“I valori attuali del lusso sono alti, ma giustificati: e se lo scenario economico rimarrà questo, come pronosticato e con la Cina che cresce almeno al 7%, la situazione non cambierà nei prossimi due anni”. A spiegare il boom dei titoli del lusso, a Piazza Affari ma non solo, è Gian Luca Pacini, analista di Banca Intesa Sanpaolo, che due anni fa ha lavorato (insieme ad altre banche) alla quotazione di Salvatore Ferragamo a Milano e di Prada a Hong Kong: “I prezzi adesso sono persino più altri rispetto a quelli pre-crisi: questo è dovuto al mercato dei Paesi emergenti, che a partire dal 2008 ha più che compensato l’incertezza legata alla crisi dei subprime spendendo e investendo molto nel lusso, soprattutto nei marchi più riconoscibili che infatti sono quelli che vanno meglio”.
E’ un paradosso, se si pensa alla crisi internazionale degli ultimi anni, ma è così: più il prodotto ha un brand di prestigio e più è costoso, meglio va. Grazie appunto ai “nuovi ricchi” dei Paesi emergenti, in particolare russi e cinesi, che non solo acquistano a casa loro, ma grazie alle loro nuove possibilità economiche, fanno anche molto più turismo salvando i mercati domestici dei Paesi europei (dove spendono anche meno in tasse). In particolare nei Paesi dell’Europa mediterranea, tra cui l’Italia, che da sempre attira visitatori in cerca di status symbol. “Ecco perché – spiega ancora Pacini – il fatturato del mercato del lusso mondiale (stimato da Altagamma in 250 miliardi di euro nel mondo) cresce di oltre 2 volte rispetto a quello del Pil globale: negli ultimi 2-3 anni siamo arrivati a un rapporto di 2,67, grazie al traino di un mercato nuovo che prima non c’era, che ha possibilità di spendere ed è molto portato all’ostentazione del denaro e del marchio”.
Mercato che nei nuovi emergenti ha pienamente assorbito anche la middle class e le fasce giovani, controbilanciando la contrazione dei redditi nei mercati maturi, quelli dei Paesi occidentali, che hanno invece visto sparire il cosiddetto “consumo aspirazionale” nella classe media, che ora fa acquisti più razionali e consapevoli. “Questo ha portato – continua l’analista di Intesa – a una stabilizzazione del rapporto fra la crescita mondiale e la crescita del settore lusso proprio di recente, ad agosto: adesso siamo sul 2,48”. Che resta comunque un dato molto alto, superiore al periodo pre-crisi e a quanto pare pienamente corrispondente al periodo di salute del settore, che al momento non dà segnali di inversione.
Ecco dunque che i fatturati delle maison italiane continuano, chi più chi meno, a crescere, per non parlare dei valori azionari: nell’ultimo anno Ferragamo vanta un +49%, Tod’s il +59%, Luxottica poco più del +46%, ma ancora meglio fanno l’esordiente Cucinelli con +83%, Safilo con il +118% e Yoox con il +182%. Da dove arriva questa fiducia, in assoluta controtendenza, e soprattutto durerà? “Deriva dal fatto che i Paesi emergenti, anche se hanno leggermente rallentato, continuano a dare ampia protezione agli investitori nel lusso: gli utili, soprattutto quelli dei due player principali come Kering (ex Ppr) e Lvmh, la cui immensa cassa dà ulteriore spinta al settore, sono solidi e visibili, grazie anche alle operazioni di M&A , e danno credibilità, rischio basso e poca volatilità”.
Al momento, dunque, nessun rischio bolla. “Finché lo scenario rimane questo, e cioè se la Cina continua a crescere almeno del 7% come sta facendo e come è previsto che continui a fare, i multipli del lusso continueranno ad essere superiori a quelli medi del mercato azionario”.