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Il contratto Fiat innova le relazioni industriali: costi invariati per l’azienda, più soldi in busta

Il nuovo accordo Fiat-sindacati cambia l’assetto della contrattazione sulla scia dell’intesa di Pomigliano: la parte economica si rinnova ogni anno e non ogni tre, i costi per l’azienda restano stabili ma in busta paga arrivano più soldi – Più flessibilità e più esigibilità per l’azienda e nuovo salario di produttività per i lavoratori

Il contratto Fiat innova le relazioni industriali: costi invariati per l’azienda, più soldi in busta

L’ accordo di rinnovo dello specifico contratto nazionale di lavoro che Fiat applica in tutte le proprie realtà da gennaio 2012 in sostituzione dei contratti confindustriali (non solo quello dei metalmeccanici , ma anche, sulla base delle attività delle singole aziende, quello della gomma plastica, dei trasporti o delle telecomunicazioni) completa quel percorso di cambiamento nel sistema degli assetti contrattuali e delle relazioni industriali che Fiat aveva iniziato a giugno 2010 con l’ accordo di Pomigliano.

Il rinnovo della parte economica riguarda infatti solo l’ anno in corso e non i tre anni di vigenza contrattuale e trasforma i nuovi importi da costi fissi a costi variabili, mediante una ristrutturazione dei vecchi premi di produzione, i cui importi erano da oltre un decennio cristallizzati, consolidandone una parte (40 euro medi mensili) come incremento della paga base mentre la parte restante dei vecchi premi e l’ importo variabile pagato nel 2012 (600 euro annui) sono conglobati e trasformati in un incentivo di produttività (120 euro medi mensili) legato alla presenza : in sostanza per l’ azienda il costo teorico strutturale viene mantenuto costante a quello del 2012, mentre per i lavoratori la busta paga si fa più pesante potendo beneficiare della tassazione agevolata sugli importi del premio variabile.

Con questo rinnovo contrattuale Fiat, orientandosi verso una contrattazione economica annuale anziché triennale come previsto nel sistema italiano, si avvicina ulteriormente, e non poteva essere diversamente, ai modelli contrattuali prevalenti in molti paesi europei e americani.

Le spaccature insanabili tra sindacati antagonisti e riformisti, che portano, anche a livello di contrattazione nazionale e interconfederale, all’ impossibilità di trovare soluzioni condivise (basti pensare che la Cgil non ha firmato due dei tre ultimi accordi interconfederali o la Fiom non ha firmato tre degli ultimi quattro contratti dei metalmeccanici), la necessità di avere maggiori flessibilità per poter competere in modo efficace sui mercati e, soprattutto, certezze sull’ applicabilità e sulla esigibilità delle intese sottoscritte sono stati i motivi che hanno spinto la Fiat a ricercare soluzioni compatibili con il mutato quadro di riferimento determinato dalla crisi globale iniziata a partire dal 2008, che ha stravolto i mercati e per la prima volta ha toccato contemporaneamente in Europa tutti i settori di attività del Gruppo.

Ottenere il rispetto degli accordi sindacali era la principale criticità che si poteva riscontrare nel sistema di negoziazione consolidato in cui tutto era rinegoziabile, anche in presenza di regole contrattuali ben definite, con comportamenti che nei fatti disattendevano gli accordi sottoscritti. Da tempo Fiat manifestava la necessità che le intese fossero rispettate dal sindacato e non sistematicamente ignorate o ricontrattate quando le esigenze aziendali ne richiedevano l’ applicazione (clamorosi i casi di sciopero dei sabati straordinari liberi contrattualmente previsti). La sfida al sistema avviene con il caso Pomigliano quando Fiat scommette sulla capacità di competitività del sistema industria Paese, chiedendo in cambio di avere maggiore flessibilità nell’ utilizzo impianti e certezza ed esigibilità dei “patti” sottoscritti con il sindacato. Per fare ciò occorreva, per un verso, che ci si liberasse da quei vincoli sindacali che in una economia di mercato costituiscono inutili freni e che, per l’ altro verso, si potesse operare in un quadro di certezza e di condizioni simili a quelle che esistono in tutto il resto del mondo. In questo senso va letta l’ uscita di Fiat dal sistema contrattualistico confindustriale, avvenuta due anni fa, e la decisione di applicare ai propri lavoratori, con una ridefinizione delle normative sul lavoro coerenti con le nuove e più pressanti condizioni di mercato, uno specifico contratto collettivo nazionale di lavoro, sottoscritto nel dicembre 2010 con i sindacati nazionali, ad esclusione di Fiom-Cgil, in sostituzione dei contratti confindustriali di categoria precedentemente applicati, a partire da quello dei metalmeccanici.

I punti qualificanti del contratto Fiat, approvato dalla maggioranza dei rappresentanti sindacali e dei lavoratori con i referendum di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco, riguardavano: definizione di una nuova paga base più elevata dei precedenti livelli contrattuali metalmeccanici introduzione di un Premio di Competitività collegato agli incrementi di redditività, produttività ed efficienza ed erogato sulla effettiva presenza al lavoro diverse modalità di utilizzo flessibile degli impianti, sino a 18/21 turni formulazione degli orari di lavoro plurisettimanali, con 40 ore considerate come orario medio un pacchetto di 120 ore/anno di lavoro straordinario senza preventivo accordo sindacale, pari a 15 sabati produttivi nuova classificazione del personale, strutturata su cinque gruppi professionali in sostituzione delle sette categorie professionali del contratto dei metalmeccanici possibilità di ricorrere al demansionamento in ragione delle esigenze tecniche-organizzative e produttive estensione di una nuova organizzazione del lavoro (sistema Ergo UAS) per il miglioramento della postazione ergonomica di lavoro, in sostituzione del classico sistema tayloristico individuazione di misure per fronteggiare l’ abuso della malattia da parte degli “assenteisti” definizione di un nuovo sistema di relazioni sindacali partecipative e di nuove regole per la rappresentanza sindacale aziendale adozione di una “procedura di raffreddamento” per prevenire e risolvere i conflitti collettivi introduzione di una “clausola di responsabilità”, e relative sanzioni, per formalizzare l’ impegno assunto dai sindacati firmatari al rispetto di tutte le clausole del contratto nazionale (cosa che, peraltro, dovrebbe essere di assoluta normalità in un sistema di rapporti civili, oltre che nel diritto delle obbligazioni, ma che la Fiom, non firmataria, ha considerato un attacco ai diritti costituzionalmente garantiti del sindacato e dei lavoratori).

E’ sufficiente scorrere velocemente questi punti per comprendere che il contratto Fiat ha segnato negli ultimi due anni, che lo si voglia ammettere o meno, il dibattito politico-sindacale nel nostro Paese e la loro gran parte, per non dire tutti, sono stati recepiti o dalla legislazione sul lavoro, dall’ art. 8 della “manovra d’ agosto” del 2011 alla legge Fornero sul mercato del lavoro, o dagli accordi interconfederali del giugno/settembre 2011 sulla rappresentanza e del novembre 2012 sulla produttività, o infine dai rinnovi non solo dei contratti nazionali di lavoro dei settori industriali, dal metalmeccanico alle telecomunicazioni, ma anche, ad esempio, dai contratti del credito e del commercio.

Con l’ introduzione di un nuovo salario di produttività e con una paga base più elevata di quella prevista dal contratto nazionale dei metalmeccanici , oltre alla conferma di tutti gli aspetti normativi già definiti (straordinario, flessibilità, ecc…), l’ attuale rinnovo del contratto Fiat accentua dunque ulteriormente la sua caratterizzazione aziendale, orientandosi sempre più verso una contrattazione annuale con un modello simile a quello degli altri paesi europei e del resto del mondo in cui è presente.

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