La madre di tutte le assemblee ha già battuto un record: le prenotazioni per l’assise dei soci Telecom di venerdì hanno già superato quota 53,8%. Facile prevedere che verrà superata nei prossimi giorni il 60 per cento. E’ un’indiretta conferma non solo dell’importanza storica del voto, ma anche della sua incertezza, che spinge i protagonisti a muoversi con molta cautela. In mezzo a continue sorprese.
L’ultima, in ordine di tempo, riguarda la decisione del presidente di Rcs Mediagroup Angelo Provasoli di rinunciare alla sua candidatura nel cda Telecom ”per impegni professionali e istituzionali sopravvenuti”: il professore della Bocconi, già designato a prendere il posto di Elio Catania, ha evidentemente deciso che non è il caso di infilarsi in un altro ginepraio. Anche per questo si dovrà ancora attendere qualche giorno per conoscere le mosse di Telco, la holding che finora ha espresso la maggioranza del cda. La holding, su richiesta Consob, ha fatto sapere di aver convocato per il 19 dicembre un cda per decidere sul voto da esprimere all’assemblea di Telecom e sull’eventuale elenco di nomi per l’integrazione del consiglio. Per ora la società non avanza indicazioni per la sostituzione dei due consiglieri decaduto (Catania e l’ex presidente Franco Bernabé).
Telco, insomma, non scopre il suo gioco. Ammesso che il gioco sia solo uno. Perché, a questo punto, sul campo di battaglia stanno convergendo più squadre, non si sa fino a che punto indipendenti o connesse tra loro. Proviamo a fare una seppur sommaria carrellata di protagonisti e comparse del meeting più eccitante dell’anno che dovrà rispondere al la richiesta sollevata dalla Findim di Marco Fossati: il board di Telecom va rimosso. O no?
a) L’ago della bilancia tra i duellanti potrebbe essere Blackrock. Il colosso dell’asset management Usa si schiera in campo con una quota che, dopo mille verifiche e confusioni, ammonta al 9,997 % del capitale. Un filo sotto la fatidica soglia del 10%, oltre la quale sarebbe stata annullata una delle clausole del contratto tra Telefonica e gli altri soci di Telco (Generali, Intesa e Mediobanca). Il patto, infatti, prevede che il vincolo a non comprare altri titoli sarebbe decaduto se un socio terzo avesse comprato più del 10%.
Basta questo per accreditare Blackrock come sodale di Telefonica? Il presidente Consob Giuseppe Vegas lo sospetta. L’asse tra il gruppo spagnolo, compratore sul mercato, e la società Usa potrebbe spiazzare gli altri azionisti, lasciando Telco e gli altri co il cerino in mano. Ma questa tesi ha un limite: Cade, cioè l’antitrust brasiliano, ha già deciso che Telecom, nel caso finisca nell’orbita di Telefonica, dovrà cedere Tim Brasil. Per quale motivo il gruppo spagnolo dovrebbe aver architettato un piano così diabolico per cadere su un ostacolo così dichiarato? Certo, Telefonica (e BlackRock) potrebbero agire per conto terzi, per preparare un “pacco” da girare ad At&t, Carlos Slim o chissà chi altro. Ma siamo davvero sull’orlo del fantasy.
Non è affatto detto, poi, che BlackRock, violando la prassi che distingue il suo comportamento, decida di votare a fianco dell’attuale Board contro le indicazioni dei proxy fighters, schierati a favore di Findim. La sensazione è che il gruppo Usa si sia infilato nella partita nella convinzione che Telecom possa esseer un buon affare, vista l’infima quotazione e le prospettive aperte dallo spezzatino delle partecipazioni internazionali.
BlackRock, primo azionista in società come Apple, Google, Exxon o General Electric, non è certo imbarazzata dalla prospettiva di essere azionista di rilievo di una società tlc che dovrà comunque trovar marito.
b) Non è nemmeno facile capire quanto sia compatto il fronte Telco dopo le dimissioni a sorpresa di Cesar Alierta e Julio Linares dal board di Telecom. Può essere una mossa tattica, in funzione della lite che si profila con le autorità brasiliane. Può essere l’effetto delle contestazioni in patria dei soci della stessa Telefonica, Bbva in testa, che non approvano affatto la campagna d’Italia. Può essere, come si è visto, una mossa di guerra. Oppure un’azione concordata con gli altri partner di Telco. Di sicuo, le conseguenze della partita si faranno sentire tra i soci anche in caso di vittoria nella guerra contro Findim ed alleati.
c) Marco Fossati ha già giocato il jolly : in caso di vittoria della sua mozione, la quadra di vertice della nuova Telecom sarà con ogni probabilità capitanata da Vito Gamberale, uno dei nomi storici dell’ultima grande stagione Telecom. Gamberale, uno dei padri di Tim, non ha fatto mistero anche in Parlamento delle sue opionio: piuttosto che investire miliardi per correre in soccorso di Telecom acquistando una quota della sua rete, i partner pubblici dovrebbero rientrare in Telecom con una percentuale, tra il 15 e il 20%, pari alle quote che i “cugini” francesi e tedeschi di Cdp detengono negli ex incumbent di Parigi d’oltre Reno. Tra i nomi nuovi figura un rappresentante di Asati, l’associazione dei piccoli azionit cui lo stesso Bernabé ha onferito le azioni in suo possesso.
d) Naturalmente l’assemblea è solo un tassello di un puzzle ingarbugliato in cui giocheranno un ruolo il Parlamento (chiamato in causa per la legge sull’Opa), la Consob (che finora si è espressa via interviste piuttosto che per atti formali), authority nazionali come l’Agcom, in aperta polemica con la Commissaria Ue uscente Neelie Kroes sulle tariffe dell’unbundling. Perciò nessuno s’illuda che la soluzione del giallo maturi venerdì, al termine di una maratona assembleare che potrebbe protrarsi fino a notte. Sillo sfondo, infatti, c’è un quadro delle tlc europee in pesante crisi di redditività, alla ricerca di modelli in grado di rivitalizzare i profitti e giustificare i massicci investimenti nelle reto a banda ultralarga ormai essenziali per la competitività di un Paese. L’Italia, già leader prima delle robuste iniezioni di capitani coraggiosi del recente passato, ogi ha drammatico bisogno di colmare il gap. E ci vuole ben più di un’assemblea.