In Francia è iniziata martedì l’asta sulle frequenze 5G. La procedura era prevista inizialmente per aprile, ma poi era stata rinviata a causa dell’emergenza sanitaria legata al coronavirus. Lo slittamento ha portato Parigi a essere in ritardo rispetto agli altri Paesi europei nell’assegnazione delle frequenze, che dovrebbero garantire alle casse pubbliche almeno 2,17 miliardi di euro.
Nel dettaglio, all’asta per il 5G francese partecipano quattro operatori: Orange, SFR, Bouygues Telecom e Free Mobile (gruppo Iliad). Ad ognuno è stato già assegnato un blocco da 50 MHz delle frequenze nella banda 3.4-3.8 GHz, per un valore di 350 milioni di euro l’uno. In vendita da oggi ci sono altri undici blocchi di frequenze da 10 MHz l’uno, attualmente inutilizzati. La base d’asta per ciascun blocco è pari a 70 milioni di euro.
L’obiettivo (ambizioso) di Parigi è fare in modo che i primi servizi 5G siano messi in commercio entro la fine dell’anno. Certo, molto dipenderà dall’andamento della curva dei contagi, visto che nelle ultime settimane il Covid-19 è tornato a colpire con particolare decisione in Francia, dove la seconda ondata – tanto temuta in Italia – è già realtà.
“Saremo combattivi e andremo a prendere tutte le frequenze di cui abbiamo bisogno”, ha detto la settimana scorsa Thomas Reynaud, Ceo di Iliad, in un’intervista al canale all news France Info. “Il 5G è una tecnologia eco-friendly – ha aggiunto – Ogni anno, il volume dei dati aumenta del 50%: la nostra principale sfida industriale è affrontare questa esplosione di dati”. Del resto, “l’incremento avverrà comunque, con o senza 5G, ma il 5G sarà molto più efficiente rispetto al 4G da un punto di vista ambientale”. Inoltre, secondo Reynaud, dal 5G dipendono “la competitività dell’economia e la sovranità” stessa della Francia.
Visto il ritardo con cui è partita l’asta, Parigi ha revocato uno degli obblighi previsti per gli operatori telefonici: quello di coprire almeno due città prima della fine del 2020.
L’Italia è partita con ampio anticipo sul 5G con l’asta delle frequenze nell’ottobre 2018 che ha assicurato 6,5 miliardi di incasso allo Stato. Una cifra record in Europa dove pure si sono tenute le aste in Spagna, Regno Unito e Finlandia. Mercati ciascuno con le sue specificità e quindi non comparabili tra di loro ma dove le frequenze sono state assegnate a costi decisamente inferiori.