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Micossi (Assonime): “Non è la Thatcher la madre della crisi di oggi”

INTERVISTA A STEFANO MICOSSI, direttore generale di ASSONIME – “Ingiusti i giudizi liquidatori di oggi sulla Thatcher che in realtà rivoluzionò l’Inghilterra con forte spirito pragmatico – Esaltò la centralità del mercato ma i danni vennero dopo di lei quando si affermò l’idea della capacità del mercato di autoregolarsi senza bisogno di regole”.

Micossi (Assonime): “Non è la Thatcher la madre della crisi di oggi”

“Una personalità come quella della Thatcher ha aspetti politici, economici e finanziari molto complessi ma trovo ingiusto attribuire alla Lady di ferro responsabilità che sono soprattutto dei suoi successori e che non tengono conto della reale situazione dell’Inghilterra nel momento in cui la Thatcher arrivò per la prima volta alla guida del governo”. Stefano Micossi, direttore generale di Assonime formatosi alla scuola della Banca d’italia e certamente non iscrivibile sotto le bandiere del liberismo di Chicago, non ci sta a banalizzare la figura della Thatcher con giudizi sommari, anche se ne vede i limiti, soprattutto sul piano sociale. “Non dimentichiamoci – aggiunge Micossi -che l’Inghilterra che trova la Thatcher quando assume la guida del governo negli anni Ottanta era un’Inghilterra demoralizzata, fiaccata da un’alta inflazione e un’alta disoccupazione e da anni senza crescita, insomma un Paese che – a parte l’inflazione – assomigliava molto all’Italia di oggi ed è a questo Paese che la Lady di ferro somministra un terapia choc facendole però fare un salto in avanti di grandi dimensioni”.

FIRSTonline – Micossi, ma chi fu veramente la Thtacher? L’outsider che rivoluzionò l’Inghilterra privilegiando l’individuo sullo Stato e sulla società o la leader che, sposando il liberismo sfrenato della scuola di Chicago, gettò le basi dell’attuale crisi economica e finanziaria?

MICOSSI – Fu certamente la prima. Non si può attribuire a una donna che governò con una chiara visione e con forte determinazione l’Inghilterra degli anni Ottanta le responsabilità di una crisi che è scoppiata nel 2007. La Lady di ferro si trovò a fare i conti con la crisi del keynesismo e divenne l’alfiere delle privatizzazioni e del mercato ma è fondamentale capire che il suo approccio fu sempre pragmatico e non ideologioco. A conti fatti, i suoi governi rivisitarono la spesa pubblica aggredendo i corporativismi ma, numeri alla mano, la spesa pubblica non fu tagliata significativamente. La Thatcher rivisitò il perimetro del settore pubblico ma sul piano del suo funzionamento e dei suoi meccanismi piuttosto che della quantità. Sicuramente i suoi governi rigenerarono l’economia inglese aprendola al mercato e all’innovazione contro i corporativismi e le chiusure anche se in quegli anni le differenze sociali aumentarono a vista d’occhio.

FIRSTonline – Romano Prodi è convinto invece che la filosofia della Thatcher gettò le basi della crisi successiva ma, come ha scritto sul Sole 24 ore, si domanda se sia giusto attribuirne a lei la paternità o non piuttosto ai suoi “interpreti un po’ fessi”.

MICOSSI – Sì, penso anch’io che i danni siano stati fatti dopo quando la tesi sulla centralità del mercato si è trasformata in quella della capacità del mercato di autoregolarsi, senza bisogni di regole. Ma questo non è colpa della Thatcher che non era più a Downing Street da un pezzo.

FIRSTonline – In sostanza che cosa resta oggi del thatcherismo dopo la Thatcher?

MICOSSI – I punti fondamentali del pensiero e dell’azione della Thatcher restano valide se penso all’apertura all’economia di mercato, alla centralità dell’individuo, all’altolà all’invadenza dello Stato e al rifiuto delle incrostazioni corporative, burocratiche e socialistoidi dell’Inghilterra di allora. E dell’Italia di oggi.

FIRSTonline – Ma sull’Europa la Thatcher non fu tenera.

MICOSSI – Biosgna distinguere: la valorizzazione del mercato interno e il Big Bang della finanza erano perfettamente coerenti con il miglior spirito europeo. Le battaglie della Thatcher furono battaglie economiche, sul mercato, sui rimborsi di bilancio e la burocrazia. Ovviamente rifiutava il  coinvolgimento politico e istituzionale in un’Europa chiusa e considerava il Parlamento di Westminster non negoziabile in virtù di un forte orgoglio nazionale. Ma le sue posizioni sull’Europa erano ben lontane dal senso di estraniamento che spinge oggi il Regno Unito verso la porta di uscita. A quel tempo, l’Inghilterra era impegnata in Europa, anche se portava una concezione diversa da quella francese e tedesca.    

FIRSTonline – E della posizione anti-euro della Thatcher che cosa pensa?

MICOSSI – La Signora era un difensore strenuo dell’autonomia della politica economica nazionale. Peralto, va ricordato che ai suoi tempi l’euro era ancora un progetto di là da venire. Il Regno Unito poi entrò effettivamente nel meccanismo di cambio comune – lo Sme, come si chiamava allora, e mi pare che fosse una scelta del governo guidato da John Major – ma solo per venirne espulso poco dopo, nella crisi che vide coinvolta in prima linea l’Italia. E’ in questo episodio che si radica l’opposizione crescente all’euro dell’establishment inglese. Va anche riconosciuto che la presenza nel Regno Unito della piazza finanziaria più importante del mondo – cosa che fu resa possibile dalla liberalizzazione della Borsa dei primi anni Ottanta, decisa, appunto, dalla signora Thatcher -non è facilmente riconciliabile con l’adozione di una moneta comune con altri Paesi con strutture finanziarie molto meno sviluppate.  

FIRSTonline – Pensando alla guerra delle Falkland non dovremmo parlare di una linea con tratti nazionalisti più che di orgoglio nazionale?

MICOSSI – La Signora esprimeva una linea di orgoglio nazionale che non mi pare sconfinasse mai nel nazionalismo. Francamente non condivido i giudizi liquidatori di oggi: nelle posizioni della Thatcher non vedo nè nazionalismo nè populismo ma semmai l’espressione di una forte personalità ispirata da una chiara visione e da una forte determinazione politica. E, prima o poi, la storia le renderà giustizia, anche se naturalmente non è tutto oro quello che luccica.

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