Alla vigilia delle ultime elezioni, Franco Ferrarotti , padre della sociologia in Italia, ha rilasciato un’intervista al giornale belga “Le Soir” che si intitolava “Una politique che ressemblè a un cabaret”, una politica che assomiglia a un cabaret. Un titolo e un intervista profetici. “Ma – si schermisce Ferrarotti – non occorreva essere dei geni per capire dove stava e dove sta andando la società italiana”. Già, dove sta andando e che cosa c’è sotto un voto così bizzarro che sembra l’anticamera dell’ingovernabilità o del ritorno a breve a nuove elezioni? Ferrarotti è abituato a scrutare l’Italia da sempre con il rigore e la freddezza dello scienziato sociale e in questa intervista racconta le sue conclusioni a FIRSTonline. Ma non meno intriganti sono i suoi caustici giudizi sui principali protagonisti della politica italiana: da Bersani a Berlusconi a Grillo e a Monti senza dimenticare il presidente Napolitano.
FIRSTonline – Professore, Lei sostiene che il voto non sia stato una sorpresa ma i sondaggisti non ne hanno azzeccata una e Renato Mannheimer s’è giustificato dicendo che molti elettori di Berlusconi hanno nascosto le loro preferenze a chi li intervistava: come si fa a dire che era tutto annunciato?
FERRAROTTI – Ovviamente nessuno poteva indovinare le percentuali di consensi delle singole liste, ma la tendenza della società e della politica italiana erano chiare e sui sondaggi non bisognava fare troppo affidamento perché come scriveva Lubell già negli anni ’50 i sondaggi sono imperfetti per loro natura, perché fanno una fotografia istantanea della situazione ma non colgono la realtà in movimento.
FIRSTonline – E la realtà più profonda della società italiana qual è secondo Lei?
FERRAROTTI – E’ quella che ho descritto un anno fa nel mio libro “Il paradosso italiano” dove raccontavo l’Italia come un arcipelago di culture e come un Paese sempre più frammentato che vive il paradosso di essere lo specchio di una società antichissima di tremila anni in uno Stato unitario relativamente debole, recente e spesso detestabile. Per capire l’Italia e il voto delle ultime elezioni l’antropologia e la biologia contano di più delle ideologie. Anche la crisi economica conta ma non basta a spiegare l’Italia. Viviamo in un Paese che vive nell’illusione di fare a meno del potere e che non sa distinguere tra potere e autorità.
FIRSTonline – Sarà pure come dice Lei, professore, ma di novità il voto ne ha riservate tante: il boom di Grillo, il recupero di Berlusconi, la vittoria di Pirro di Bersani, la delusione di Monti. Proviamo ad analizzarle?
FERRAROTTI – D’accordo, ma lei è proprio sicuro che l’exploit di Grillo sia una vera novità? Basterebbe ricordare Masaniello e la commedia dell’arte che ha una caratteristica fondamentale: è una commedia senza trama dove le maschere vengono buttate sulla scena e improvvisano. Non conta la sostanza ma l’incoerenza e l’imprevedibilità. Le mosse di Grillo sulla scena politica erano già scritte nella commedia dell’arte e se Bersani la conoscesse meglio non si aspetterebbe da Grillo alcuna alleanza di governo. Grillo è rapidità, ubiquità, delirio di onnipotenza ma alla fine non stringe nulla, non arriva mai al sodo.
FIRSTonline – E’ illusorio anche il sogno di Grillo di una democrazia diretta basata sul web?
FERRAROTTI –E’ illusoria la democrazia diretta basata sul web come lo è la democrazia senza partiti. Mi ha molto impressionato il valore simbolico della nuotata di Grillo nello Stretto di Messina. Mi ricordava quella di Mao o l’esibizione di Mussolini alla festa del grano. Se non si accetta la consecutio temporum e non si accetta il principio di contraddizione e se si pensa di far valere il mandato imperativo del capo sui membri del Movimento 5 Stelle, il rischio che un movimento politico diventi setta e incantamento come nella commedia dell’arte è altissimo. Però, avendo avuto Renato Curcio e Mara Cagol come studenti a Trento e avendo vissuto le tragedie degli anni ’70 e 80, mi lasci dire che, pur con i suoi infiniti difetti, è meglio che sia il grillismo piuttosto che il terrorismo a calamitare lo scontento giovanile.
FIRSTonline – Lei frequenta le università e sa che il fascino del grillismo è forte sulle nuove generazioni: come lo spiega?
FERRAROTTI – Sì, è vero, ma credo che le classi dirigenti e anche la scuola debbano fare qualche autocritica. Le nuove generazioni sono affascinate dall’inedito e da tutto ciò che suscita meraviglia. Come diceva Giambattista Marino: “E’ del poeta il fin la meraviglia” ma qui stiamo discutendo di politica e di società. Il voto porta alla luce le contraddizioni di un Paese politicamente analfabeta, che legge poco i giornali e che fa un uso acritico delle nuove tecnologie. Come mi è capitato di scrivere in un recentissimo libro siamo “un popolo di frenetici informatissimi idioti”. Non basta smanettare su Internet per capire.
FIRSTonline – E il recupero di Berlusconi se l’aspettava?
FERRAROTTI – A differenza di Grillo, Berlusconi pesca in un’Italia più profonda e intercetta alcune tendenze congenite della cultura mediterranea: l’astuzia callida, l’individualismo amorale, l’inventiva che inganna e si impadronisce del vero potere, l’elusione fiscale, il fascino del grande seduttore e del grande Casanova che sconfina nel meretricio ma anche del grande corruttore. Però, attenzione: in Berlusconi c’è carisma, il carisma della ricchezza e del robusto conto in banca che seduce tanti italiani.
FIRSTonline – E di Bersani che cosa pensa?
FERRAROTTI – Mi sembra un onesto testardo con venature di bigottismo settario. Ai miei occhi, Bersani incarna lodevoli virtù provinciali tipiche della sua terra d’origine ma non ha il carisma del leader e, alla fine, le sue virtù rivelano limiti intellettuali insormontabili. Come dicevo prima, se conoscesse meglio la commedia dell’arte non farebbe gli errori tattici che sta facendo con Grillo: non s’è mai visto un leader che nega in partenza di avere un piano B regalando ai propri interlocutori un vantaggio negoziale incredibile. L’autodilaniamento della sinistra e l’arretratezza dei sindacati fanno il resto.
FIRSTonline – S’immaginava il flop elettorale di Monti?
FERRAROTTI – Con le dolorose misure che è stato costretto a prendere per salvare l’Italia dalla bancarotta è già molto che a Monti non abbiano dato la cicuta come a Socrate. Ha raccolto poco meno di 3 milioni di voti che non sono pochi. Ha certamente manifestato limiti politici e ha dovuto battersi in un contesto sfavorevole ma è già un buon risultato non essere sparito dalla scena politica. Tanto più che in campagna elettorale non ha promesso l’Eden ma ha detto la verità, anche quando era sgradita. SuperMario Monti merita grande ammirazione e resta una riserva della Repubblica che mi piacerebbe vedere al Quirinale dopo il grande King George Napolitano.
FIRSTonline – Professore, come andrà a finire, secondo Lei, la partita post-elettorale’
FERRAROTTI – Oggi non lo può sapere nessuno, ma penso che ci attenda un prolungato periodo di stallo e di arresto del movimento politico italiano. Qualche giorno fa un giovane studente mi ha ricordato il caso del Belgio che è vissuto tranquillamente senza governo per uno o due anni. Ma noi non siamo il Belgio perché là c’è la Casa regnante che assicura continuità mentre da noi c’è il vuoto. E se non ci fosse stato Napolitano, ci sarebbe stato l’abisso.