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CIRCOLO REF RICERCHE – Come saranno le banche del futuro secondo le regole della Commissione Europea

CIRCOLO REF RICERCHE -. Le grandi crisi, come i terremoti, hanno termine con la ricostruzione – A che punto siamo con la crisi finanziaria iniziata nel mondo anglosassone il 9 agosto 2007 e diventata europea tre anni dopo? E che cosa succederà con le nuove regole per il sistema bancario proposte dalla Commissione Europea?

CIRCOLO REF RICERCHE – Come saranno le banche del futuro secondo le regole della Commissione Europea

Le grandi crisi – come i terremoti – hanno termine con la ricostruzione. A che punto siamo con la crisi finanziaria iniziata nel mondo anglosassone il 9 agosto 2007, e diventata europea tre anni dopo? Al di là delle polemiche sulle politiche macroeconomiche (il tapering monetario Usa e l’austerità fiscale dell’Eurozona) ciò che più conta sono le nuove regole: Dodd-Frank e Volcker rule negli Usa; Unione bancaria e nuove regole sull’attività delle banche in Europa. Qui abbiamo novità significative, perché dopo un anno di letargo (il Rapporto Liikanen risale all’ottobre del 2012), la Commissione Europea ha pubblicato il 29 gennaio scorso la Proposta di un Regolamento sulle “misure strutturali che migliorino la resilience delle istituzioni di credito europee”. In altre parole, si è stabilito che la vigilanza bancaria passa alla Bce: adesso dovremmo anche decidere quali saranno le attività che le banche possono svolgere. Meglio tardi che mai.

Le nuove norme rappresentano una via di mezzo tra le regole internazionali (la Volcker rule separa attività di investimento, private equity e trading proprietario dall’attività di prestito) e il Rapporto Liikanen (che, diversamente da quest’ultimo regolamento europeo, si doveva applicare a tutte le banche a prescindere dal modello di business, comprese quindi le Bcc e le cooperative). Il regolamento, cui si aggiungono ulteriori norme per garantire una maggiore trasparenza anche nello shadow banking, coinvolge le banche più grandi (il commissario al mercato unico Michel Barnier ha dichiarato che “Il nostro obiettivo è di evitare la presenza di banche che siano troppo grandi per fallire, troppo costose da salvare e troppo complesse per essere ristrutturate”) ed è finalizzato a ridurre i rischi legati ad attività di negoziazione per conto proprio che potrebbero compromettere la stabilità finanziaria. In particolare, le nuove norme riguardano l’attività di proprietary trading, cioè investimenti solo a beneficio proprio, senza ricadute sulla clientela o sull’economia in generale. L’unica eccezione è rappresentata dal trading di debito sovrano, che è sempre ammesso.

Contenuti del regolamento

  • Obiettivi, oggetto e scopo della separazione strutturale (capitolo I): il fine è di migliorare la stabilità finanziaria nell’Unione mediante una riforma strutturale delle grandi banche (too-big-too-fail, troppo grandi per fallire) imponendo il divieto di proprietary trading e la potenziale separazione di alcune attività commerciali. Sono coinvolte le banche europee riconosciute di rilevanza sistemica a livello mondiale che hanno un attivo di bilancio superiore a 30 miliardi di euro e attività di negoziazione e passività pari a oltre 70 miliardi di euro o ad almeno il 10% del totale degli attivi. Si chiarisce inoltre come calcolare le “attività di negoziazione” e si stabiliscono ampi criteri territoriali (il regolamento si applica agli enti creditizi dell’Unione e ai loro genitori Ue, alle loro controllate, succursali e filiali, anche se stabilite in paesi terzi) per assicurare condizioni di parità ed evitare il trasferimento delle attività al di fuori dell’Unione per aggirare i requisiti. 
  • Divieto di proprietary trading (capitolo II) – molto diffuso prima della crisi (rappresentava, all’epoca, il 15% dell’attività di una banca, scesa oggi al 5%) – per un istituto di credito e le imprese dello stesso gruppo. Si definisce inoltre il proprietary trading in senso stretto (attività di uffici, unità, divisioni o singoli traders specificamente dedicate a prendere posizioni per fare un profitto per conto proprio, senza alcun collegamento con l’attività del cliente o di copertura del rischio dell’ente), e quali attività e soggetti sono esclusi. 
  • Potenziale separazione di alcune attività commerciali (capitolo III): le autorità competenti devono controllare le attività commerciali dei gruppi bancari e potranno (ma in alcuni casi ne avranno l’obbligo) costringere le banche a cedere un sottoinsieme di attività (market making, cartolarizzazioni rischiose, derivati complessi) a entità giuridiche di negoziazione distinte all’interno del gruppo, se vengono superati determinati parametri. Il principio fondamentale del regolamento è che gli enti che raccolgono depositi all’interno dei gruppi bancari possono impegnarsi solo in queste attività finché l’autorità competente non decida che essi devono svolgere la loro attività quale entità commerciale distinta. 
  • Entità soggette ai criteri definiti nei capitolo II e III (capitolo IV), dove si chiariscono le regole per il calcolo delle soglie, le attività commerciali e le attività delle autorità competenti. 
  • Compliance: enti e autorità competenti (capitolo V): poiché la maggior parte delle banche coinvolte opera in paesi diversi ed è quindi seguita da autorità differenti, per assicurare che le riforme siano applicate in modo effettivo ed efficiente, la scelta finale sulle decisioni di separazione strutturale spetta al lead supervisor con responsabilità sul gruppo consolidato. Il lead supervisor deve, prima di prendere qualsiasi scelta, consultare l’autorità del paese delle più importanti società controllate del gruppo.
  •  I rapporti con i paesi terzi (capitolo VI): si prevede l’adozione di atti delegati per riconoscere come equivalenti le riforme strutturali – che rispettano certe condizioni – dei paesi terzi. Sanzioni e misure amministrative (capitolo VII): in caso di violazione del regolamento. 
  • Relazione e recensione (capitolo VIII) per valutare se le norme di cui sopra hanno raggiunto lo scopo e gli obiettivi della riforma strutturale in modo efficace ed efficiente. 
  • Timeline (entrata in vigore del divieto del proprietary trading nel 2017 e delle norme sulla separazione delle attività nel 2018) per adottare e attuare le diverse disposizioni. 
  • Infine segue un prospetto che valuta l’impatto finanziario e di bilancio del regolamento. 

Cosa ne risulta per le nostre banche.

Un anno fa, nel nostro “Il futuro delle banche”, ci chiedevamo se e quando sarebbe arrivato un regolamento di coordinamento tra le diverse normative europee. I nostri principali problemi essendo: una parte della nostra attività bancaria migra a Londra, perché là sarà meglio regolata? E questo regolamento Ue ci impone qualcosa di nuovo? Di fatto, il regolamento Barnier in Italia – dove coinvolgerà certamente Unicredit e Intesa San Paolo – non comporterà grandi cambiamenti: le nuove regole sulla vigilanza ripropongono lo stesso modello già proprio della Banca d’Italia, e le nostre banche non hanno mai avuto gli eccessi della finanziarizzazione tipici delle banche anglosassoni. I nostri problemi sono legati alle sofferenze (quelle lorde, a novembre hanno raggiunto i 149,6 miliardi, con un incremento annuo di quasi il 22,8%) e al deleveraging da completare: le nuove norme bancarie non avranno dunque grande impatto su questi problemi.
Rispetto agli altri Paesi europei, che già hanno intrapreso una serie di riforme del sistema bancario, le nuove norme sono meno rigorose di quelle inglesi (dove si prevede la separazione tra l’attività bancaria di deposito e prestito e l’attività di investimento), ma più stringenti di quelle adottate da Germania e Francia, dove la normativa è più simile alla riforma Volcker.

Quest’ultima proposta (ma dovremo conoscere la versione poi approvata) non aggiunge quindi nulla ai sistemi come quelli italiano e inglese, e implica una revisione di quelli tedesco e francese: restiamo in ogni caso lontani dall’uniformità e dal coordinamento delle regole a livello europeo.

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