E’ più violento un intervento a gamba tesa che colpisce prima il pallone e poi l’avversario, oppure uno striscione lungo una curva intera che recita, con un cinismo da brividi, “noi di Torino orgoglio e vanto, voi soltanto uno schianto” (con riferimento alla tragedia di Superga, dove nel 1949 l’intera squadra del Torino perse la vita in un incidente aereo)? Non è un interrogativo retorico, perché il rito del derby torinese ruota tutto attorno a questa linea di demarcazione. Fiumi di parole declinate e scritte dai vari commentatori deputati, per stigmatizzare la follia di un giocatore che ha “rischiato” di fare molto male all’avversario, ma non lo ha fatto e scusate se è poco, e quasi nulla sul tempo infinito nel quale giocatori e tifosi non bianconeri hanno dovuto convivere con quella scritta terribile.
Gli uni a giocare, gli altri a tifare e tutti con quell’avvertimento incombente: non vi affannate troppo perché nel vostro destino c’è solo uno “schianto”. Una scritta la cui responsabilità non può essere circoscritta a pochi stolti esagitati. Lo Juventus stadium è una macchina perfetta. Nulla può accadere che non sia sotto il controllo sapiente e rigoroso della celebrata organizzazione juventina. E’ un vanto per la società, per la città, per il sindaco che con amore ne accarezza e favorisce lo sviluppo anche commerciale, è il segno del nuovo corso tenacemente affermato dal giovane Agnelli. Ma tutto è miseramente naufragato nella notte di sabato.
Quello striscione non andava pensato, non doveva essere esposto, non doveva essere tollerato, doveva essere immediatamente fatto rimuovere. Nessuno ha avvertito il dovere morale di un gesto di civiltà. Eppure in tribuna c’erano tutti, ma proprio tutti, i vertici della Juventus. E tutti sono scattati in piedi quando il “folle” Glik ha colpito prima il pallone e poi l’avversario bianconero. Ma tutti, proprio tutti, hanno guardato senza nessuno scatto di repulsione le parole incise su quei trenta metri di vergogna. Il salotto buono ha trasmesso messaggi cattivi con la compiacenza dei chierici variamente titolati. Non è stato un bel derby per me granata della diaspora, ma non lo è stato per tutti quanti continuano a sperare in un Paese più civile.