Condividi

Super-Pd alle europee: ora Renzi deve farsi valere a Bruxelles

ELEZIONI EUROPEE – Il Pd è il più forte partito nazionale all’interno del Pse, del quale fa finalmente parte a pieno titolo – Renzi questa posizione di forza potrà e dovrà farla pesare a vantaggio del suo governo, ma soprattutto del Paese – Alfano non ha la forza di lasciare il governo, ma la sua debolezza è un fattore che il Premier non dovrà sottovalutare.

Super-Pd alle europee: ora Renzi deve farsi valere a Bruxelles

I sondaggisti non l’avevano previsto, i dirigenti e i militanti del partito del Nazareno non avevano osato sperarlo, ma il Pd a trazione Matto Renzi ha stravinto nel turno di elezioni europee. Un risultato che peserà in Italia e soprattutto in Europa. In Italia perché il partito del centrosinistra, superando abbondantemente quota 40%, arriva quasi al doppiaggio del secondo partito, vale a dire il Movimento 5 Stelle, e supera di oltre 10 punti un’eventuale cartello di centro-destra, all’interno del quale spicca Forza Italia al di sotto del 17%. Il tutto senza aver sacrificato sull’altare del proprio successo l’aggregazione di sinistra più radicale (la lista Tsipras) che, sia pure a fatica, ha superato quota 4%.

Ma è soprattutto in Europa (e bene ha fatto Renzi a ricordare in tutta la campagna elettorale, più di altri, che in palio questa volta non c’era il suo governo, ma il futuro dell’Europa) che il Pd questa volta ha letteralmente “sfondato”. A fronte del tracollo id Hollande e dei socialisti in Francia, il Pd è oggi il più forte partito nazionale all’interno del partito socialista europeo, del quale fa finalmente parte a pieno titolo. Ed è grazie al risultato italiano, oltre che della netta avanzata della Spd di Martin Schulz in Germania, dove la Merkel tiene, ma perde consensi. 

Renzi questa posizione di forza potrà e dovrà ora farla pesare, a tutto vantaggio del suo governo, ma soprattutto del suo Paese. Il tutto, mentre anche i grandi Paesi europei sono sempre meno bipolari, e sempre più costretti da una diffusa frammentazione alla logica delle larghe (?) intese. Le quali poi si chiameranno anche larghe, ma sono tutt’altro che ampie. Basta pensare che un’eventuale intesa tra gollisti e socialisti in Francia, sulla base dei risultati di ieri, raggiungerebbe a stento il 35% dei voti, contro il 25% del Fronte nazionale. Senza contare il risultato del Regno unito, dove i populisti anti-Europa di Farage (primo partito) riducono in un colpo solo ai minimi storici conservatori e laburisti.

Naturalmente la domanda principale resta quella dell’impatto del voto di ieri sulla tenuta del governo. Perché è vero che Renzi e il Pd hanno stravinto, ma il quadro politico che li contorna è tutt’altro che di solida tenuta. Cominciamo dal Nuovo centrodestra di Alfano, che ha raggiunto a stento la quota salvezza del 4%, grazie soprattutto al voto del Mezzogiorno e della Sicilia, mentre è apparso debole nelle regioni del Nord. Alfano non ha quindi la forza di lasciare il governo, ma la sua debolezza è evidente e questo è un dato di fatto che Renzi farebbe bene a non sottovalutare.

Poi c’è Forza Italia, finora partner principale per il percorso riformatore, sempre più litigiosa e con un leader sempre più ammaccato per le note vicende non soltanto politiche. Berlusconi farà il possibile per restare agganciato al Pd nel percorso verso le riforme. Non può minacciare elezioni anticipate. Anzi, semmai, aspirerebbe a tornare in quella maggioranza dalla quale è uscito e che non è riuscito a far saltare. Ma questo non converrebbe certo al Pd.

Senza contare che per l’ex senatore ed ex cavaliere appare problematico farsi riconoscere come rifondatore e perno di una nuova alleanza di centrodestra. Dovrebbe fare i conti con la sua età (la stessa ipotesi di candidare la figlia in questo quadro appare più come un rattoppo che come una soluzione), con le aspirazioni di Alfano e dintorni, e persino con la Lega. Già, perché il Carroccio, a differenza di Forza Italia con Berlusconi, è riuscito a mettere ai margini Bossi e ha superato il 6%. Motivo per il quale non è detto sia pronto a riallearsi con una destra che continui a essere imperniata su Berlusconi.

Ultimo, ma non secondario interrogativo: come andrà a finire con l’Italicum e la riforma  del Senato? Certamente da ieri Renzi ha più benzina nel motore e le riforme dovrà farle davvero. Ma il quadro, soprattutto quello delle altre democrazie europee, è cambiato. In Francia, in Germania, e persino nel Regno unito la solida tradizione bipolarista vacilla e la frammentazione politica cresce. Insomma, accanto a quello della governabilità, si affaccia il problema della rappresentanza delle forze minori. Come dire che una buona riforma elettorale non necessariamente consente di conoscere la sera dei risultati chi sarà il presidente del Consiglio e la maggioranza di governo. E’ stato così anche nella Germania della cancelliera Merkel, che per tornare al governo con le larghe intese ha dovuto passare per un’estenuante trattativa con la Spd. E’ la politica, funziona così.

Commenta