Per tutti gli amanti del basket più spettacolare del mondo finalmente l’attesa è finita, la scorsa notte è partita la stagione dei fenomeni dell’NBA e, terminata la lunga preseason, si è iniziato a fare sul serio.
La prima palla a due è stata alzata subito dopo la mezzanotte italiana e ha visto di fronte Cleveland e Washington, 94-84 il risultato finale per i Cavs, ma il clou di questa opening night è arrivato un’ora dopo quando i campioni in carica dei Miami Heat hanno ospitato i grandi rivali dei Boston Celtics, in una sfida dal sapore particolare soprattutto per il 37enne Ray Allen, passato in estate a Miami dopo non aver accettato di firmare il rinnovo con Boston, squadra con la quale negli ultimi sei anni è stato assoluto protagonista formando con Paul Pierce e Kevin Garnett i Big Three e contribuendo a riportare nel 2008 il titolo nella franchigia più vincente della lega, ma che mancava dal 1986. Il cambio di maglia del miglior tiratore da tre della storia dell’NBA ha destato molto clamore proprio per il fatto di essere andato dall’altra parte della barricata, in quella stessa squadra che negli ultimi anni ha sfidato più volte quando le loro strade si sono incrociate nei playoff, come nella combattutissima finale di conference dell’anno scorso, alla fine vinta 4-3 dagli Heat. Il motivo della sua decisione (oltre a quello di provare a vincere un altro titolo andando a giocare nella squadra sulla carta più forte) sarebbe nato da dei dissapori con l’ex compagno Rajon Rondo, ma il giocatore non sembra essersi lasciato nel migliore dei modi non solo con lui visto che Garnett ha addirittura dichiarato di aver cancellato da subito il suo numero sulla rubrica, da parte sua Allen ha ribadito come oramai i Celtics siano il passato e di essere concentrato più che mai sul suo presente in Florida.
Dalle parole è passato al campo, infatti con i suoi 19 punti ha contribuito alla vittoria della sua nuova squadra per 120 a 107 sui suoi ex compagni bianco verdi, che al suono della sirena finale non l’hanno degnato neanche di uno sguardo e sono rientrati di corsa negli spogliatoi. Miami è stata davanti fin dall’inizio e ha gestito saldamente tutto l’incontro assestando l’allungo decisivo nel terzo quarto, prima di respingere nel finale un tentativo di rimonta di Boston, scaturito dal brasiliano Barbosa protagonista di un incredibile ultimo periodo nel quale ha messo a referto tutti i suoi 16 punti. Per gli Heat prova solida da parte dei suoi big three : James, ancora dolorante alla caviglia, ha chiuso con 26 punti, Wade è stato il best scorer con 29 e ha tagliato il traguardo dei 15000 punti in carriera, mentre Bosh ha contribuito con 19 punti, da segnalare anche il buon esordio in maglia Heat di Rashard Lewis (10 punti). Per i Celtics, invece, il migliore è stato Pierce, che ha dimostrato con i suoi 23 punti che anche quest’anno sarà lui il leader della squadra e se ci sarà da dare del filo da torcere a Miami non si tirerà certo indietro, aiutato dal genio di Rajon Rondo, 20 punti ieri notte.
Prima dell’inizio della partita è avvenuto il rituale della consegna degli anelli ai giocatori che hanno trionfato lo scorso giugno ed è stato issato sul soffitto dell’AmericanAirlinese Arena lo stendardo celebrativo della vittoria del titolo, il secondo per Miami dopo quello del 2006. Finita la cerimonia, però, i giocatori di coach Spoelstra non si sono distratti e hanno voluto completare la loro serata non rischiando di ripetere quello che accadde alla prima partita dopo la consegna degli anelli di sei anni fa, quando vennero sconfitti malamente da Chicago 108 a 66 (anche se di quella formazione oggi sono rimasti solo Dwayne Wade e Udonis Haslem).
Gli Heat sono ancora i grandi favoriti alla vittoria finale, il loro roster è rimasto pressoché invariato e, come detto, hanno aggiunto Allen al loro super trio James-Wade-Bosh (con quest’ultimo che con l’arrivo dell’ex Celtics giocherà stabilmente da centro). LeBron James, nominato tre volte Mvp nelle ultime quattro stagioni, dopo il successo dello scorso anno si è finalmente tolto il peso di essere definito un non vincente e ormai, a quasi 28 anni, sembra aver raggiunto una forza e una maturazione tali che lo porteranno senz’altro a vincere ancora altri titoli e presumibilmente non pochi, lui, “il Prescelto”, intanto si è limitato a dire di voler diventare il migliore di sempre. A est, dietro Miami è difficile eleggere una vera e propria antagonista che spicchi sulle altre, ma si può parlare di un gruppo di ottime squadre che durante la stagione potranno crescere e dire la loro.
Ovviamente non si possono non tenere in considerazione gli stessi Boston Celtics, coach Doc Rivers si affiderà ancora una volta all’estro di Rondo e ai “vecchietti” Pierce e Garnett, che quest’anno avranno il compito di fare da chioccia a un gruppo di giovani talenti, uno su tutti l’ex stella di Ohio State Jared Sullinger, sceso alla ventunesima scelta dell’ultimo draft per via dell’altezza un po’scarsa e della schiena un po’malconcia, ma che in questi mesi ha già dimostrato il suo enorme talento. Ad occupare il tassello lasciato libero dall’addio di Allen è arrivato da Dallas l’esperto Jason Terry. Il roster più completo e più collaudato potrebbero avercelo ancora i Chicago Bulls, la squadra che ha avuto il miglior record nelle ultime due regular seasons e che due anni fa è andata ad un passo dal tornare a giocarsi le finali, ma che fino a febbraio non potrà contare sulla sua stella Derrick Rose (MVP 2011), ancora convalescente dopo l’operazione di questa estate al legamento crociato del ginocchio rotto durante il primo turno dei playoff contro Philadelphia, episodio che ha compromesso il proseguo del cammino dei Bulls ai turni successivi. La sorpresa, o meglio la conferma dopo la bella stagione scorsa, potrebbero essere gli Indiana Pacers, team che senza troppi proclami è riuscito a creare un bel gruppo solido di ottimi giocatori e che portano molti centimetri sotto canestro, tra cui spiccano Roy Hibbert, Danny Granger e Paul George.
E poi c’è molta curiosità per la sfida newyorkese tra i Knicks e i nuovi arrivati Brooklyn Nets, trasferitisi da New Jersey e tra i cui proprietari figura anche il famoso rapper Jay-Z. Per quanto riguarda i primi, le cui sorti sono legate alle giocate di Carmelo Anthony e Stoudemire, si ha la sensazione che almeno ancora per quest’anno il circo mediatico esterno avrà ancora la meglio sui risultati in campo, senza dimenticare che il roster ha perso quel Jeremy Lin che nella seconda parte della passata stagione è improvvisamente esploso facendo impazzire tutti i tifosi della Grande Mela con la sua Linsanity, ma che in estate ha firmato con Houston un contratto da 25,1 milioni di dollari, cifra che New York non ha potuto pareggiare avendo già chiuso un importante affare con Portland per riprendere Felton, il playmaker che prenderà il posto proprio di Lin, ragazzo che è sì stato capace di infilare una serie di partite pazzesche (iniziata proprio contro i Nets) ma che deve ancora confermare tutto il suo valore. Attorno ai nuovi arrivati, invece, c’è grande entusiasmo, il giocatore su cui fare affidamento è sicuramente Deron Williams, che ha dichiarato che giocare a New York è qualcosa di speciale, e il proprietario Mikhail Prokhrov ha promesso la conquista dell’anello nel giro di tre anni, intanto il primo derby è fissato già giovedì notte nel futuristico Barclays Center di Brooklyn.
A ovest nella notte si è giocata la terza e ultima partita di questa serata inaugurale della stagione 2012-2013, quella tra gli attesissimi Los Angeles Lakers e i Dallas Mavericks. I gialloviola sono stati sconfitti sul proprio parquet per 99-91 e se si considerano le partite di preseason questo è stato il nono passo falso consecutivo per Bryant e compagni, niente di tragico, ma una brutta serie negativa da fermare al più presto. Davanti a tifosi eccellenti del calibro dei cantanti Katy Perry e Adam Levine, dei calciatori David Beckham e Robbie Keane e del pugile Floyd Mayweather (solo per citarne alcuni), che non si sono voluti perdere il primo incontro allo Staples Center, i grandi favoriti di quest’anno per sfidare Miami si sono arresi ai texani privi di Dirk Nowitzki, alle prese ancora con dei problemi al ginocchio, e che sono ormai lontani parenti del gruppo che divenne campione soltanto due anni fa. Per Dallas una bella prova di squadra con sei giocatori in doppia cifra (miglio realizzatore Collison con 17 punti), mentre per Los Angeles da registrare 45 punti per la premiata ditta Bryant-Gasol, oltre a 19 punti per Dwight Howard e 7 per Steve Nash, i due grandi colpi di mercato di quest’estate.
I Lakers, secondo la stragrande maggioranza degli addetti ai lavori, quest’anno vengono identificati come coloro che contenderanno fino alla fine il titolo ai Miami Heat, poiché a Bryant e Gasol (che nelle ultime stagioni troppo spesso si sono ritrovati a lottare da soli) hanno affiancato uno dei playmaker più forti degli ultimi vent’anni, un folletto canadese amante del calcio che a 38 anni è ancora in splendida forma e che con la sua intelligenza primeggerebbe in qualsiasi altro sport praticabile, ovvero Steve Nash, e il miglior difensore e centro più forte degli ultimi anni, ovvero Superman Dwight Howard, strappato agli Orlando Magic e per il quale è stato sacrificato Andrew Bynum, dirottato a Philadelphia. Con l’aggiunta di Metta World Peace formano un quintetto straordinario che sulla carta dovrebbe essere perfetto, con forse i migliori giocatori della lega per ogni ruolo, quindi per Kobe potrebbe essere veramente questo l’anno buono per arrivare al sesto anello come Michael Jordan.
I rivali, a ovest, comunque non mancano, a partire da quegli Oklahoma City Thunder finalisti a giugno e usciti sconfitti soprattutto per la loro poco esperienza. I Thunder sono la squadra sicuramente più atletica ed entusiasmante del torneo e anche quest’anno si presentano con il chiaro intento di arrivare fino in fondo e provare a conquistare il primo storico titolo. Proveranno a farlo contando ancora sul loro gruppo di giovani campioni, capitanati dai due fenomeni che rispondono ai nomi di Kevin Durant (miglior realizzatore delle ultime tre stagioni) e Russell Westbrook, ma questa volta dovranno fare a meno di James Harden, il miglior sesto uomo dell’anno scorso ed elemento chiave del gioco dei Thunder, passato soltanto pochi giorni fa a Houston poiché Oklahoma non è riuscita a fargli rinnovare il contratto in scadenza la prossima estate. Per la squadra di Scott Brooks si tratta di una grave perdita, anche se in cambio sono arrivati due giocatori interessanti come Martin e Lamb, mentre per il Barba ora ai Rockets si tratta di dimostrare di essere una star e non solo un forte comprimario.
Quest’anno bisognerà poi fare ancora più attenzione ai Los Angeles Clippers di Chris Paul e Blake Griffin, che hanno rinforzato la panchina e possono contare su elementi come Caron Butler, Chauncey Billups e Lamar Odom, che fortunatamente sembra aver accantonato per il momento i suoi impegni televisivi in cui era stato tirato dentro dalla sua compagna (una delle sorelle super mondane Kardashian) e che lo hanno visto più tempo nei reality che sul campo. Odom torna a Los Angeles, ma cambiando sponda, non più quella dei Lakers dove ha giocato per molti anni, ma scegliendo l’altra squadra della città, quella che è sempre stata considerata la parte sfigata e perennemente perdente, ma che forse ha deciso che è arrivato il tempo di cambiare la storia.
Per completare il quadro a ovest, non bisogna dimenticare gli immortali San Antonio Spurs del trio Duncan-Parker-Ginobili, che già l’anno scorso hanno iniziato un processo di rinnovamento che ha visto emergere alla grande il giovane Kawhi Leonard, oltre ai Minnesota Timberwolves, che però dovranno ancora aspettare i loro due giocatori più importanti ancora fuori per i rispettivi infortuni, ossia la stella Kevin Love e il giovane play spagnolo Ricky Rubio, ma che possono contare sul ritorno in NBA di Brandon Roy e del russo Kirilenko. Infine attenzione agli ambiziosi Denver Nuggets, in continuo miglioramento anno dopo anno, squadra con grandi capacità offensive e dai ritmi elevati che con l’acquisto da Philadelphia di un uomo come Andre Iguodala ha fatto un ulteriore salto di qualità, anche e soprattutto dal punto di vista difensivo.
Parlando di giovani promesse, il volto nuovo più atteso è quello di Anthony Davis, prima scelta assoluta del draft dello scorso giugno, data di nascita 11 marzo 1993 e in bacheca già un titolo NCAA con Kentucky e un oro olimpico ottenuto a Londra quando è stato convocato in mezzo ai grandi. Di lui si dice che possa diventare il nuovo Kevin Garnett e si scommette già sulla sua doppia doppia (punti e rimbalzi) di media e sulla sua presenza nel primo quintetto difensivo dell’anno, per il momento è già diventato l’idolo di New Orleans, formazione che ha preso anche il giovane Austin Rivers, il figlio del coach di Boston Doc. Altri nuovi talenti che già quest’anno potrebbero imporsi al grande pubblico sono, tra gli altri, il play Damian Lilliard a Portland, la guardia Bradley Beal a Washington e il centro Andre Drummond a Detroit.
Questa che è appena cominciata sarà anche l’ultima stagione completa con a capo il commissioner David Stern, che ha annunciato la pensione dal primo febbraio 2014, nel giorno del trentesimo anniversario della sua nomina, quando lascerà il posto al suo attuale vice Adam Silver. Il settantenne numero uno della lega è sempre stato un personaggio controverso e dalla fortissima personalità, non amato da molti, ma gli è riconosciuto da tutti che sia stato il commissioner che ha fatto fare il salto di qualità al movimento dell’NBA, rendendolo ricco e glamour e dandogli visibilità a livello internazionale, oltrepassando i confini statunitensi ed espandendosi anche in Canada. David Stern resterà per sempre come il più importante commissioner NBA, colui che ha contribuito a fare la storia di questo sport, anche grazie alla presenza negli anni di campioni e personaggi come Magic Johnson, Larry Bird e Michael Jordan. In questi trentanni ovviamente non sono mancate problematiche di vario genere e momenti di difficoltà, come i quattro lockout che sono stati fatti, l’ultimo proprio un anno fa, quando la stagione fu quasi dimezzata e si riuscì a iniziare a giocare solo a fine dicembre.
Fortunatamente per i giocatori e per tutti gli appassionati quest’anno non si è corso questo rischio, il torneo è iniziato puntuale e riserverà a ogni squadra ben 82 partite di regular season, praticamente una ogni tre giorni, uno spettacolo continuo che solo l’NBA riesce ad offrire. Già stanotte, infatti, andranno in scena altre nove partite e sarà così fino ai playoff di maggio, peccato solo che in questo inizio siano lontani dai campi per i vari infortuni gente come Rose, Love, Stoudemire, Nowitzki, Rubio, Billups, ma la stagione, come detto, è lunghissima e avranno certamente tempo per rifarsi tutti quanti!