Per portare il Monte dei Paschi fuori dalla tempesta sarà necessario commissariarlo o addirittura nazionalizzarlo almeno temporeamente? L’idea, giusta o sbagliata che sia, non è peregrina e non è nata in una mente statalista ma in quella di un economista raffinato come Giacomo Vaciago, accademico di lungo corso alla Cattolica e chiamato spesso a fare da consulente al Tesoro o alla banca centrale. Vaciago l’ha lanciata nell’intervista concessa venerdì a FIRSTonline, ispirandosi alle best practices internazionali e l’ha spiegata così: “Dobbiamo fare come hanno fatto a Washington, a Londra e a Stoccolma. Di fronte a crisi così gravi, una banca va salvata con una temporanea – e ripeto: temporanea – nazionalizzazione. Non bisogna avere paura delle parole e nemmeno diventare prigionieri delle ideologie: quando hanno deciso la parziale e temporanea nazionalizzazione delle banche, non è che Usa, Gran Bretagna e Svezia siano improvvisamente impazziti o siano diventati statalisti. Via non scherziamo: piuttosto che prestare soldi con i Tremonti bond o con i Monti bond a una banca che non si sa più che cosa sia o di chi sia come il Monte dei Paschi, è meglio seguire la via più lineare attraverso cui lo Stato entra e nazionalizza la banca per un certo tempo ed esce non appena la banca è risanata e sta in piedi con le sue gambe”. Per avviare la temporanea nazionalizzazione il commissariamento della banca da affidare ad Alessandro Profumo e a Fabrizio Viola sarebbe, a giudizio di Vaciago, la via maestra.
Di commissariamento e di nazionalizzazione del Monte s’è parlato a lungo anche nell’assemblea straordinaria di ieri a Siena che ha approvato l’aumento di capitale e il ricorso ai Monti bond, 2 miliardi di euro che la banca dovrà restituire allo Stato al tasso del 9 per cento. E la nazionalizzazione ha già acceso gli animi e sta scaldando il confronto tra gli studiosi. FIRSTonline ha chiesto un parere ad accademici del calibro di Filippo Cavazzuti, Giovanni Ferri, Giulio Sapelli e Gustavo Visentini. Ecco i loro punti di vista.
SAPELLI: COMMISSARIARE E NAZIONALIZZARE PER VOLTARE PAGINA – Favorevolissimo alla nazionalizzazione è uno dei più celebri storici dell’economia, Giulio Sapelli, ordinario all’Università Statale di Milano e grande conoscitore della realtà senese per essere stato una decina di anni fa commissario straordinario della Fondazione Mps e aver steso il suo nuovo statuto. Spiega: “C’è una tendenza storica generale e una situazione particolare come quella di Siena che spingono in direzione del commissariamento e della nazionalizzazione. Come negli anni ’30 siamo di fronte al fallimento dei privati ma soprattutto della politica nella gestione della banca, che a Siena è stata sempre dominata da gruppi di potere e da logge massoniche che ne hanno impedito la corretta gestione. Nazionalizzare può diventare l’occasione per rompere questa logica perversa e per spezzare il cordone ombelicale che lega Mps alla politica ma anche per liberare Siena dalla dipendenza del Monte. Però – aggiunge Sapelli – se si cambia bisogna farlo fino in fondo e se occorre passare attraverso una fase di commissariamento bisogna fare piazza pulita della vecchia e della nuova guardia del Monte e affidarsi a nuovi gestori: per Siena e per Mps può essere un’occasione liberatoria straordinaria”
CAVAZZUTI: NIENTE DEFAULT, NIENTE NAZIONALIZZAZIONE – Di tutt’altro avviso è invece Filippo Cavazzuti, economista della scuola bolognese di Andreatta, già parlamentare e sottosegretario al Tesoro con Ciampi e poi commissario Consob: “Ma Mps – obietta – non è la Northern Rock e, se si analizza il rapporto impegni-patrimonio della banca, non mi pare che il Monte sia sull’orlo di un default o che abbia una crisi di liquidità. Vedo attorno alla banca molta drammatizzazione e sarebbe opportuno che la Banca d’Italia spedisse subito una nuova delegazione di ispettori a Siena per fare un quadro aggiornato della situazione anche alla luce dei documenti sui derivati che sono stati di recente rintracciati ma, francamente, non vedo la necessità né commissariare la banca né di arrivare a una sia pur temporanea nazionalizzazione. Personalmente mi sembra che Profumo e Viola stiano facendo un buon lavoro di ricostruzione e penso che debbano proseguire”.
VISENTINI: NO ALLA NAZIONALIZZAZIONE, SI A NUOVE REGOLE DEL GIOCO – Contrario alla nazionalizzazione della banca senese è anche Gustavo Visentini, avvocato e ordinario di diritto commerciale alla Luiss: “La nazionalizzazione di Mps non serve mentre è da valutare la possibilità di ricorrere o meno al commissariamento della banca: spetta alla Banca d’Italia stabilire se ci sono o no le condizioni in relazione alla consistenza del capitale. Se si dovesse arrivare al commissariamento bisognerebbe anche individuare persone nuove a cui affidare un compito del genere. Ma, al di là dell’emergenza, è urgente voltare pagina e cambiare le regole del gioco uscendo dalle ambiguità di una economia mista per arrivare finalmente a una economia di mercato e a un vero Stato di diritto”.
FERRI: NAZIONALIZZAZIONE PURCHE’ TEMPORANEA – “Le nazionalizzazioni –osserva infine Giovanni Ferri, ordinario di economia politica alla LUMSA di Roma e già Banca d’Italia e Banca Mondiale – sono state usate da vari Paesi, anche occidentali, e possono salvaguardare la banca e addirittura tradursi in un buon investimento per lo Stato. Nel caso di Mps una temporanea nazionalizzazione potrebbe favorire il recupero dell’immagine, necessaria a mantenere la credibilità specie nei confronti dei depositanti e assicurare che ogni supporto di Stato avvenga secondo criteri di equità e trasparenza. C’è però qualche controindicazione: le nazionalizzazioni nascono sempre temporanee ma poi, specie in Italia, non si trova il modo di tornare velocemente alla gestione privata e la gestione pubblica è generalmente meno efficiente. Inoltre, il controllo politico sul credito pare essere parte del problema più che della soluzione. Tuttavia, mi sembra che prevalgono le considerazioni a favore di una nazionalizzazione temporanea di Mps, anche se quelle contro non vanno dimenticate”.