Da Massimo D’Alema a Romano Prodi, da Stefano Rodotà a Giuliano Amato: sono tutti invitati al gran ballo per salire al Quirinale. Le votazioni cominceranno domani 18 aprile: per i primi tre scrutini servità una maggioranza di due terzi (ovvero 671 membri), mentre dal quarto in poi ne basteranno 504.
I favoriti, ad oggi, sembrano essere D’Alema e Amato, espressi dal Pd ma graditi anche al Pdl e a Berlusconi. Se dovesse prevalere la logica delle larghe intese il nome del prossimo presidente della Repubblica non uscirebbe da questa rosa ristretta. Molto dipenderà dall’esito dell’atteso incontro (se sarà confermato) tra Pierluigi Bersani e Silvio Berlusconi.
Su D’Alema e Amato, però, pesano ancora diversi dubbi. Amato ha ricevuto il no di Roberto Maroni (che, oltretutto, preferirebbe un presidente donna) e anche Nichi Vendola non sembra entusiasta della sua scelta. Inoltre il passato craxiano del dottor Sottile rischia di seminare malcontento nella base dei democrat.
Discorso simile per D’Alema. Su entrambi i candidati, infatti, agisce lo stesso cortocircuito: il gradimento che riscuotono presso il centrodestra è inversamente proporzionale al successo che riscuotono presso la base elettorale del loro stesso partito. E il Pd, con un occhio anche alla possibilità di nuove elezioni, non può permettersi un’altra scelta impopolare. Inoltre, rimane da vedere se Pier Luigi Bersani sarà davvero disposto a proporre un candidato tanto ingombrante come quello dell’ex premier Massimo D’Alema che non nasconde di vedere come il fumo negli occhi l’ipotesi di un ritorno a breve alle urne.
Rimane viva l’ipotesi Cassese, stamatissimo giudice costituzionale e giurista insigne.
Se prevalessero invece logiche diverse dalle larghe intese i giochi cambieranno anche sui candidati. Dal quarto scrutinio in poi al centrosinistra, che può contare su 490 tra parlamentari e delegati, basterebbe pescare una manciata di consensi tra le liste dei grillini o dei montiani, senza guardare al gradimento del centrodestra. A quel punto il nome buono potrebbe essere quello di Romano Prodi, padre dell’Ulivo, ma esiste anche la possibilità che le forze convergano su Rodotà. Il giurista, qualora la Gabanelli dovesse declinare la sua candidatura, sarebbe il prescelto del Movimento 5 Stelle.
Per il Pd un’altra rosa irta di spine, in un percorso che si fa ogni giorno più complicato. D’Alema e Amato hanno i loro pro e i loro contro, mentre appoggiare Rodotà potrebbe voler dire, giunti a questo punto, piegarsi alla volontà del Movimento 5 Stelle, dando un segnale di debolezza. Altrimenti c’è Prodi. Oppure un outsider come Emma Bonino.
Una scelta difficile, che non può non tenere in considerazione la possibilità, affatto remota, di elezioni imminenti. Una scelta che non dovrà semplicemente tener conto delle dinamiche parlamentari e di partito, ma che dovrà anche essere popolare.