Riporta Bloomberg che la settimana prossima, da Christie’s a New York, verrà con ogni probabilità battuto il record di tutti i tempi per un’asta d’arte contemporanea. Passeranno di mano Calder, Rothko, Warhol, Lucian Freud e Cornell per più di mezzo miliardo di dollari. I maestri dell’ultimo mezzo secolo stanno rapidamente diventando i Bitcoin dei nuovi grandi ricchi d’America, deposito di valore e mezzo di pagamento ad alta liquidità.
I venditori d’arte sono spesso gli eredi di imperi industriali, i compratori sono i gestori di hedge fund o di private equity della costa orientale. Gli altri nuovi grandi ricchi, quelli di Silicon Valley, stanno più defilati e preferiscono regalarsi giocattoli fantascientifici come imprese per l’estrazione di minerali dagli asteroidi o piattaforme oceaniche con l’ambizione di diventare repubbliche indipendenti a tassazione zero. I gestori alternativi, oltre a comprare quadri e sculture a titolo personale, comprano sempre più spesso, per i loro clienti, condomini urbani e casette suburbane. Qui il buon affare è doppio, perché da una parte c’è la rivalutazione dei prezzi (parliamo di America, naturalmente) e dall’altra c’è un elevato rendimento degli affitti, infinitamente più attraenti dei Treasuries e più invitanti dei corporate bond.
È affascinante considerare come è cambiato il mondo. La finanza sofisticata, quella che nel senso comune alla Occupy Wall Street viene vissuta come distruttiva e parassitaria, ha spettacolarmente abbandonato in pochi anni l’ingegnerizzazione di strumenti praticamente incomprensibili (il Cdo al quadrato, ricordate?), ad alto rischio e ad alta leva ed è passata all’acquisto per contanti del grado zero dell’investimento, il mattone dato in affitto. Affittacamere, o quasi. I mutui sono morti, le banche non li fanno più. I loro uffici legali sono impegnati in un enorme contenzioso con le procure di ogni ordine e grado per i mutui del decennio scorso. I loro direttori finanziari devono trovare le risorse per pagare le multe infinite e miliardarie per gli errori nella modulistica spensierata che permetteva anche a un nullatenente di comprarsi la casa a debito. Oggi le banche odiano l’immobiliare e il loro sogno, che presto si realizzerà, è di ritornare a fare prestiti alle imprese, come si faceva una volta. I mutui sono stati praticamente nazionalizzati e vengono erogati dalle agenzie federali, Fannie Mae e Freddie Mac, che ci guadagnano anche molti soldi.
I mutui sono però molto meno di un tempo ed è per questo che è tornato di moda andare in affitto. La finanza alternativa coglie questa opportunità e crea un’offerta, comprando in contanti case e casette e riempiendole subito con nuovi inquilini. Perfettamente amorale (non immorale) la finanza avvoltoio diventa finanza agnellino e assolve una funzione sociale perché è qui che oggi si fanno i dollari. Amorali (non immorali) anch’esse, le leggi di mercato rimangono però in vigore. Gli hedge fund compratori fanno salire il prezzo delle case e spiazzano la domanda tradizionale, quella di chi compra per abitare. Non parliamo dei ceti medio-bassi, attenzione, perché questi, non avendo più accesso ai mutui, non possono comunque comprare. Parliamo dei ceti medi nell’accezione europea (la middle class americana è la nostra classe operaia) che, a questi prezzi risaliti, non considerano più conveniente acquistare la casa. Il risultato è che l’immobiliare si è rimpicciolito strutturalmente. Da qui in avanti, inoltre, la risalita del prezzo delle case americane rallenterà.
Gli europei, quando pensano al real estate degli Stati Uniti, hanno in mente Midtown Manhattan, che però fa storia a sé e non è rappresentativa del trend nazionale. L’immobiliare dimezzato si mangia mezzo punto di crescita del Pil e un milione di posti di lavoro. È una spina nel fianco della Fed, che si trova a dovere tenere i tassi a breve a zero più a lungo del normalmente consentito e che è preoccupata dall’ipotesi di un aumento di quelli a lungo, decisivi nella determinazione dei tassi sui mutui. In un contesto di iniziale ripresa degli investimenti produttivi da parte delle imprese e di risveglio dei consumi, l’immobiliare a velocità ridotta modera la forza della riaccelerazione ciclica prevista per quest’anno. Per la borsa si tratta di una buona cosa perché produce quello scenario alla Goldilocks, né troppo caldo né troppo freddo, che permette ai tassi di rimanere eccezionalmente bassi e all’azionario di continuare a salire inerzialmente. Diceva John Templeton che non è mai saggio comprare quando il cielo è completamente sereno. Oggi i bond sono forti e stabili e Wall Street è sul massimo di tutti i tempi. La Grecia vende i suoi bond come il pane e l’Europa mediterranea manda segnali di ripresa che, nel caso spagnolo, non sono nemmeno troppo timidi.
Il cielo, tuttavia, non è completamente sereno. Il Giappone è un punto di domanda, la Cina è prossima a una riaccelerazione che non si preannuncia comunque esuberante, il Brasile è semistagnante e la Russia rischia la recessione. La ripresa europea, dal canto suo, ha due terzi di ciclico e solo un terzo di strutturale, in particolare per Italia e Francia. Queste aree di grigio, paradossalmente, vengono lette oggi in positivo perché confermano lo scenario alla Goldilocks che tanto piace ai mercati. Se tutto, ma proprio tutto, andasse per il meglio, le banche centrali non avrebbero più alibi e sarebbero costrette ad alzare i tassi, rovinando la festa ai bond e, almeno per un periodo, anche all’azionario. La festa dunque è in pieno corso e non vediamo grandi controindicazioni al godersela restando investiti.
Stare bene in una festa non significa però necessariamente mettersi a bere o iniziare a parlare a voce troppo alta. L’avidità, soprattutto quando molti asset sono sui massimi storici, non è mai buona consigliera. L’SP 500 a 1900 (ormai siamo molto vicini) merita qualche alleggerimento tattico e un ritorno almeno temporaneo alla neutralità, soprattutto in considerazione di quello che sta avvenendo sul fronte orientale nella marca di confine ucraina. I conflitti finiscono quando c’è un vincitore o quando le due parti non ne possono più di combattersi. In Ucraina siamo però nella fase iniziale, quella in cui provocare l’avversario è stuzzicante ed eccitante. Il governo di Kiev è popolato da radicali e da vittime del precedente governo prorusso. Qualcuno di loro è stato in galera e coltiva propositi di vendetta. Putin, dal lato opposto, è al massimo della popolarità in patria e non può ritirarsi dalla mischia. Obama, dal canto suo, non può permettersi di apparire debole in un anno elettorale in cui il Senato è a rischio per i democratici. Il terzo accordo internazionale sull’Ucraina sta fallendo anch’esso e le posizioni sul campo si stanno irrigidendo. Tutto l’assetto geopolitico globale è entrato in una fase fluida in cui la Russia si riavvicina alla Cina mentre l’Europa rischia di pagare qualche prezzo non completamente trascurabile. La Bce sta preparandosi ad attutire l’eventuale colpo, ma non può impedirlo del tutto. Buona festa, quindi, ma rimanendo sobri e non allontanandosi troppo dal televisore e dai notiziari.
Ecco il sito Il Rosso e il Nero