Sono in aumento i manager di tutto il mondo che vedono migliorare le condizioni economiche. E la buona notizia è che c’è anche meno paura per l’eurozona. Ma i rischi non sono finiti. Ora a spaventare sono i conflitti politici domestici. Lo rivela l’ultimo sondaggio di marzo 2013 del colosso della consulenza McKinsey effettuato tra gli executive di tutto il mondo.
Se infatti, la bassa domanda dei consumatori rimane il rischio alla crescita più temuto per il prossimo anno, subito dietro sono i conflitti politici a essere percepiti dai manager come una potenziale minaccia alla crescita domestica. Lo pensa il 38% dei manager a cui si affianca chi ritiene (37%) che un ulteriore rischio arrivi dal carente supporto da parte delle politiche governative. E non si tratta di preoccupazioni passeggere: i rischi politici vengono additati come minaccia per la crescita anche dei prossimi dieci anni. Ma per l’eurozona si aggiunge un altro motivo di preoccupazione: il basso livello di innovazione.
LA SITUAZIONE ATTUALE
Rispetto a dicembre sono più numerosi i manager che ritengono che le condizioni economiche nel loro paese siano migliori di sei mesi fa. Particolarmente positivi sono gli executive dell’Asia sviluppata la cui percentuale è quasi triplicata rispetto al precedente sondaggio, sebbene fossero tra i più negativi durante il 2012. I più pessimisti rimangono i manager dell’Eurozona, ma aumenta chi rileva che le condizioni stanno migliorando: il 30% contro il 15% di tre mesi fa. Le attese per i prossimi sei mesi riflettono le percezioni attuali sullo stato dell’economia: i più positivi sul futuro sono gli indiani, i più cauti e incerti sono quelli dell’Eurozona che si dividono quasi equamente tra ottimisti, indifferenti e pessimisti.
Le preoccupazioni politiche sono particolarmente sentite per esempio negli Usa a causa del fallimento dei negoziati sui tagli automatici alla spesa pubblica che sono diventati operativi la settimana precedente al sondaggio. Ma anche in India dove il 40% vede nella transizione della leadership politica un rischio (il 18% è la media mondiale su questo aspetto).
L’aspetto positivo è che i risultati indicano che le preoccupazioni globali per l’eurozona si sono allentate. Sempre meno manager dentro l’Europa e fuori ritengono in qualche modo possibile che dei Paesi escano dall’Eurozona nel prossimo anno o che l’euro naufraghi come moneta unica. Gli stessi manager dell’Eurozona sono i meno preoccupati su questi aspetti e ritengono meno probabile un aumento del tasso di inflazione.
LA PROSPETTIVA DI LUNGO PERIODO
I rischi politici iniziano a preoccupare sempre di più i manager anche in relazione a uno sguardo di lungo periodo sui prissimi dieci anni. Questi timori sono seguiti dalle proccupazioni suiscitate dal problema dei bassi livelli di innovazione, della regolamentazione governativa e dai problemi sull’accesso al talento. La mappa dei rischi per il lungo periodo varia però sensibilmente da regione a regione. Se negli Usa il timore principale rimangono i rischi politici, nell’Asia sviluppata si è preoccupati per l’andamento della domanda, in india si teme la carenza del supporto da parte delle politiche governative mentre l’Eurozona è spaventata dai bassi livelli di innovazione. Nei Paesi in via di sviluppo le incertezze dei manager si dividono equamente tra rischi politici e innovazione.
Gli shock della prossima decade per l’economia globale? I manager sono decisi: per il 63% arriveranno dal Medio Oriente e dal Nord Africa, che sono leggermente più temuti dei volatili prezzi del petrolio (61% dei manger). Mentre si allontana il rischio Asia: i manager che ritengono che sia probabile uno shock economico nell’area nel prossimo anno sono solo il 12% contro il 30% che sposta la minaccia nella prossima decade.