Museo di Roma in Trastevere, prorogata la mostra “I volti, le pietre, la città: Mario Carbone, Emilio Gentilini 1952-1985” che raccoglie oltre 100 fotografie provenienti dalla collezione del Museo di Roma in Trastevere e dalla collezione privata dell’archivio di Carbone, che resterà aperta fino al 13 ottobre 2013.
L’intento è quello di valorizzare e rendere visibile al pubblico parte dell’immensa collezione fotografica del museo trasteverino che si avvale anche di importanti fondi fotografici. Alcune delle immagini in mostra, scattate tra il 1952 e il 1985, non sono mai state esposte al pubblico. Molte le affinità tra i due autori, come la scelta rigorosa del bianco e nero e il soffermarsi sui volti espressivi delle persone. Differenti invece la poetica e le tematiche oggetto delle fotografie.
Le immagini di Mario Carbone si distinguono per una poetica realista che documenta luoghi ed individui colti con nitida coerenza sia nelle istantanee che ritraggono ambulanti e operai nei rioni della città popolare, sia in quelle che documentano le vie dell’arte o della moda (Via Margutta, Via Veneto, Piazza del Popolo). Lo sguardo di Carbone si fa più antropologico nelle fotografie che ritraggono i fedeli in visita a San Pietro con il sacerdote che fa da cicerone o le turiste devote inginocchiate con i loro abiti stravaganti. Le donne e gli uomini ritratti nella semioscurità delle osterie (si veda la famosa immagine Osteria del Vero Albano) sono invece pervase da una vena di struggente malinconia. Le immagini di Roma degli anni Settanta e Ottanta del XX secolo danno invece più spazio alle tematiche sociali: le manifestazioni politiche e di protesta, la scena “povera” e le pareti spoglie di cantine e garage adattate a palcoscenici dove Carbone ritrae l’avventura irripetibile dei teatri d’avanguardia romani.
Emilio Gentilini circoscrive la sua indagine per immagini, negli anni Settanta dello scorso secolo; in particolare nel rione popolare di Trastevere. Luoghi e personaggi esprimono carica vitale ed energia: piazze e vie sono ingombre di persone e dei loro spesso poveri “strumenti del mestiere”. La città è ancora vissuta nella comune partecipazione di spazi e ritualità quotidiane e festive. Gentilini osserva e ritrae, con ironia e personale leggerezza, una Roma intenta e indaffarata in molteplici attività, personaggi alle prese con lavori scaturiti da una creatività spesso tutta romana, lavori stanziali ed ambulanti (le botteghe storiche, ma anche le improvvisate vendite di generi alimentari davanti alla soglia di casa, la raccolta di cartoni etc.).
Molte le immagini dedicate alla socialità e alla religiosità (il battesimo, il matrimonio, le processioni). Usi e costumi nati dal bisogno e dall’inventiva estemporanea, tali da tramutare la necessità in vera estetica popolare (l’arredo dei balconi e dei davanzali, la metodica nello stendere i panni alle finestre, il catino per lavare i panni che diventa scaldino). E ancora, lo svago e il tempo libero vissuti fuori dalle mura domestiche dove strade, marciapiedi e cortili diventano territorio vissuto e partecipato per ballare il saltarello, giocare a “zecchinetta” e scambiare quattro chiacchiere con la vicina. Dunque i due autori ci restituiscono attraverso queste immagini un patrimonio prezioso di umanità generosa e vitale che si fonde con la storia stessa della città che abitano.
Ed è Renato Nicolini, nel testo introduttivo del catalogo dedicato a Gentilini del 2006, ad evidenziare il valore di queste immagini fotografiche come ”bene culturale”, capace di cogliere le mutazioni del tempo e degli spazi urbani, che ora, di nuovo esposte ridanno senso e identità alle collezioni permanenti e agli stessi spazi museali: “I luoghi di Roesler Franz debbono lasciare il posto ai volti degli individui, alle epifanie improvvise e brucianti che questi suggeriscono, senza più alcuna regola che possa portare alla prospettiva più ampia del quadro di genere. Il genius loci restringe il proprio campo d’azione nel passaggio dal pittore al fotografo…Dopo aver guardato a lungo queste foto, mi sono chiesto qual è il vero bene culturale? Le pietre o gli abitanti? Tutti e due mi sono risposto. Dunque, il vero bene culturale è il paesaggio urbano, l’analogo, nelle città del paesaggio fuori della città. Ma come è possibile conservare qualcosa di effimero come uno stile di vita, gli occhi con cui una popolazione guarda il mondo, inventando così la tradizione? Il Museo di Roma in Trastevere, che sta trovando nella fotografia la sua caratteristica, è lo strumento più adatto per interrogarsi su questo argomento. Non tutte le trasformazioni sono uguali; e sono i musei della città, questo nuovo tipo di spazio pubblico, le istituzioni appropriate per interrogarsi sull’argomento, e, perlomeno vivere la trasformazione con consapevolezza”.
L’esposizione I volti, le pietre, la città è promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovrintendenza Capitolina, a cura di Silvana Bonfili e Donatella Occhiuzzi con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura.
Museo di Roma in Trastevere Museo di Roma in Trastevere Piazza S. Egidio, 1B. Tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 21.00)
www.museodiromaintrastevere.it