Pensiamo alle banche e – generalmente – pensiamo a speculazione, a freno al finanziamento privato (specie in tempi di crisi, a discapito di piccole imprese e famiglie), e a governance traballanti. Molte volte questo scenario è assolutamente vero: poltrone ballerine, poche strategie a lungo termine, ancora meno sostegno al credito al consumo.
Banca Ifis invece, presente al workshop The European House – Ambrosetti di Cernobbio con il suo amministratore delegato Giovanni Bossi, non è così. “La nostra banca esiste da 30 anni, ha sempre avuto lo stesso presidente (Sebastien von Furstenberg, ndr) e io sono ad da 18 anni: chi più di noi può ragionare in prospettiva e non nell’immediato?”. Ecco dunque la possibilità di investire sul futuro, dell’Italia e delle sue famiglie. Tramite il factoring per le imprese, tramite l’acquisto di bond per quasi 8 miliardi di euro interpretati come un prestito allo Stato senza fini speculativi, e , novità del piano di fine 2012, tramite attività di acquisto di crediti non performing vantati da società di credito al consumo nei confronti di persone fisiche, ovvero le famiglie travolte dalla crisi che non solo non arrivano alla fine del mese ma non riescono a ripianare i loro debiti e/o a chiedere ulteriori finanziamenti.
“Consentiamo alle famiglie inserite nelle cosiddette black list – spiega Bossi nella cornice di Villa d’Este, sul lago di Como – di rimettersi in bonis: mettiamo loro nelle condizioni di pagare i debiti in maniera dilazionata, in media nel giro di 2-4 anni, e senza interessi”. Facile, comodo, concretamente conveniente. E l’interesse per la banca? “Sul breve termine è quasi nullo, ma compriamo il portafoglio al 2-3% di valore nominale, per poi ottenerne l’8-10% anche se i tempi sono medio-lunghi, di anni”. Tempi lunghi, che però per le famiglie significano tirare davvero il fiato, tant’è che sempre di più fra loro si rivolgono alla banca con sede a Mestre: “Ad oggi abbiamo 550mila posizioni aperte, per un valore nominale complessivo da 4 miliardi di euro e un credito medio di circa 8mila euro”.
La lungimiranza non è però l’unico valore aggiunto: c’è anche la speranza di mettere in azione un circolo virtuoso. “Nell’Europa del Nord gli istituti che fanno questa operazione recuperano molto di più, quindi credo che questa sia una strada che dovremmo seguire un po’ tutti, soprattutto le banche che hanno più liquidità. Al momento le società di credito al consumo applicano tassi alti perché una percentuale troppo alta del credito non viene rimborsata. Se recupereranno di più, potranno abbassare i tassi d’interesse e di conseguenza elargire più prestiti”.
Ragionamento che non fa una piega, così come quello relativo ai titoli di Stato: “Ne abbiamo in portafoglio per circa 7,5 miliardi di euro – spiega Bossi –, abbiamo potuto permetterceli avendo buona liquidità e una catena di controllo della banca molto breve e agile, e ce li teniamo fino a scadenza perché crediamo nell’Italia”.
Un Paese che secondo molti ha rischiato o rischia il default, e tira a campare sulle pericolanti fondamenta del governo Letta? “Il Governo ha difficoltà, è vero, ma l’Italia non farà default. Sarebbe semplicemente ora che la smettessimo di tutelare le rendite di posizione, le lobby forti e ben rappresentate in Parlamento, e che appena possibile si facesse una nuova legge elettorale per tornare al voto con regole migliori”.
Non subito però. Anche Giovanni Bossi, come gran parte della community del club Ambrosetti, che conta influenti banchieri, economisti e politici di mezzo mondo presenti nel consueto weekend di Cernobbio e quasi tutti accodati sulla linea Roubini, non auspica una caduta a breve dell’attuale esecutivo: “Ieri ho votato anche io per la sopravvivenza”.