L’Aula del Senato dovrà esprimersi con voto palese sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Lo ha stabilito la Giunta per il regolamento di Palazzo Madama, che – dopo le tensioni e il rinvio di ieri sera –è arrivata oggi a una decisione definitiva. Dei 14 componenti della Giunta, sette si sono pronunciati per il voto palese e sei per il voto segreto, mentre il presidente del Senato Pietro Grasso, come da prassi, non ha votato.
L’ago della bilancia è stata Linda Lanzillotta: “Quello sulla decadenza di Berlusconi non sarà un voto sulla persona, ma sul suo status di parlamentare, pertanto non sarà necessario il voto segreto – ha detto la senatrice di Scelta Civica –. Non reinterpretiamo il regolamento, perché è la prima volta che si applica legge Severino”.
I componenti dell’Aula dovranno quindi assumersi la responsabilità del proprio voto e rispondere di eventuali defezioni rispetto alle indicazioni dei rispettivi gruppi parlamentari. Una condizione che riduce ulteriormente le già scarse possibilità del Cavaliere di sfuggire all’espulsione dal Parlamento. Secondo quanto riferisce l’agenzia Ansa, l’ex premier avrebbe accolto la notizia con tale irritazione da cancellare un pranzo già fissato con il vicepremier Angelino Alfano e il resto della delegazione governativa del Pdl.
Intanto, il partito fa quadrato intorno al suo leader. Secondo il capogruppo pidiellino al Senato, Renato Schifani, la Giunta ha scritto oggi “una pagina buia per le regole parlamentari”, che “non potrà non avere conseguenze. Daremo risposte concrete con il massimo della determinazione”.
Sulla stessa linea il capo dei deputati Pdl: “Dalla Giunta una decisione assurda e senza precedenti contro Berlusconi – ha scritto Renato Brunetta su Twitter –. Una decisione contra personam e senza alcun senso. Inaccettabile”.
Di segno opposto il commento arrivato da Luigi Zanda, capogruppo del Pd al Senato, che ritiene “corretta” la decisione della Giunta, dal momento che non ha comportato “alcuna interpretazione né alcuna modifica del regolamento”.
In mattinata il presidente del Consiglio, Enrico Letta, aveva prevenuto qualsiasi minaccia alla tenuta del Governo ribadendo la necessità di tenere separate “le singole vicende giudiziarie dall’azione dell’Esecutivo”.