Per effetto della recessione, nei quattro anni che vanno dalla metà del 2008 alla metà del 2012 il reddito disponibile delle famiglie italiane, valutato al netto dell’inflazione, è sceso di nove punti percentuali. In termini reali, il potere d’acquisto degli italiani è pari a quello che era alla metà dell’anno Duemila. Siamo tornati indietro di dodici anni. Oltre ai valori deflazionati, scendono anche i redditi nominali. Moltiplicando per quattro il dato Istat del secondo trimestre si ottiene che il valore annuo del reddito disponibile delle famiglie italiane, al lordo dell’inflazione, è oggi pari a 1.039 miliardi di euro. Quattro anni fa, all’inizio della recessione, lo stesso valore era pari a 1.069 miliardi. Mancano all’appello trenta miliardi. Mal contato, dividendo per i sessanta milioni di residenti, il reddito disponibile pro-capite è oggi più basso di quello del 2008 di 500 euro a testa, il tre per cento in meno su un valore medio annuo di circa diciassettemila euro.
Nella storia economica dell’Italia unita è difficile trovare un periodo di così intensa e protratta caduta del reddito degli italiani. Prendendo come indicatore il valore reale del Pil pro-capite, la flessione prodotta dalla successione tra le due recessioni iniziate nel 2008 e nel 2011 supera largamente le contrazioni degli anni Novanta e degli anni Settanta dello scorso secolo. Rimane comunque inferiore alla caduta intervenuta nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, quando il Pil pro-capite reale praticamente si dimezzò nel volgere dei sei anni intercorrenti tra il 1939 e il 1945.
Ad attenuare le ripercussioni economiche e sociali della grave recessione è oggi soprattutto il risparmio. Non tanto il nuovo risparmio, difficile da formare in tempi così difficili, quanto il risparmio accumulato dalle generazioni passate. E’ la ricchezza delle famiglie italiane che oggi, più di ogni altra risorsa, svolge un ruolo di essenziale ammortizzatore economico e sociale.
Al primo trimestre del 2012 la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane ammonta a 3.555 miliardi di euro. Al netto di debiti che alla stessa data sono pari a 832 miliardi, la ricchezza netta degli italiani si colloca intorno ai 2,7 trilioni di euro. Rispetto a quattro anni fa c’è un calo che supera i duecento miliardi di euro e che si avvicina all’otto per cento del totale. Nondimeno, nonostante le riduzioni dovute alle recessioni e alla crisi, la ricchezza finanziaria a disposizione delle famiglie italiane rimane significativamente più alta rispetto a quanto rilevato in altri paesi europei. La ricchezza finanziaria netta – quindi, debiti finanziari e componente immobiliare esclusa – vale 2,4 volte il reddito disponibile delle famiglie in Italia contro solo 1,1 volte in Spagna e 1,8 volte in Germania, 2 volte in Francia e 1,9 volte nella media dell’Area euro.
Risparmio e ricchezza sono risorse essenziali per gettare un ponte tra le difficoltà odierne e la ripresa futura. Esattamente venti anni orsono, in un suo intervento in occasione della Giornata Mondiale del Risparmio del 1992, Carlo Azeglio Ciampi affermava che “la scelta del risparmiare (…) rappresenta la spinta a guardare oltre il presente, a precostituire, non solo per se stessi, ma per i propri figli, per le generazioni future, per la società civile condizioni di sicurezza”. Oggi precostituire condizioni di sicurezza per l’economia e la società vuol dire soprattutto contribuire attivamente al ritorno della crescita.
La priorità della crescita, senza cui non può esservi vera stabilità, è una tensione a cui volgere sempre più il nuovo risparmio e le forme di investimento della ricchezza accumulata nel passato. Aprendo il suo intervento per la celebrazione della Giornata Mondiale del Risparmio del 2012 nei giorni scorsi il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha sostenuto che il risparmio è materia prima fondamentale per lo sviluppo equilibrato di un paese in quanto “permette di finanziare gli investimenti senza che ne risultino sbilanci nei conti con l’estero”. Riannodare i legami fra il risparmio e la ricchezza delle famiglie e gli investimenti produttivi rappresenta oggi una sfida cruciale. Gli investimenti fissi lordi delle imprese sono infatti la componente del Pil che accusa
La priorità della crescita, senza cui non può esservi vera stabilità, è una tensione a cui volgere sempre più il nuovo risparmio e le forme di investimento della ricchezza accumulata nel passato. Aprendo il suo intervento per la celebrazione della Giornata Mondiale del Risparmio del 2012 nei giorni scorsi il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha sostenuto che il risparmio è materia prima fondamentale per lo sviluppo equilibrato di un Paese in quanto “permette di finanziare gli investimenti senza che ne risultino sbilanci nei conti con l’estero”. Riannodare i legami fra il risparmio e la ricchezza delle famiglie e gli investimenti produttivi rappresenta oggi una sfida cruciale. Gli investimenti fissi lordi delle imprese sono infatti la componente del Pil che accusa la caduta più forte dal 2008.
Il rilancio degli investimenti è condizione necessaria per il recupero della produttività e della competitività. Rilanciare gli investimenti passa anche attraverso un coinvolgimento maggiore e più diretto della ricchezza delle famiglie nel sostegno a quel segmento di imprese italiane capaci di innovare e di crescere sui mercati mondiali. Al primo trimestre di quest’anno la porzione investita in azioni quotate dei 3.555 miliardi di euro di ricchezza delle famiglie italiane ammontava ad appena 63 miliardi, meno del due per cento. Forse è un po’ poco.