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Palazzo Borromeo: concluso il restauro, gli arazzi tornano in mostra da aprile

I sette arazzi trattano il tema del Peccato e quello della Redenzione e furono tessuti intorno al 1565 a Bruxelles: prima di giungere in mano ai principi Borromeo, fecero parte della collezione del cardinale Mazzarino – Dopo un lungo lavoro di restauro, gli arazzi torneranno in mostra da aprile al Palazzo Borromeo, sull’Isola Bella.

Palazzo Borromeo: concluso il restauro, gli arazzi tornano in mostra da aprile

Dopo due anni di intervento, affidato ai tecnici della Royal Manufacturers De Wit di Mechelen in Belgio, i sette grandi arazzi, tesoro di Palazzo Borromeo sull’Isola Bella, potranno nuovamente essere ammirati dal pubblico a partire dal prossimo aprile.

L’intervento di restauro dei delicatissimi tessuti rinascimentali è stato voluto e finanziato dai Principi Borromeo per salvaguardare i sette capolavori (si tratta di arazzi tra i più belli di quest’epoca in Europa), intaccati dal tempo, dalle polveri e dall’umidità, oltre che dai parassiti. Principi Borromeo ricevettero queste opere nel 1787, anno in cui gli arazzi giunsero alla famiglia quale dono del cardinale Vitaliano VII Borromeo al nipote Gilberto V. Prima conservati nel Palazzo di Milano vennero in seguito trasferito all’Isola Bella dove per ospitarli in modo consono è stata approntata la “Galleria degli Arazzi”.

La provenienza anteriore non è certa ma secondo un’ipotesi molto verosimile gli arazzi possono aver fatto parte della collezione del cardinale Mazzarino, nel cui inventario (1661) compare una serie di “panni” che corrisponde a questa per formato, soggetti e temi delle bordure. Il potente ministro di Luigi XIII aveva acquistato questi arazzi nel 1654 dalla famiglia di Guise ed è probabile che sia stato il cardinale di Lorena Charles de Guise (1525-1574) ad ordinarne l’esecuzione. Un personaggio di spicco quale fu il prelato francese, con un ruolo eminente tanto sul piano politico quanto su quello religioso (fu protagonista della lotta contro i protestanti francesi e della fase finale del Concilio Trento, 1562-1563), può spiegare in parte non solo l’eccezionale qualità artistica della serie ma anche la scelta dei soggetti che sotto il velo dell’allegoria illustrano il tema del “Peccato” e quello della “Redenzione” resa possibile dalla Grazia e dalla Provvidenza divina. L’uomo e la sua opera sono assenti dalle immagini, ma i titoli rimandano continuamente alla morale cristiana e al tema del peccato e a quello del riscatto. Il Male assume in questa serie l’aspetto di animali selvaggi o mitici come il liocorno, secondo una chiave di interpretazione simbolica suggerita da fonti antiche e cristiane.

I panni hanno altezze simili (412 cm) ma larghezze diverse (da 502 a 650 cm) e appartengono tutti al medesimo insieme come dimostrano, oltre ai dati dello stile, il disegno delle bordure identico in ognuno dei pezzi (ad eccezione dei cartigli con i testi e dei medaglioni che variano in ogni esemplare) e la coerenza della tecnica di esecuzione: una trama di lana e seta con fili d’oro e d’argento con una densità dell’ordito di 9 fili per cm, e una gamma cromatica di grande varietà, con toni sfumati ed effetti pittorici di grande raffinatezza 

Tutti gli elementi della serie hanno bordure identiche: esse includono, tra il fogliame e la vegetazione, dieci gruppi di figure rivolte verso il centro, che rappresentano personaggi mitologici contraddistinti da un rapporto significativo con un animale il cui nome evoca quello di una costellazione; a sinistra Ercole uccide il Leone (in alto) e Diana cacciatrice con il Cane (in basso); in basso Prometeo con l’Aquila e Europa e il Toro (a sinistra), Phryxus e l’Ariete, Leda e il Cigno (a destra); a destra Igea incoronata con il Serpente (in alto) e Orfeo con la lira e una Genetta; in alto Annuite con il Delfino (a sinistra) e Romolo e Remo con la Lupa (a destra). All’interno di questo sistema decorativo comune che costituisce una sorta di cosmografia illustrata, ogni panno include tre medaglioni circolati e un grande cartiglio con testi e soggetti in rapporto alla figurazione principale.
Non c’è animale, vegetale o motto che non risponda a precisi dettami e significati religiosi. Le opere rappresentano infatti delle scene che hanno un aspetto “apparente” cui sottende però una lettura “per codici” e conoscenze, lettura finalizzata a trasmette precisi messaggi che potremmo definire come “catechistici”, nel senso che si rifanno a precisi insegnamenti biblici. 
Può fornire un esempio la “lettura” di uno degli arazzi Borromeo. Quello in cui la raffigurazione centrale è riservata ad una leonessa che attraversa un corso d’acqua mentre una pantera si aggira nella foresta. Gli altri animali presenti in questa scena si muovono e vivono in perfetto accordo tra di loro: un airone e un’anitra si librano in volo, un serpente si libera del proprio veleno per non avvelenare, bevendo, le acque del fiume, il paesaggio è vario e ricco di piante con proprietà medicinali come l’iris e la palma da datteri. La Natura è in origine buona e detta agli animali il proprio codice di comportamento; il valore edificante del suo esempio è sottolineato dai testi riprodotti nel cartiglio centrale che afferma : « Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe » (Matteo, 10, 16); « Osserva la formica, pigro, prendi esempio dal suo comportamento » (Proverbi, 6, 6). Nel medaglione sinistro compaiono due colombe che si beccano, a simboleggiare la Castità e la Fedeltà. Nel medaglione centrale, un serpente si chiude l’orecchio con la coda: i serpenti sono sensibili al canto e sono spesso catturati con questo mezzo. La loro prudenza ed il loro istinto li portano dunque a chiudersi l’orecchio per non ascoltare. Così l’uomo che non deve ascoltare voci ingannevoli che lo portino alla perdizione. Nel medaglione opposto sono raffigurati due serpenti, di cui uno arrotolato attorno ad un albero: dai serpenti si estraggono antidoti potenti, il serpente ha dunque il potere di guarire, inoltre prefigura il Cristo, che ha guarito l’uomo e gli ha dato la salvezza. 
Come si vede, una lettura affascinante rappresentata per immagini da un grande artista e tradotta in seta, oro e argento da un laboratorio tra i migliori del Continente, a esplicitare i dettami di un Concilio, quello di Trento chiuso nel 1563, che diede all’arte la funzione di trasmettere i dettami di una religione che impregnava la società. E fu proprio un Cardinale di famiglia, Carlo Borromeo, Arcivescovo di Milano, la figura chiave nell’attuazione dei principi della Controriforma di origine tridentina.

I contenuti iconografici degli Arazzi Borromeo sull’Isola Bella

L’uomo e la sua opera sono assenti dalle immagini ma i titoli rimandano continuamente alla morale cristiana e al tema del peccato e a quello del riscatto. Il Male assume in questa serie l’aspetto di animali selvaggi o mitici come il liocorno, secondo una chiave di interpretazione simbolica suggerita da fonti antiche e cristiane.

Tutti gli elementi della serie hanno bordure identiche: esse includono, tra il fogliame e la vegetazione, dieci gruppi di figure rivolte verso il centro che rappresentano personaggi mitologici contraddistinti da un rapporto significativo con un animale il cui nome evoca quello di una costellazione; a sinistra Ercole uccide il Leone (in alto) e Diana cacciatrice con il Cane (in basso);  in basso Prometeo con l’Aquila e Europa e il Toro (a sinistra), Phryxus e l’Ariete, Leda e il Cigno (a destra); a destra Igea incoronata con il Serpente (in alto) e Orfeo con la lira e una Genetta; in alto Amfitrite con il Delfino (a sinistra) e Romolo e Remo con la Lupa (a destra). All’interno di questo sistema decorativo comune che costituisce una sorta di cosmografia illustrata ogni panno include tre medaglioni circolari e un grande cartiglio con testi e soggetti in rapporto alla figurazione principale. L’osservazione comincia lungo la parete di destra, da sinistra a destra.

Primo arazzo

Una leonessa attraversa un corso d’acqua, una pantera si aggira nella foresta. Gli altri animali presenti in questa scena si muovono e vivono in perfetto accordo tra di loro: un airone e un’anitra si librano in volo, un serpente si libera del proprio veleno per non avvelenare bevendo le acque del fiume, il paesaggio è vario e ricco di piante con proprietà medicinali come l’iris e la palma da datteri. La Natura è in origine buona e detta agli animali il proprio codice di comportamento; il valore edificante del suo esempio è sottolineato dai testi riprodotti nel cartiglio centrale

Cartiglio centrale: « Siate prudenti come i serpenti  e semplici come le colombre » (Matteo, 10, 16); « Osserva la formica, pigro, prendi esempio dal suo comportamento » (Proverbi, 6, 6)

Medaglione sinistro: due colombe si beccano; simboleggiano la Castità e la Fedeltà

Medaglione centrale: un serpente che si chiude l’orecchio con la coda: i serpenti sono sensibili al canto e sono spesso catturati con questo mezzo. La loro prudenza ed il loro istinto li portano dunque a chiudersi l’orecchio per non ascoltare. Così l’uomo che non deve ascoltare voci ingannevoli che lo portino alla perdizione.

Medaglione destro: due serpenti, di cui uno arrotolato attorno ad un albero; dai serpenti si estraggono antidoti potenti, il serpente ha dunque il potere di guarire, inoltre prefigura il Cristo, che ha guarito l’uomo e gli ha dato la salvezza.

Secondo arazzo

A sinistra il liocorno trafigge un leone e lo configge ad un albero; in primo piano una scimmia porta due piccoli in fuga, in basso una conchiglia, una magnifica aragosta, un rapace che uccide un pesce, a destra attraverso la trasparenza dell’acqua si vede una grande stella marina. Sullo sfondo pascolano vari animali, un elefante, una giraffa, una zebra, pantere e asini. Il liocorno è qui il simbolo del male e l’immagine del leone trafitto è stata interpretata come un’allegoria di Cristo e della sua Passione. il tono supplicante del testo di commento sembra confermare questa lettura

Cartiglio centrale: « Salvami dalle fauci del leone e dal corno del liocorno, difendi la mia fragile esistenza » (Salmi, 22, 22); « Dio mi ha protetto dalle unghie del leone e dell’orso e mi salverà dalle mani di Golia »(I, Samuele, 17, 37)

Medaglione sinistro: un cervo trapassato da una freccia, allude alla capacità di sopportare la sofferenza come Cristo l’ha sopportata per la salvezza dell’uomo.

Medaglione centrale: Un leone ed un gallo, il leone trema davanti al gallo, così la potenza mondana deve tremare davanti alla potenza divina. Medaglione destro: due lucertole, una delle quali mangia delle foglie, sono probabilmente dei camaleonti che, secondo la leggenda, se feriti dal corvo si salvano mangiando l’alloro, pianta ben nota per le virtù salutari.

Terzo arazzo

Il Liocorno è attaccato da due leoni e da due pantere, a sinistra pappagalli e tre tartarughe sullo sfondo di una fitta foresta. Il testo dell’Ecclesiaste che commenta l’immagine evoca la capacità dell’uomo di domare grazie a Dio le forze brute della natura.

Cartiglio centrale: « Il Signore diede agli uomini il potere sulle cose che sono sulla terra. Impose il timor dell’uomo su ogni essere vivente e il suo dominio sulle fiere e sui volatili »(Ecclesiastico, 17, 3-4)

Medaglione sinistro: una capra nutre un serpente; come la capra nutre il serpente che quando sarà adulto la divorerà, così non bisogna permettere che l’empio si fortifichi, e aggredisca il proprio benefattore.

Medaglione centrale: un liocorno non può nutrirsi a causa del corno che tocca la terra e gli impedisce di avvicinarsi al cibo con il muso, attorno altri animali, a destra un leone. Qui il liocorno sembra simboleggiare l’orgoglio che nulla può senza l’aiuto di Dio.

Medaglione destro: un leone insegue una mucca; come il leone, animale coraggioso, attacca solo nemici degni di lui, così gli animi nobili perseguono solo obiettivi degni elevati.

Quarto arazzo

In primo piano compaiono due grandi struzzi; uno guarda quattro uova (secondo la leggenda che gli struzzi non covino le proprie uova), l’altro becca dell’uva da una vigna (simbolo della Chiesa e della vita eterna). Gli struzzi, in san Girolamo, rappresentano la Chiesa, le uova i suoi figli spirituali che la chiesa abbandona alle persecuzioni ma che Dio fortificherà con la luce della sua fede. Alle loro spalle altri animali: un terzo struzzo e un cavallo in corsa, lo scontro di due cervi, un leone che porta la preda ai piccoli, un uccello predatore che divora un altro volatile. Queste raffigurazioni tendono a sottolineare il carattere insondabile dei disegni divini e la necessità, per l’uomo, di abbandonarsi alla Provvidenza.

Cartiglio centrale: « Lo struzzo abbandona in terra le sue uova e le lascia scaldare nella polvere; dimentica che un piede le può calpestare, un animale selvatico le può schiacciare »(Giobbe, 39, 14-15)

Medaglione sinistro: Una scimmia fugge con i suoi piccoli; il favorito stretto sul petto rischia di essere soffocato mentre quello meno amato, aggrappato al dorso della madre, ha maggiori possibilità di salvarsi. Allude alla divina Provvidenza che si prende cura degli umili, dei reietti, dei poveri. Medaglione centrale: Uno struzzo guarda in cielo la costellazione delle Pleiadi: secondo un’altra leggenda, lo struzzo dopo aver deposto le uova le cova con i raggi che provengono dai suoi occhi. Lo struzzo è qui il simbolo del padre spirituale cioè del Padre Celeste.

Medaglione destro: Un elefante; animale dotato di rare virtù tra  cui quella della pietà che gli uomini dovrebbero imitare.

Quinto arazzo

Una leonessa nutre il proprio piccolo all’interno di una tana ricavata alla base di un gruppo di alberi; a sinistra un leone uccide la propria preda, a destra due grandi lucertole. Tra i rami degli alberi una scimmia e un fagiano; in lontananza due giraffe e un elefante in lotta contro un rinoceronte. La raffigurazione sembra evocare allegoricamente il tema del libero arbitrio: Dio permette l’esistenza del male ma sostiene i giusti nella lotta contro il peccato.

Cartiglio centrale: « Con la tua Sapienza, Signore, hai formato l’uomo perchè dominasse gli esseri creati fatti da te » (Sapienza, 9, 1-2)

Medaglione sinistro: Un pesce nel mare in tempesta davanti ad uno scoglio; cioè come chi vive secondo la sua condizione naturale non può avere danno, così il cristiano che segue il Vangelo può superare le difficoltà spirituali e materiali.

Medaglione centrale: un leone si specchia nell’acqua di un fiume; secondo antichi testi esegetici quando i cacciatori catturano un cucciolo di tigre, ingannano la madre ponendo sul suo camino degli specchi. La madre crede di avere ritrovato il figlio ma troppo tardi si avvede dell’errore. Cioè, l’illusione dei sensi ci svia dalla verità; qui la tigre è sostituita da un leone ma il significato simbolico è il medesimo.

Medaglione destro: due leoni danno la caccia a delle scimmie; come il leone malato guarisce se mangia carne di scimmia, così l’uomo ottiene la guarigione spirituale se annienta il demonio che lo induce al peccato.

Sesto arazzo (sulla parete sinistra, a lato dell’ingresso)

Una pantera attacca un leone, a destra una lontra divora un pesce; altre pantere fanno la posta a delle scimmie e a una capra; tutti gli animali sono qui ritratti in atto di aggredire o di cacciare altri animali. La forza bruta senza Grazia senza Ragione è inferiore all’uomo.

Cartiglio centrale: « Ogni specie di bestie, di uccelli, di rettili e perfino di animali marini è domata dagli uomini » (Lettera di S.Giacomo, 3, 7)

Medaglione sinistro: Un porcospino fronteggia un leone; secondo la leggenda, il porcospino è in grado di lanciare i propri aculei come proiettili, qui allude forse alle lotte scatenate dalle passioni

Medaglione centrale: Un agnello trafitto da una freccia; allude a Cristo, ferito dai peccati degli uomini

Medaglione destro: Un rettile mostruoso ipnotizza un uccello; illustra forse un passaggio di Plinio secondo il quale alcuni rettili possono soggiogare con lo sguardo perfino gli uccelli che volano in alto; la lettura morallizzata dell’impresa sembra alludere ai pericoli della voluttà-capacità di volare agilmente.

Il settimo elemento della serie è dominato da due grandi serpenti e da una pantera che uccide una scimmia, e sembra alludere alla dannazione dei colpevoli.

Sei dei sette arazzi restaurati si possono ammirare nel percorso di visita dell’Isola Bella e del Palazzo Borromeo.

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