L’idea del primo ministro indiano, il dimissionario Manmohan Singh, per far ripartire l’economia era buona. L’iniziativa lanciata sei mesi fa mirava a tirar fuori dalle secche della burocrazia tanti progetti di investimento arenati nei meandri dello statalismo indiano. I lacci e lacciuoli del subcontinente rivaleggiano con quelli italiani nel potere di soffocare di adempimenti gli investimenti grandi e piccoli. Singh aveva creato un CCI (Cabinet Committee for Investments) volto a individuare i progetti cantierabili ma incapaci di decollare a causa della burocrazia, e un PMG (Project Monitoring Group) che aveva il potere di intervenire a tagliare i nodi gordiani delle procedure più o meno vessatorie. A fine 2013 il bilancio è positivo.
Specie nel settore degli investimenti in centrali energetiche (dove ci vogliono più di cento permessi per cominciare) molti progetti sono stati tirati fuori dalle secche. Ma molti altri ancora attendono, e fra questi c’è il più grosso investimento estero nella storia del paese, un grande impianto siderurgico promosso dalla Posco. Il presidente della Confederazione dell’industria indiana, S Gopalakrishnan , ha chiesto al governo di abbassare la soglia di intervento per usufruire degli ‘sveltimenti’ del PMG, da 10 a 5 miliardi di rupie (da 120 a 60 milioni di euro).
Allegati: L’articolo di Economic Times