Fra ricorsi al Tar, segnalazioni all’Antitrust e interrogazioni parlamentari, l’era del 5G inizia nel caos. L’asta delle frequenze per la connettività di nuova generazione si è conclusa con un risultato record per lo Stato, che ha incassato 6,5 miliardi. I gruppi che si sono aggiudicati i pacchetti più pregiati, invece, hanno sborsato cifre astronomiche: Tim e Vodafone 2 miliardi e 400 milioni, Iliad 1,1 miliardi. Poi, oltre al salasso, è arrivata anche la beffa.
Il problema è che, allo stesso tempo, lo Stato ha di fatto regalato frequenze altrettanto preziose estendendo dal 2023 al 2029 alcuni affidamenti già in vigore e permettendo addirittura la compravendita delle frequenze stesse. In questo modo, Fastweb ha potuto legittimamente comprare a 150 milioni delle frequenze, comprese nella banda tra 3,4 e 3,6 gigahertz, che altri hanno pagato 10 volte tanto.
Risultato: Vodafone ha presentato ricorso al Tar e Iliad si appresta a fare altrettanto. È stato chiamato in causa anche l’Antitrust. E 18 senatori del M5S hanno presentato un’interrogazione parlamentare al ministro dello Sviluppo economico – nonché capo politico del loro stesso Movimento, Luigi Di Maio – per chiedergli se fosse al corrente della vicenda, se il Tesoro sia coinvolto nella proroga e per quale ragione l’Agcom non abbia svolto un’analisi a tutela della concorrenza. C’è perfino chi sospetta l’esistenza di un danno erariale da ben quattro miliardi.
Tutto questo accade in un contesto di mercato sempre più competitivo per gli operatori, costretti a investimenti sempre più onerosi a fronte di prezzi e ricavi al minimo storico.