarie per la guida del partito) quasi una risposta alla ventata di antipolitica. Marino è il candidato, ma il Pd, inizialmente, stenta a metterlo in riga, e comunque per Marino non è facile muoversi tra correnti, alleati e rivalità. La sua forza sarebbe quella di avere un programma preciso e di rottura, di divenire tanto popolare tra i cittadini da poter scardinare le resistenze dei suoi stessi amici. Un po’ come ha saputo fare Renzi. Ma Marino è diverso, non ha lo stesso carisma. Cerca di cavalcare il sentimento di ostilità ai privilegi dei politici facendosi vedere in bicicletta. Proclama che trasformerà la città senza indicare però obiettivi precisi. Il primo braccio di ferro è con i vigili urbani, dura a lungo, la questione è la nomina dei responsabili, ma non ha l’aggressività del presidente del Consiglio, non cerca e dunque non ottiene il consenso dei romani che capiscono poco della bagarre. L’unica iniziativa che scatena reazioni è la parziale chiusura di via dei Fori Imperiali alle auto private. Ma non è l’avvio di una fase di pedonalizzazione o di un intervento radicale sul traffico cittadino. Quello diventa un intervento fine a se stesso. Intanto dopo il calo del 2013, determinato soltanto dal rincaro del prezzo dei carburanti e dalla crisi, il traffico in città riprende alla grande con il Comune assente, incapace di assumere qualsiasi iniziativa. Sosta selvaggia impazza, i pullman dei turisti entrano e sostano ovunque. Insomma peggio di prima. Per non parlare del decoro urbano e della lotta agli abusivi. Ci aveva provato Alemanno a scatenare i vigili urbani, per un po’ le cose sembravano cambiare, poi tutto è tornato come prima. Marino non fa diversamente. Qualche intervento e poi l’area del Colosseo resta un grande mercato, gli ambulanti si fanno anche più arroganti, davanti all’ennesimo proclama minacciano guerra e gli abusivi davanti a Castel Sant’Angelo reagiscono con violenza ai vigili. Tanto basterebbe in un Paese normale ad autorizzare l’uso della forza. Ma l’illegalità è palese e sfacciata, ed è presente nei punti chiave della città. Da piazza Navona, a fontana di Trevi e a piazza di Spagna.
Marino provi a percorrere il lungo corridoio che collega via Veneto a piazza di Spagna. Troverebbe di tutto, le scale mobili spesso guaste, poi venditori di patacche pronti a fuggire travolgendo qualche malcapitato alla vista di una divisa, per tornare impuniti qualche minuto dopo ad occupare le stesse posizioni. Poi ci sono gli zingari con i loro bambini, suonano e chiedono l’elemosina. In estate e in inverno piccoli innocenti sono costretti per ore a elemosinare. Ma nella maggioranza c’è chi si preoccupa delle carrozzelle e dei sofferenti cavalli che le trainano. I bambini sono meno importanti per i radical chic. A parte questo, un turista che arriva in piazza di Spagna si trova a dover respingere l’assalto di venditori di rose, di borse false, di lampadine laser, di girandole colorate, di schifosi pezzi di plastica che si spiaccicano a terra. Se poi il turista continua a passeggiare nel centro trova finti buddisti, finti centurioni. Anche in zone commerciali troveranno difficoltà a camminare su pur larghi marciapiedi per decine di bancarelle collocate davanti a negozi più o meno eleganti che pagano migliaia di euro al mese di affitti, mentre sulla strada va in onda quotidianamente il festival della doppia fila. Festival che si replica in quasi tutte le strade di Roma. Per non parlare della spazzatura e dell’Ama. Non è facile trovare una soluzione ai problemi della Capitale, ma almeno provare a risolvere qualche questione è indispensabile. Invece il cittadino assiste alla discussione accesa sul numero dei consiglieri di amministrazione dell’Ama, sul rimpasto della giunta, se il vice sindaco deve continuare ad essere di Sel o deve essere assegnato a un uomo del Pd. Ma di quale corrente? Poi c’è la questione degli assessori. Ma tutto questo interessa ai cittadini? Certamente a Marino non dà una mano il partito che l’ha voluto. Sarà un caso che intorno a Renzi si vedano poco esponenti della Capitale? Sarà un caso che anche a Roma Renzi non abbia chiesto un aiuto al sindaco e alla sua giunta? Se avesse fatto diversamente quel 43 per cento sarebbe stato un miraggio. Ma Marino può restare a guardare senza reagire a quella che potrebbe essere la sua disfatta? Il Pd non lo aiuterà, ma almeno per ora non può sfiduciarlo perché si andrebbe al voto e alla sconfitta quasi certa. Se Marino avrà la forza per rifiutare paralizzanti compromessi. creare una propria squadra potrà provare a dare un’impronta alla sua azione di governo. L’alternativa è una faticosa convivenza senza amore. Ma a farne le spese sarebbero i romani.