Da Forza Italia al Partito Democratico: Matteo Renzi potrebbe aver compiuto questo prodigio, rimuovendo la pregiudiziale comunista dalle coscienze degli elettori di centro-destra. È quanto sostiene l’Istituto Cattaneo in un’analisi dei risultati delle europee.
“La presenza di un nuovo leader del Pd, di estrazione politica e culturale non ascrivibile alla tradizione PCI_PDS_DS – scrive l’Istituto bolognese – potrebbe aver svincolato parte dell’elettorato forzista notoriamente ostile al «pericolo comunista» evocato periodicamente da Berlusconi nelle campagne elettorali dell’ultimo ventennio”.
I risultati si vedono nei numeri. In Italia i votanti calano, ma il Pd cresce sia percentualmente (+29% rispetto alle politiche, +40% rispetto alle europee del 2009) sia in valori assoluti (2 milioni e mezzo di voti in più rispetto a un anno fa) e diventa primo partito in tutte le regioni. Calano invece i principali rivali: le forze di centro-destra perdono complessivamente il 27% rispetto alle politiche e oltre la metà dei consensi sulle europee del 2009 (-54,5%), in valori assoluti sono oltre 2 milioni di voti sul 2013 e quasi 7 milioni rispetto al 2009; Grillo d’altra parte perde tre milioni di voti rispetto alle politiche e, più che al Pd, paga probabilmente pegno alla Lega Nord in ripresa nel Nord-Est e al raggruppamento Tsipras.
Il successo del Partito democratico, osserva ancora il Cattaneo, è trainato dall’effetto Renzi, ma anche dall’attesa di una coerenza politica con quanto annunciato dal Governo e dalla presenza di una nuova classe dirigente, giovane e dinamica, “che ha contenuto gli effetti della sfida avanzata dal Movimento 5 stelle, vero competitor in assenza dello storico avversario «Berlusconi»”.
Sul fronte dei partiti minori “l’effetto Salvini”, sembra avere bloccato, almeno temporaneamente, l’emorragia di consensi della Lega, soprattutto nel territorio di riferimento. Lo stesso vale per la sinistra più radicale che, grazie alle liste aggregate sotto la sigla Tsipras, ha riportato a casa un po’ di voti passati in area grillina alle ultime politiche. In Italia però gli elettori calano e scendono al 58,7% (-7,7% rispetto al 2009) e gli astenuti, secondo il Cattaneo, vanno ricercati soprattutto nel centro-destra, cioè in quell’“elettorato moderato che non è riuscito a trovare spazio in una competizione fortemente polarizzata tra il Pd di Renzi e il Movimento 5 stelle”. Negli altri grandi paesi europei invece si registra una piccola inversione di tendenza: in Francia gli elettori raggiungono il 43,5% (+2,9% rispetto al 2009); in Germania il 47,9% (+4,6%); nel Regno unito il 36% (+1,5%); in Spagna il 45% (1%). La ragione non è molto confortante: a fare da calamita verso le urne sarebbe infatti “la presenza e il successo di partiti euroscettici in grado di canalizzare la protesta”. Negli altri paesi le percentuali variano molto: si va dai picchi alti di Belgio, Lussemburgo e Malta, dove il voto è obbligatorio, a quelli bassi dell’Est Europa.
Il bilancio complessivo non è di grande affezione: “nonostante si sia votato per la prima volta, sebbene indirettamente, anche per il candidato alla presidenza della Commissione europea l’interesse degli elettori si è rivelato ancora una volta estremamente basso. Questo accade spesso nelle elezioni di «secondo ordine», dove la mobilitazione dei partiti è meno intensa e gli elettori più apatici restano a guardare”.