Prende il via oggi il collocamento in Borsa di Anima Holding, la prima matricola del 2014 sul mercato principale. La società ha iniziato il roadshow a Milano per presentare le caratteristiche del gruppo e dell’offerta che terminerà il 10 aprile 2014. La forchetta di prezzo varia tra i 3,5 euro e i 4,5 euro con una valorizzazione minima non vincolante tra 1,049 miliardi e 1,349.
Sul mercato finiranno tra i 577 milioni e 853 milioni di euro (quest’ultimo il collocamento massimo inclusa la greenshoe). Il 10% sarà offerto al retail, il resto agli istituzionali. Due gli elementi caratterizzanti: la decisione di collocare una quota elevata del capitale, il 55% (63,25% in caso di esercizio integrale della greenshoe), e la volontà di presentarsi con una governance che metta in risalto la natura “indipendente” del gruppo con 5 amministratori indipendenti su nove.
Il management punta a un modello di public company con gli azionisti di maggioranza che diventeranno di minoranza. Il collocamento infatti non passa attraverso un aumento di capitale ma tramite la vendita da parte degli attuali soci. A passare la mano sono il fondo di private equity Clessidra e le banche Mps e Bpm. Nel dettaglio, le 164.892.260 azioni sono messe in vendita da Mps, Bpm, Lauro42 (società controllata da Clessidra Sgr per conto del fondo Clessidra Capital Partners II) e Prima Holding (partecipata da Lauro 42, Bmps e alcuni manager del gruppo Anima).
Mps e Bpm resteranno azionisti dopo la quotazione di Anima Holding, rispettivamente con quote di partecipazione pari a 9,90% e 14,72%, mentre Lauro 42 dopo avrà una partecipazione pari all’8%. Sono previste delle clausole di lock up: per la società 6 mesi dal primo giorno di negoziazione, per Lauro 42 6 mesi, per Mps e Bpm 12 mesi, per il management 36 mesi. La parziale ma sostanziosa exit degli attuali soci ha acceso i riflettori sui progetti del gruppo che torna sui listini dopo circa 5 anni dal delisting del 2009. Da un lato, l’uscita dall’investimento si tratta di una strada naturale per un private equity come Clessidra e di un percorso comprensibile per due banche che stanno attraversando un periodo di riorganizzazione e ristrutturazione del business e del capitale. Dall’altro, il mercato guarda ai piani del gruppo in termini di capacità di crescita in un momento dove il risparmio gestito è stato premiato dalle performance di Borsa.
Da quando Anima ha i listini nel 2009 i volumi sono cresciuti dai 35 miliardi di masse gestite del 2011 ai 48,6 attuali, i ricavi sono saliti a 220 milioni da 146 e l’utile prima delle tasse a 165 milioni da 17. In questi anni è stata portata avanti un’intensa fase di aggregazioni e fusioni. Anima è infatti diventata polo aggregante di diverse realtà del risparmio gestito: Bipiemme Gestioni, Etruria Fund, Mps Asset management Sgr, Antonveneta Abn Amro, Clessidra Alternative (queste ultime tre confluite in Prima Sgr), passando poi per la fusione di Aperta Sgr. E oggi Anima è il primo player indipendente per masse gestite dietro gli asset manager dei gruppi bancari e assicurativi Generali, Intesa e Unicredit con un modello che fa leva su tre partnership di lungo termine (oltre 15 anni) con le banche italiane di riferimento (Mps, Bpm e Creval) che complessivamente totalizzano 8 milioni di clienti e accordi di distribuzione con altre 130 realtà. Ora si guarda alla crescita organica con l’idea di sviluppare altre partnership strategiche di lungo periodo come alla stregua di quelle esistenti con mps, Bpm e Creval. Ma il management non esclude di proseguire nel ruolo aggregante svolto in passato.
“Prevediamo di continuare a crescere – ha detto l’Ad Marco Carreri durante la presentazione dell’offerta pubblica di vendita – Il nostro piano è fortemente orientato alla crescita organica Quanto all’M&A, abbiamo un Dna di aggregatore, siamo interessati a valutare opportunità di crescita” con acquisizioni. In particolare, il gruppo guarda a società che presentino un modello di business simile e che permettano di allargare il network distributivo. In altre parole, la prede ideali sono le fabbriche prodotto delle banche che non sono riuscite a crescere abbastanza per conquistare la massa critica necessaria per il business del risparmio gestito.