L’UNCTAD, la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, ha recentemente pubblicato il World Investment Report 2013. Dal documento si evince come gli investimenti diretti esteri globali (IDE) siano calati del 18% a 1.350 miliardi di dollari nel 2012. Questo drastico calo si pone in netto contrasto con altri indicatori macroeconomici come PIL, flussi commerciali internazionali ed occupazione, che registrato tutti una crescita positiva a livello globale. A fronte di una produzione internazionale che cresce ad un ritmo costante (2,3%), infatti, gli stock di IDE sono aumentati del 9% nel 2012, a 23.000 mld. La crescita della produzione internazionale da parte delle prime 100 multinazionali, con sede per lo più in paesi sviluppati caratterizzati da una dinamica stagnante nel 2012, hanno visto l’aumento dell’attività delle 100 maggiori multinazionali domiciliate in PVS ed economie in transizione del 20%. Nonostante ciò, sono proprio la fragilità economica e l’incertezza politica in una serie di importanti economie ad aver sviluppato forti sentimenti di cautela tra gli investitori. Per questo motivo molte imprese transnazionali hanno ripensato la propria strategia di investimenti all’estero, anche attraverso la ristrutturazione di beni, disinvestimento e delocalizzazione. La strada per il recupero degli IDE si sta dimostrando allora irregolare e potrebbe richiedere più tempo del previsto. Le previsioni UNCTAD parlano di livelli 2013 di IDE di poco superiori a quelli dell’anno precedente (+1.450 mld). Fattori quali carenze strutturali interne a singoli paesi e istituzioni regionali, debolezze del sistema finanziario globale, il possibile deterioramento del quadro macroeconomico e una significativa incertezza politica in settori cruciali per la fiducia degli investitori sono fattori che potrebbero portare ad un ulteriore calo dei flussi di IDE.
In questo scenario, per la prima volta le economie in via di sviluppo superano quelle sviluppate come principali destinatari di IDE (52% dei flussi mondiali): 9 dei 20 maggiori beneficiari sono, infatti, PVS. Tra le regioni, i flussi di sviluppo dell’Asia e dell’America Latina sono rimasti su livelli storicamente elevati, anche se la loro dinamica di crescita si è indebolita, mentre l’Africa ha visto un aumento anno dopo anno dei flussi di IDE. Da parte loro, nonostante la crisi mondiale, le multinazionali provenienti da PVS hanno continuato la propria espansione all’estero, con i paesi asiatici in testa, rappresentando i tre quarti del totale PVS. I paesi BRICS, infine, hanno continuato ad essere il principali fonti di IDE tra i paesi investitori emergenti (da 7 mld nel 2000 a 145 mld nel 2012, pari a 10% del totale mondiale), le cui imprese transnazionali sono diventando sempre più attive, anche in Africa. Tra le file dei migliori investitori, la Cina balza dal sesto al terzo maggiore investitore nel 2012, dopo USA e Giappone.
I flussi di IDE verso le economie sviluppate, dall’Europa occidentale al Nord America fino ad Australia e Nuova Zelanda, sono diminuiti del 32%, dove l’UE da sola rappresenta quasi i due terzi del declino globale degli IDE. Nonostante ciò gli afflussi verso il Giappone sono tornati positivo dopo due anni consecutivi di disinvestimenti netti.
Il numero delle imprese transnazionali di proprietà statale è aumentato da 650 nel 2010 a 845 a 2012, i cui flussi di IDE sono ammontati a 145.000 mln (11% degli IDE globali). La maggior parte di tali imprese proviene da PVS, le cui acquisizioni sono state motivate ??dalla ricerca di asset strategici (come tecnologia, proprietà intellettuale, marchi) e risorse naturali. A sua volta, l’ammontare di IDE derivante da fondi sovrani è stimato a 127 mld, la maggior parte destinati a finanza, immobiliare, costruzioni e utility. In termini di distribuzione geografica, oltre il 70% di essi è stata destinata nel 2012 alle economie sviluppate. Le attività combinate dei 73 fondi sovrani riconosciuti in tutto il mondo sono state valutate a 5.300 mld nel 2012. In questo scenario, i meccanismi finanziari offshore (CFO) includono principalmente paradisi fiscali, mentre andrebbero tenuti in maggiore considerazione i veicoli cosiddetti special-purpose (SPE), vale a dire consociate estere stabilite per uno scopo specifico o che hanno una struttura giuridica specifica, ma tendono ad essere stabiliti in paesi che offrono vantaggi fiscali specifici. Gli investimenti in centri finanziari offshore rimangono su livelli storicamente elevati (80 mld), rappresentando una quota crescente dei flussi globali di IDE, a circa il 6%. Gli SPE svolgono un ruolo ancora maggiore rispetto a flussi e stock di IDE in una serie di importanti paesi investitori, agendo come un canale per più di 600 mld di flussi di investimento. Inoltre, il numero di paesi che offrono un trattamento fiscale favorevole per SPE è in aumento. Ecco allora che l’evasione fiscale e la trasparenza nelle transazioni finanziarie internazionali sono questioni di interesse globale che richiedono un approccio multilaterale. Ad oggi, gli sforzi internazionali su questi temi si sono concentrati soprattutto su centri finanziari offshore, nonostante gli SPE siano un fenomeno di dimensioni molto maggiori. Un primo passo proposto nel documento potrebbe essere l’istituzione di un elenco chiuso dei possibili utilizzi benigni di SPE e CFO, concentrandone le misure future nella lotta alla mancanza di trasparenza.
In conclusione, il reddito globale degli IDE risulta aumentato per ciascuna dei tre principali gruppi di economie, con gli incrementi maggiori in PVS e nelle economie in transizione. I tassi di rendimento sugli IDE sono 7% a livello globale, 8% nei PVS, 13% nelle economie in transizione, contro 5% nei paesi sviluppati. La quota trattenuta di IDE è più alta nei PVS (circa il 40%), rappresentando una fonte importante di finanziamento. Tuttavia, non tutto questo viene trasformato in spese in conto capitale: la sfida per i governi locali è allora quella di incanalare gli utili nel sistema produttivo, essendo questi una fonte essenziale di finanziamento a lungo termine, l’unica capace di stimolare lo sviluppo inteso come miglioramento della qualità e delle condizioni di vita, dove tutte le variabili in gioco si influenzano ed alimentano reciprocamente.