La Cina si trova più spesso sul banco degli accusati che su quello degli accusatori, per quanto riguarda le controversie commerciali internazionali. Ma oggi le autorità cinesi hanno accusato le tre più grandi società minerarie mondiali – l’australiana Bhp Billiton, l’anglo-australiana Rio Tinto e la brasiliana Vale – di collusione e di manipolazione dei prezzi del minerale di ferro. L’accusa, da parte dell’agenzia di pianificazione economica, è quella di aver manipolato il mercato così da forzare aumenti del 70% nel prezzo del minerale. Pr esempio, il dito è puntato contro l’acquisto, da parte della BHP, di una partita di 100mila tonnellate nella borsa merci di Singapore, a gennaio, con l’obiettivo di rafforzare i prezzi.
La società si difende dicendo che è pratica normale di bilanciare acquisti e vendite in un mercato soggetto a forte volatilità. Ma i produttori di acciaio cinesi sono in difficoltà, davanti a prezzi che sono passati da 86,70$ a tonnellata a settembre 2012 a 158,90 a febbraio (adesso sono intorno ai 145$).
Tuttavia i livelli di settembre erano anomali e i prezzi sono tornati verso le quotazioni di inizio anno. Gli esperti affermano che le grandi società possono operare al margine, accompagnando la tendenza di fondo, ma non possono cambiare un trend determinato dai fondamentali di domanda e di offerta. La fame di materie prime dell’industria cinese e le loro politiche di riduzione e gonfiamento degli stock sono i principali determinanti delle variazioni nel prezzo del minerale di ferro.