La guerra fredda tra Stati Uniti e Russia congela San Pietroburgo e accende la miccia di Damasco. Il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato: “in caso di attacco aiuteremo la Siria”. In precedenza, l’uomo forte di Mosca aveva detto che “sarebbe stato controproducente” destabilizzare la situazione in Medio Oriente.
Le parole di Putin sono arrivate nel giorno finale del G20 in corso a San Pietroburgo. Durante il summit, il presidente americano Barack Obama aveva cercato il supporto dei leader mondiali per un attacco alla Siria. Washington accusa il regime di Bashar al-Assad di aver ucciso il 21 agosto alla periferia di Damasco 1429 persone con l’uso di armi chimiche. Assad ha invece rimpallato l’accusa ai ribelli. Cina e Russia, che si sono opposte a una risoluzione Onu contro la Siria, insistono nel dire che una qualsiasi azione senza le Nazioni Uniti sarebbe illegale.
Stando al racconto di Putin, le discussioni su Damasco si sarebbero protratte oltre la mezzanotte di ieri, incluso un incontro riservato con Obama. I due sarebbero rimasti nelle rispettive posizioni.
Il parlamento siriano si è rivolto al Congresso Usa chiedendo di votare contro la proposta di Obama di condurre attacchi militari contro obiettivi del regime di Damasco. Lo riferisce la tv di Stato, citando il presidente dell’Assemblea del Popolo Jihad al Lahham.
Gli Stati Uniti hanno deciso intanto l’evacuazione parziale del personale del loro consolato generale ad Adana, città della Turchia vicina al confine con la Siria. In precedenza un’analoga decisione – giustificata come nel caso di Adana da “minacce” incombenti – era stata presa dal Dipartimento di Stato per l’ambasciata americana in Libano.