Nelle ultime settimane, il Servizio Export del quotidiano FIRSTonline sta dedicando ampio spazio ai Paesi emergenti. Le tematiche su cui ci stiamo soffermando sono essenzialmente due: anzitutto, i recenti sviluppi economici delle suddette economie e, secondariamente, le ripercussioni di tali performance sull’export e sugli investimenti italiani. Partendo dal presupposto che è impensabile l’idea di tracciare un unico quadro valido per tutte le economie emergenti, abbiamo pubblicato e continueremo a pubblicare delle “schede Paese” inerenti l’economia in oggetto. Nelle scorse settimane abbiamo parlato di Messico, Turchia, Argentina e Indonesia; quest’oggi, invece, parliamo di Russia. Di recente, il Servizio Export ha dedicato diverse pagine alla Federazione: si è parlato delle previsioni di crescita per il 2014 secondo Intesa SanPaolo, dei recenti sviluppi dell’Unione Doganale Euroasiatica (e delle ripercussione che tale accordo avrà sull’export nostrano) e, indirettamente, abbiamo parlato di Russia riferendoci agli aiuti promessi dal governo di Mosca alla Repubblica Ucraina. Nel presente articolo ripercorriamo quelle che sono le conclusioni delle precedenti pubblicazioni focalizzandoci soprattutto sulle opportunità di export e investimenti in Russia e sulla situazione del Paese in termini di rischio (commerciale, politico, etc.).
Nell’anno appena trascorso, la situazione politica russa è rimasta stabile e ancorata alla leadership del Presidente Putin. Quest’ultimo, da una parte, pare non essere minimamente turbato o scalfito dalle manifestazioni di protesta rivoltegli da più fronti su vari ambiti (ultimo arrivato il dissenso di buona parte della comunità internazionale per l’approvazione delle leggi omofobe) ma, dall’altra, continua a pianificare accordi di Realpolitk per assicurare alla Russia più alleati possibili. Ed ecco, a quest’ultimo proposito, che Putin si prodiga per dare vita all’Unione Doganale Eurasiatica insieme al Kazakistan e alla Bielorussia, assicurare un fondo di aiuti sovrani da 15miliardi di dollari all’Ucraina (spingendola, di fatto, ad abbandonare gli Accordi con l’Unione europea), dare dimostrazione della grandezza e delle risorse del Paese mettendo in atto i Giochi Olimpici più costosi della storia (si stima che le Olimpiadi svolte a Sochi siano costate circa $50 miliardi) e, notizia delle ultime ore, ospitare a Mosca il generale egiziano Abdel Fattah al Sisi per discutere di cooperazione militare.
Se, dunque, il panorama politico è in crescita lo stesso si potrebbe dire anche di quello economico, ma solo con cautela e le dovute premesse. L’anno appena trascorso ha rappresentato una fase di transizione per la Federazione Russa da un 2012 economicamente a rilento a un più stabile 2014. Nel corso dei mesi precedenti il gennaio 2014, gli investimenti sono calati dell’1,1%, la produzione industriale è entrata in una fase recessiva, si sono persi oltre 3 punti sul tasso tendenziale di crescita del PIL, il tasso tendenziale di inflazione (6,5%) è stato maggiore di quello prefissato dalla Banca centrale (6%) e la valuta nazionale, il rublo, è stata deprezzata del 10,5% rispetto al 2012 (dati: Servizio Studi e Ricerche Intesa SanPaolo). Nonostante, però, gli ostacoli appena citati, la performance economica della Russia è stata promossa dalle principali Agenzie di rating e dalla Banca Mondiale (istituzione non tradizionalmente magnanime quando si tratta di valutare l’andamento economico di un Paese). Standard &Poor’s, per esempio, dopo aver definito come “altamente speculativo” (speculative grade) il debito sovrano della Federazione all’alba del suo default nel 1999 e fino al 2006, è tornata a dare fiducia al Paese promuovendo il suo debito come “non speculativo” (investment grade): da BB-/Stable (14.10.2006) a BBB+ (13.12.2013). Allo stesso modo l’OCSE ha promosso a 3 (più prossimo allo 0 – rischio inesistente – che al 7 – rischio certo) il tetto massimo di valutazione attribuibile alle emissioni del Paese quando, fino all’ottobre del 2006, lo stesso aveva una valutazione pari a 4. Miglioramenti si sono avuti anche sul fronte della Banca Mondiale, che si occupa del “Doing Business Ranking”, dove la Russia ha migliorato la propria posizione tra i Paesi dove sia più semplice condurre affari passando dal 120° posto nel 2012 al 92° nel giugno del 2013. La Banca Mondiale, in questo modo, ha riconosciuto una serie di miglioramenti avvenuti nel Paese circa alcuni indicatori usati per stilare la classifica, quali: l’avviamento di un’attività, l’ottenimento di permessi di costruzione e di energia elettrica, la registrazione della proprietà e il commercio transnazionale.
I risultati raggiunti dalla Federazione sono dovuti a una serie di traguardi positivi che si sono avuti nell’ultimo periodo, seppur in concomitanza con riscontri negativi di cui abbiamo parlato prima, ma non sono tutti imputabili a un contenuto debito estero. Anzitutto, la Russia è riuscita a far crescere il proprio Prodotto Interno Lordo (PIL) dell’1,3% ed è stato grazie all’aumento delle esportazioni che quello 0,3% si è sommato al PIL ultimo del Paese. La bilancia commerciale è poi sostenuta dall’ammontare delle riserve valutarie e dalla disponibilità dei Fondi Sovrani che a dicembre scorso sarebbero state, rispettivamente, di 462 e 170 miliardi di dollari (dati: Servizio Studi e Ricerche Intesa SanPaolo). Sono, dunque, positive le prospettive di crescita della Russia per il 2014 e questo anche alla luce degli accordi a cui si è fatto riferimento prima. In particolare, l’Unione Doganale Eurasiatica insieme al Kazakistan e alla Bielorussia è diventata Spazio Economico Comune e l’interscambio nella zona è stato, nel 2012, di oltre $1.000 miliardi. I tre Paesi hanno, inoltre, deciso di armonizzare le rispettive certificazioni alle importazioni e a partire dal 2020 conformeranno anche le leggi nazionali in ambito bancario, assicurativo e societario. In base agli accordi con il governo di Kiev, la Federazione dovrebbe poi riuscire a includere nell’Unione Doganale anche l’Ucraina assicurandosi così, oltre che un consumatore delle proprie forniture energetiche, anche un importante alleato strategico.
Se dunque questa è la situazione politico-economica della Russia, cosa devono aspettarsi gli imprenditori italiani a proposito delle loro esportazioni e degli investimenti?
Da un punto di vista di “sistema-Italia”, i nostri imprenditori hanno dalla loro parte un vantaggio competitivo che va oltre i “meri” rapporti commerciali. Infatti, è l’apprezzamento per i prodotti Made in Italy, necessariamente abbinato ai rapporti sviluppatisi tra l’Italia e la Russia negli ultimi anni, che rappresenta un punto a favore del manager italiano. Basti pensare all’alto valore simbolico dato dalla presenza del – ancora per poco – premier Letta all’inaugurazione delle Olimpiadi di Sochi, laddove altri Presidenti hanno preferito non prendere parte all’inizio dei giochi invernali (si vedano, per esempio, Obama, Camerun, Hollande e Merkel) in segno di disapprovazione per le leggi omofobe da poco emanate. Il mercato italiano e il mercato russo sono poi definibili come “complementari” «in quanto l’Italia importa prevalentemente materie prime mentre esporta prodotti manufatti che la Russia acquisisce per la maggior parte dall’estero» (fonte: ICE). Se ci dovessimo però basare sulle considerazioni appena fatte, forniremmo una visione distorta di quello che è realmente il mercato russo. Chi ha già commerciato con la Russia (o ci ha provato) sa che la Federazione presenta tutta una serie di difficoltà, quali: un sistema-paese articolato, un sistema distributivo complesso, le barriere e i costi doganali, i costi agli Investimenti Diretti Esteri (IDE) e un mercato molto competitivo (fonte: Finest). Dunque, dal punto di vista del singolo imprenditore, la questione dell’esportare e/o investire in Russia va, comunque, ponderata e preparata strategicamente. L’Italia dal 2003 a oggi ha continuato a mantenere una percentuale molto bassa sulle importazioni russe (solo il 4,2%), laddove la Germania, anche se in diminuzione, ne detiene il 12,1% delle quote. Le opportunità di investimento e di profitto sul mercato russo non mancato e le quattro “A” del Made in Italy fanno tradizionalmente da traino, tuttavia, occorre saper cogliere anche le novità più recenti. Prima fra tutte, secondo quanto riportato da SACE, la possibilità per gli imprenditori di poter investire i propri capitali esteri anche nel settore energetico. Una proposta appoggiata anche dall’Ad di Eni, Paolo Scaroni, che nei giorni scorsi, parlando di quanto l’Italia sia poco competitiva nell’attrarre a sua volta capitali stranieri a causa degli alti costi dell’energia, ha proposto di rafforzare gli accordi con Mosca. Dunque, per l’imprenditore italiano, si suggeriscono come opportunità i settori tradizionali del Made in Italy per quanto riguarda l’export e il settore energetico per gli investimenti. Ma parliamo di rischi. Secondo SACE, il rischio di mancato pagamento è più alto quando la controparte è costituita da una PMI (58/100) o da una banca (72/100); più rassicuranti sono invece quelle situazioni in cui a erogare il pagamento sia un’istituzione pubblica (36/100) o una grande impresa (47/100). I rischi riguardanti l’esproprio e le violazioni contrattuali rimangono collocati in una fascia medio-alta, rispettivamente 68/100 e 75/100 e nella stessa fascia si colloca anche il rischio di violenza politica (67/100). Un modo per raggirare molti degli ostacoli che si possono presentare sul mercato russo prevede la destinazione degli investimenti o della produzione nelle cosiddette “Zone Economiche Speciali” (ZES). Un imprenditore italiano che indirizzi il proprio business in una delle 28 ZES disponibili sul territorio russo troverà, infatti, una legislazione differente da quella in atto sul resto del Paese e potrà, quindi, usufruire non solo di sgravi fiscali e di assistenza burocratica ma, soprattutto, tutelare il proprio diritto di proprietà. Sicuramente, però, quella di rintanare gli investimenti e le produzioni esclusivamente nelle ZES non rappresenta una decisione ottimale per tutti gli imprenditori ed è per questo che le varie istituzioni cercano di tenersi “al passo” installando filiali direttamente sul territorio di interesse. Esempi di istituzioni italiane presenti a Mosca sono la SACE, la Finest e l’ICE. La prima, oltre a offrire tutta una serie di garanzie e assicurazioni, ha anche di recente stipulato un accordo con la Banca di sviluppo russa Vnesheconombank (VEB) per facilitare i rapporti economici tra l’Italia e la Federazione Russa. Finest ha attivato il progetto “Bridge to Russia” per offrire alle imprese italiane del Nordest che vogliono provare a inserirsi nel mercato russo la collaborazione di istituzioni nazionali presenti sia in Italia sia in Russia. Infine, l’ICE offre vari servizi di assistenza che vanno dalla raccolta di informazioni alla realizzazione di fiere e missioni di sistema.
In definitiva, occorre che rendersi il più competitivo possibile sia il primo obiettivo dell’imprenditore italiano che decide di puntare alla Russia. Il secondo deve essere quello di impegnarsi al fine di monitorare costantemente l’andamento del mercato e le opportunità che questo offre. E il terzo, infine, deve riguardare l’avviamento di collaborazioni con le istituzioni competenti, cercando di pianificare e non correre inutili rischi di cui, in un mercato così ampio, complesso e in continua evoluzione come quello russo, non ce n’è davvero bisogno.