L’intero settore dell’aviazione (considerando compagnie aeree, aeroporti, industria aeronautica e fornitori di servizi) dà un apporto al Pil nazionale di 15 miliardi di euro, offre lavoro a 500mila persone e movimenta un traffico di 149 milioni di passeggeri. Ma, dopo l’Atto di indirizzo emanato dal Ministero dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture nel gennaio scorso, premessa fondamentale per il nuovo Piano nazionale per lo sviluppo aeroportuale, rischia di andare incontro a una severa contrazione.
A fare le spese di un riassetto del sistema degli aeroporti italiani potrebbero essere 15 dei 46 aeroporti aperti ai voli commerciali, definiti dall’Atto di indirizzo “non di interesse nazionale”. Se la scelta di questi siti “minori” verrà confermata in sede di Conferenza Stato-Regioni, essi saranno destinati alle Regioni e per queste realtà si apriranno due scenari diversi: la possibilità di operare con una concessione regionale oppure di essere indirizzati ad altre destinazioni o alla chiusura.
In pratica, dovranno cavarsela da soli e gli enti locali e le Camere di commercio che ne sono soci dovranno decidere se ricapitalizzarli, ripianando le perdite d’esercizio cumulate, a fronte di un piano di riassetto e rilancio, cederne la partecipazione a privati, oppure chiuderli, con tutte le implicazioni del caso. Di questo scenario si è discusso oggi a Roma, nell’ambito di un convegno organizzato da Unioncamere e Capo Horn con il supporto di Uniontrasporti.
“Non vogliamo certo affermare l’inutilità di un riassetto complessivo del sistema”, ha ribadito il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. “Molte società di gestione degli aeroporti registrano risultati d’esercizio anche fortemente negativi, unitamente allo squilibrato rapporto tra costi e ricavi per passeggero che non possono certo essere ignorati. Ma per qualsiasi azione di riassetto sono necessarie politiche di accompagnamento per individuare soluzioni alternative e/o di rimodulazione del quadro dei costi, e politiche di sistema, che non tengano conto esclusivamente dei risultati di bilancio ma anche dei benefici per il territorio. La stessa logica europea – pur sottolineando che i comportamenti degli azionisti pubblici devono essere improntati al principio dell’investitore privato in un’economia di mercato – sembra offrire la possibilità, in alcuni casi particolari e circoscritti, di costruire politiche di sostegno agli aeroporti e alle compagnie aeree”.