Non più “designed in California, made in China”. Tim Cook, amministratore delegato di Apple, ha annunciato che dall’anno prossimo la Mela produrrà una linea di computer esclusivamente negli Stati Uniti. Il gigante di Cupertino cede così alle critiche che lo accusavano di contribuire ben poco al rilancio dell’occupazione americana.
“Stiamo lavorando da anni per sostenere di più gli Stati Uniti – ha detto Cook in un’intervista alla Nbc -. Abbiamo già creato oltre 600 mila posti di lavoro negli Stati Uniti”. Fin qui però si trattava solo di persone impiegate nei punti vendita, nella creazione delle applicazioni e nelle attività di ricerca e sviluppo.
La produzione di Apple in Cina ha fatto molto discutere negli ultimi anni, soprattutto per i diversi suicidi legati alle difficili condizioni di lavoro negli impianti cinesi di Foxconn, dove viene prodotta la maggior parte degli iPad e degli iPhone.
L’azienda di Cupertino, per rispondere alle critiche, si è affidata all’organizzazione non profit Fair Labor Association per controllare le condizioni di lavoro negli stabilimenti del fornitore cinese. Cook, tuttavia, non ammette di voler continuare a produrre in Cina soltanto per sfruttare la manodopera più economica: “Non è molto per il costo”, ha detto, “è soprattutto per le abilità dei dipendenti”.
Poco dopo l’annuncio di Apple, Foxconn Technology Group, principale fornitore di Apple con base a Taiwan, ha dichiarato ieri di volersi espandere in Nord America. “Vogliamo produrre di più negli Stati Uniti perché in generale i nostri clienti vogliono più made in Usa”, ha spiegato il portavoce di Foxconn, Louis Woo, a Bloomberg.
Il gruppo taiwanese, con 1,6 milioni di impiegati, ha già fabbriche di componenti in California e Texas. Al momento è il principale produttore di iPod, iPad e iPhone. Sebbene la convergenza delle dichiarazioni di Apple e Foxconn non sembri casuale, non è stata espressa alcuna intenzione, da parte di Apple, di incaricare l’azienda taiwanese per la sua produzione in Usa.