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8 marzo, le donne manager crescono ma solo poche sono al top

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Aumentano le donne manager, ma sono ancora molte meno degli uomini e per arrivare in alto devono puntare al successo sin da subito. Insomma, verrebbe da dire, devono dimostrarsi sin dai primi anni in azienda ultracompetenti, quasi predestinate, altrimenti saranno i loro colleghi uomini ad emergere e a fare più strada. A questa conclusione si arriva leggendo alcuni report, pubblicati non a caso a ridosso dell’8 marzo, sulla parità di genere nel mondo del lavoro e soprattutto nel management. Uno di questi è quello del Boston Consulting Group dedicato al mondo del tech, dal titolo How women make it to the top in technologies, che spiega che se è vero che (al netto delle differenze salariali) le donne sono ormai quasi la metà della forza lavoro complessiva, occupano meno di un terzo (28%) delle posizioni di leadership nel settore della tecnologia.

BCG, che ha condotto l’indagine su 457 donne leader del settore tecnologico Usa e 300 loro colleghi uomini, ha anche rilevato che il Covid potrebbe far persino traballare la già flebile ascesa delle quote rosa ai posti che contano: “Considerando l’impatto che il lavoro da remoto ha avuto sugli equilibri tra lavoro e vita privata specialmente per il genere femminile, la presenza di professioniste nel comparto sembra essere sempre più a rischio”, scrive lo studio che poi precisa che per il 44% delle leader del settore tecnologico le prime promozioni sono state quelle più importanti nel percorso di carriera, mentre la stessa percentuale di uomini indica come decisive promozioni successive. Il gap di leadership tuttavia non si giustifica di certo con una differenza di motivazioni, né nella prima fase della carriera né in quelle successive: donne e uomini del tech risultano infatti ugualmente ambiziosi; il 62% delle intervistate sta puntando ad una promozione, vicino al 67% registrato tra gli uomini.

Tuttavia qualche segnale di miglioramento c’è stato, a livello generale, come testimonia il Rapporto annuale Women in Business curato dal network di consulenza internazionale Grant Thornton, dal quale emerge che è vero che nel 2021 le donne detengono solo il 31% delle posizioni aziendali di comando nel mondo, ma è anche vero che il dato è salito di 2 punti percentuali in più rispetto all’anno precedente, nonostante il Covid-19 abbia colpito e rallentato le economie di tutto il mondo. Nel dettaglio, rispetto al 2020, aumentano del 6% sia le donne CEO (oggi al 26%), sia le donne CFO (al 36%). Non lo stesso si può tuttavia dire dell’Italia, dove nel 2021 le donne ai vertici aziendali (ruolo di CEO) sono scese al 18% (dal 23% nel 2020): il nostro Paese rimane nelle retrovie tra le 30 economie mondiali analizzate su questo fattore, e risulta purtroppo in crescita (+2%) la percentuale di aziende senza alcuna presenza femminile nel senior management (quasi una su quattro).

Chi non crede nelle donne sbaglia doppiamente: dal punto di vista etico e anche imprenditoriale visto che ancora una volta il BCG ribadisce che la diversity è anche un affare: le aziende con almeno tre dirigenti donne hanno un aumento mediano del ROE superiore di 11 punti percentuali in cinque anni rispetto a quello delle aziende senza dirigenti donne. E le aziende con almeno il 30% dei dirigenti donne hanno un aumento del 15% della redditività rispetto a quelle senza dirigenti donne. Basta una sola donna in più nella leadership per aumentare il rendimento di una azienda da 8 a 13 punti base. “Il settore tecnologico, culla del progresso, non può permettersi di lasciare indietro un tema importante come la diversity. Allo stesso tempo, le donne devono crederci e intraprendere, in ogni fase della carriera, azioni audaci per raggiungere il top”, conclude il report, che individua 5 percorsi da seguire.

Prima di tutto, secondo BCG, far conoscere le proprie ambizioni, discutendo gli obiettivi personali con manager e mentori. Poi proporsi per opportunità di promozione anche se non si soddisfano pienamente le qualifiche richieste; non smettere mai di ricercare opportunità per ampliare le proprie competenze sia all’interno che all’esterno della propria organizzazione; assicurarsi di mantenere relazioni a lungo termine con i mentori, punti di riferimento per il supporto professionale. Infine, mettere in evidenza i propri risultati, tecnici e non, e chiedere al manager feedback diretti e concreti sulle proprie capacità di leadership, fin dall’inizio della carriera.

Anche se la strada per raggiungere la parità di genere è ancora piuttosto lunga, aumenta il numero delle aziende che si tingono di rosa. Con oltre la metà della propria forza lavoro (il 54%) rappresentata da donne e una presenza femminile del 44% tra i componenti del CdA e del 59% dei direttori di ufficio postale in Italia, Poste Italiane ha inserito la diversità e l’inclusione tra i pilastri fondamentale della propria strategia ESG (Environmental, Social and Governance). Inoltre, l’Azienda ha varato una policy “diversity and inclusion” e sottoscritto i Women’s Empowerment Principles, l’iniziativa promossa da UN Women e il Global Compact delle Nazioni Unite a supporto della parità di genere a livello mondiale.

Inoltre, in occasione della giornata internazionale delle donne Snam e Fondazione Snam lanciano una nuova iniziativa di “payroll giving”. Per tutto il mese di marzo, i dipendenti di Snam potranno donare il corrispettivo economico di una o più ore di lavoro a iniziative a sostegno di donne vittime di violenza e a mamme con bambini in situazioni di difficoltà. Gli importi raccolti saranno poi raddoppiati dalla Fondazione.

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