Uno spettro si aggira per la Cina. Il capitalismo virtuale. Una volta accettato – e accolto – quello reale, la nuova battaglia della Repubblica Popolare del fu Mao Zedong è contro la moneta immateriale: il Bitcoin.
Pechino ha vietato alle sue banche di usare il Bitcoin come valuta, esprimendo preoccupazioni per rischi maggiori connessi al riciclaggio di denaro e, soprattutto, perché minaccerebbe la stabilità finanziaria del Paese, stando a quanto riporta il New York Times.
In realtà, la mossa arriva mentre le autorità monetarie di tutto il mondo cominciano a confrontarsi con il Bitcoin, una moneta virtuale il cui valore è decollato negli ultimi mesi. Parte di questa ascesa è dovuta alla crescente domanda in arrivo, appunto, dalla Cina.
La richiesta di far sparire le monete virtuali dalle istituzioni finanziarie è stata fatta dalla Banca di Cina e da altri 4 tra ministeri e agenzie. Nella nota ufficiale, si fa sapere che questo passo era necessario “per proteggere lo status del renminbi come valuta, prevenire i rischi di riciclaggio di denaro sporco e proteggere la stabilità finanziaria”.
Inoltre, il Bitcoin è stato definito “non una valuta, nel significato proprio del termine”, ma piuttosto “uno strumento virtuale che non ha lo stesso status legale di una valuta. Né può, o dovrebbe, circolare o essere usato nel mercato come moneta”.
Uno dei fattori che aveva fatto decollare il Bitcoin è stato il riconoscimento di fatto da parte del regolatore Usa, che in un’udienza al Senato americano aveva stabilito che reti finanziarie come la moneta virtuale offrivano benefici al sistema finanziario. Ma, anche in quel caso, Washington aveva denunciato il rischio di riciclaggio o attività criminali collegate al Bitcoin.
La mossa cinese arriva dopo che alcuni funzionari della Repubblica popolare avevano espresso forme di sostegno alla legittimazione del Bitcoin. Yi Gang, vice governatore della Banca di Cina e direttore dell’Agenzia per gli scambi con l’estero, aveva detto a novembre che la moneta, anche se poteva non essere accolta con favore dalla Banca centrale, avrebbe potuto essere scambiata liberamente nel mercato.
In Cina, il Bitcoin stava diventando sempre più popolare tra i commercianti. Nel distretto pechinese di Chaoyang, un ristorante aveva cominciato ad accettare monete virtuali sfidando le regola che questo tipo di valuta non poteva essere usata per scambiare beni materiali o servizi.
Intanto, la decisione di Pechino ha fatto crollare il già volatile Bitcoin, il cui valore è crollato del 30%, da 1240 dollari a 870 dollari. Lo riferisce Business Insider.