Nemmeno il low cost si salva dalla crisi. Eppure, il più grande acquirente al mondo di mobili italiani è proprio un colosso del basso prezzo: Ikea. I prodotti made in Italy rappresentano l’8,1% degli approvvigionamenti dell’azienda scandinava per tutti i suoi 338 negozi sparsi nel mondo, di cui 20 nel nostro Paese. Nella classifica globale dei fornitori, inoltre, siamo terzi, superati solo da Cina (22,8%) e Polonia (17,8%). “E’ difficile trovare altrove la cultura industriale che c’è in Italia: la filiera funziona, la logistica anche”. Parola di Lars Petersson, amministratore delegato di Ikea Italia, che oggi ha presentato a Roma i risultati annuali.
Il primato svedese in Italia, tuttavia, è un indizio delle difficoltà in cui versa il settore. Ikea acquista per rivendere, e da questo punto di vista le notizie non sono delle migliori. Nell’anno fiscale appena chiuso, il fatturato dell’azienda nel nostro Paese si è ridotto del 4,5%, a 1,5 miliardi di euro. Una flessione che aumenta al 7,8% se si considerano soltanto i negozi comparabili anno su anno. Sono diminuite in particolare le vendite di mobili (-6,8%), che rappresentano il 55% dei ricavi totali.
“Il nostro calo, in ogni caso, è inferiore a quello del mercato – spiega Elena Alemanno, vice ad –. La nostra quota di mercato nel settore arredo, infatti, è aumentata dal 9,1 al 9,3%”. Un incremento comunque inferiore a quello degli anni passati, considerando che solo nel 2007 la quota dell’azienda era al 4,2%.
Quanto al numero delle visite nei negozi Ikea, è calato molto meno del fatturato (-2%, a 44,8 milioni) e questo significa solo una cosa: “I nostri clienti hanno comprato meno, concentrandosi sui prodotti meno costosi – continua Petersson –. Guardiamo con ottimismo ai dati diffusi questa mattina dall’Istat sulla fiducia dei consumatori, ma sappiamo che almeno i prossimi due anni andranno affrontati con grande cautela, perché la ripresa non sarà veloce”.
Certo, compriamo meno, ma l’Italia rimane un mercato cruciale per Ikea. Nel bilancio globale dell’azienda, siamo al quinto posto per volume di vendite (6,1% del totale). L’indotto creato nel nostro Paese coinvolge 2.500 imprese, vale 200 milioni di euro e ha consentito di creare circa 5mila posti di lavoro.
Un punto debole però c’è, ed è sempre lo stesso: “Sotto il profilo degli investimenti, l’ostacolo maggiore è la mancanza di certezze nell’interpretazione delle leggi – dice ancora Petersson –. E’ difficile sapere in anticipo se un progetto andrà in porto e quando”. L’esempio più efficace è quello del negozio Ikea a Pisa, “che aprirà il 5 marzo, dopo una pianificazione durata sette anni”. Ma le difficoltà burocratiche non spavento gli svedesi e l’amministratore delegato conferma “il piano d’espansione in Italia per il futuro: vogliamo un altro negozio a Roma, inoltre stiamo lavorando per aprire a Verona e aggiungere il quarto punto vendita nella zona di Milano”.
Nel frattempo, l’espansione continuerà anche su internet. L’azienda ha avviato il servizio di e-commerce da appena un anno: i ricavi online sono modesti (12 milioni di euro), eppure “siamo il secondo Paese al mondo per numero di fan sulla pagina Facebook di Ikea – continua la vice di Petersson -, mentre occupiamo addirittura la prima posizione per quanto riguarda l’interazione su Twitter. Da bravi italiani, ci piace interagire”. Aspettando la ripresa dei consumi.