Sulla strada del “repeat”, ovvero del secondo titolo consecutivo (alla terza finale in tre anni) i campioni in carica dell’Nba, i Miami Heat di LeBron James, troveranno di fronte i San Antonio Spurs, reduci da un imperioso quanto autoritario “cappotto” perpetrato ai danni dei malcapitati Memphis Grizzlies, rasi al suolo dai texani in sole quattro gare e con una facilità a dir poco imbarazzante.
Ben più tosta, e anche qui contro il pronostico, la qualificazione di Miami, che per venire a capo degli Indiana Pacers ha dovuto aspettare gara-7. Chissà che dunque LeBron e compagni non si presentino più stanchi nella prima gara della finalissima che scatta stanotte, e chissà che i “vecchietti” texani, nomi del calibro di Tony Parker, Manu Ginobili e Tim Duncan, campionissimi ma non proprio di primo pelo, non dovranno alla fine ringraziare proprio Indiana per aver “spompato” la squadra della Florida, mentre a San Antonio si riposava in attesa dell’ultimo atto.
Ultimo atto che scatta dunque nella notte italiana con gara-1 all’AmericanAirlines Arena di Miami, con gli Heat dunque che avranno le prime due (e le eventuali ultime due) gare da giocare sul parquet amico. Nonostante siano profondamente diverse le filosofie di gioco abbracciate, l’identità ed il carattere di ambedue i team sono stati forgiati sulla base di culture simili e di analoghi principi, anche etici, tanto cari ai rispettivi coach: l’organizzazione societaria, la gestione quasi militaresca del gruppo e la chiara impronta di stampo difensivo impartita ai rispettivi sistemi di gioco, rappresentano certamente i punti in comune di maggior evidenza tra due sodalizi d’elite all’interno del panorama cestistico a stelle e strisce. Da stasera si fa sul serio: che vinca il migliore.