Il Generale De Gaulle si lamentava dicendo: “Come si fa a governare un Paese con più di 300 formaggi diversi?”. Una frase storica per dire che l’industria francese andava razionalizzata e che lo Stato avrebbe dovuto fare la sua parte. Quel dirigismo, che fu la base della creazione dei primi “champion” nazionali come Edf, Gaz de France, Air France, portò qualche presidente dopo, cioè Mitterrand, a nazionalizzare industrie e banche con il fiato corto, sull’orlo del fallimento. Poi, restituite negli anni successivi (vedi a esempio, Bnp) al mercato.
E’ di questi giorni la notizia che lo Stato francese si è deciso di intervenire in soccorso del gruppo automobilistico Peugeot (che comprende anche il marchio Citroen) per evitare che chiuda i battenti e lasci per strada migliaia di addetti. L’aiuto farà storcere il naso ai “liberisti puri”, ma certo non si può condannare. Il settore automobilistico rientra infatti nell’elenco di quelle attività (insieme ad esempio ad aeronautica, difesa, elettronica, nucleare…) ritenute strategiche dal Paese.
Attività, dunque, che vanno difese e protette (colbertismo?) sia dall’attacco di competitor stranieri, sia nel caso di una profonda crisi economico-finanziaria come è il caso di Peugeot. Non c’è dunque nulla di male, a patto che l’intervento dello Stato sia limitato nel tempo e non troppo “soffocante”. Vale dire che l’apporto sia limitato.
Il ragionamento di Parigi, in parole povere, è che lo Stato deve intervenire in certe situazioni per il bene del Paese: per non disperdere delle risorse, per non buttare via vent’anni di ricerca, per preservare l’occupazione e quindi limitare eventuali tensioni sociali nell’Esagono. Diciamo che i Governi che si sono succeduti negli ultimi anni (di destra o di sinistra) hanno sempre pensato: prima difendiamo i nostri interessi, i nostri “fleuron”, poi andiamo a discutere. In particolare con l’Ue che certo non sarà contenta dell’intervento dello Stato francese in Peugeot.
Che cosa aggiungere d’altro? Che la Francia gioca bene le sue carte. Lo ha dimostrato anche nel recente passato difendendo le sue industrie e le sue banche dalle mire straniere e pretendendo, nel caso di fusioni transfrontaliere (vedi nel farmaceutico) o in caso di consorzi (Airbus) che la sede del gruppo e soprattutto la R&D rimanessero nell’Esagono. Come a dire che la cosa più importante è che il centro decisionale dell’impresa e tutto quanto riguarda l’innovazione e la proprietà intellettuale non lascino il Paese.
Il caso Peugeot farà dunque nuovamente scuola, anche se è in linea e in totale coerenza con l’esprit francese. Dunque, bien jouè, Monsieur Hollande.