Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte. A farsi carico della ripresa italiana – come buoi che trascinano l’aratro su un terreno limaccioso, per prepararlo alla semina – saranno queste tre regioni, almeno stando agli Scenari territoriali realizzati da Unioncamere e Prometeia. Il motivo? Presto detto: a far correre, si fa per dire, la nostra economia nel 2014 (la crescita attesa è dello 0,7%) sarà ancora una volta l’impulso proveniente dalla domanda estera, che crescerà del 3,7% nel corso del prossimo anno. Ad avanzare con maggiore decisione, dunque, saranno quelle regioni italiane che presentano un posizionamento migliore sui mercati internazionali.
A restare al palo, di conseguenza, sarà come sempre il Mezzogiorno, frenato da una più bassa apertura all’estero e paludato da una domanda interna che rimane avvolta nelle sacche della crisi (-0,2% il prossimo anno, contro il +0,2% su scala nazionale). Ripresa, dunque, seppur moderata, ma il rischio concreto è quello di aumentare sempre pià il divario fra le regioni di Italia: il Pil pro-capite delle regioni del Sud si attesterà appena al di sopra della metà di quello delle regioni più ricche del Nord Ovest.
“La ripresa sta valicando i confini del nostro Paese grazie alla capacità delle nostre imprese esportatrici”, ha commentato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. “Queste, però, in gran parte hanno sede nelle regioni del Nord. Per far sì che anche il Mezzogiorno torni a crescere in maniera diffusa occorre accompagnare le sue imprese sui mercati esteri, dando un sostegno specifico e mirato alle tante Pmi che avrebbero tutte le carte in regola per internazionalizzarsi ma ancora non hanno avuto l’opportunità di farlo”.
La nota positiva dell’economia italiana, come detto, è rappresentata dall’andamento delle esportazioni, che dovrebbe influire, a cascata, sull’andamento degli investimenti che, dopo una flessione del 5,3% nel corso del 2013, dovrebbero registrare, secondo le previsioni, una crescita del 2,5% durante il 2014.
La crescita dei consumi, invce, sarà assai modesta, +0,2%, e coinvolgerà soprattutto i servizi (+0,9%). I benefici sull’occupazione saranno ridotti: le incertezze sulla congiuntura spingeranno, infatti, le aziende a compiere scelte caute sul fronte occupazionale con priorità al riassorbimento dei lavoratori posti in Cig. La crescita delle unità di lavoro nel prossimo anno è prevista allo 0,1%.
A livello regionale, il ridimensionamento dell’attività economica in atto negli ultimi due anni, sembra destinato ad arrestarsi ovunque, anche se in alcuni casi, nel Sud e nelle Isole, si tratterà di una crescita zero. Le tre locomotive d’Italia saranno, nell’ordine, Lombardia (1,2%), Emilia Romagna (1%) e Piemonte (0,9%), ma anche Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Umbria (tutte 0,8%) segneranno una crescita superiore alla media.
Discorso analogo per consumi e occupazione, che mostreranno un ridimensionamento nelle regioni meridionali e una dinamica debole in quelle centrali, registrando al Nord le performance migliori, e regalandoci, una volta di più, il ritratto di un Paese livellato al ribasso, ma ancora, profondamente, spezzato in due tronconi.