Si chiama “2020 Pandemia e Resurrezione” il nuovo saggio di Giulio Sapelli, edito da Guerini e Associati e goWare.
In questo pamphlet, lo storico dell’economia analizza la crisi causata dall’emergenza coronavirus in Italia e nel mondo, partendo dagli errori compiuti nella gestione della pandemia e arrivando fino ai suoi effetti economici, politici e sociali, che non saranno certo di poco conto. Rifacendosi alla Lettera di San Paolo ai Romani nella quale si legge “ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata”, l’analisi di Sapelli lascia però una speranza al lettore: quella che questa pandemia possa trasformarsi per tutti in un’occasione di trasformazione. Anzi, ancora di più di resurrezione, come si legge nel titolo dell’opera.
“Sul mondo, con spaventosa virulenza, si è abbattuto un ‘cigno nero’ di proporzioni immense”, sostiene il professor Sapelli. Impossibile ad oggi sapere con certezza quali saranno le conseguenze di questo “anno fatale”. Occorrerà tempo per comprendere i reali effetti di ciò che sta accadendo nel mondo. Non ci si può esimere però, secondo l’autore, dal fare un’analisi sulle modalità con le quali è stata gestita questa emergenza. La pandemia e la sua gestione sono il frutto amaro di una società e di un sistema economico globalizzato come pure di un arretramento della politica, dello Stato e dello spirito pubblico, continua Sapelli, che si addentra nelle ragioni alla base della realtà che ci circonda. Una realtà drammatica, sciagurata, dalla quale però possiamo imparare e che diventerà un’occasione di resurrezione. “Il bene comune, così prezioso in questo momento, deve essere messo al centro della scena e devono soccombere i meri tornaconti sia privati sia nazionali”. Per farlo occorre che la società compia un vero e proprio salto nel vuoto, passando dal dominio del mercato al riconoscimento del lavoro come strumento principe per garantire equità sociale, benessere, sicurezza e giustizia.
Di seguito riportiamo la prima parte dell’introduzione del saggio “2020 Pandemia e Resurrezione”:
1. Il tema del lavoro
La crisi attuale pone il problema del lavoro, unitamente al tema digitale, al centro della riproduzione della società in forma omeostatica con la difesa della salute e mai in forma separata: questa è la tendenza che prevarrà se vogliamo sopravvivere e che fa apparire l’incompetenza e i conflitti di interesse come residui manifesti di un mondo che muore.
Ma les morts saisit les vives: e questo è vero, oggi, in forma emblematica. Il nostro modo di costruire sino a oggi la poliarchia – senza una buona governance – con la separazione degli interessi privati da quelli pubblici e con la prevalenza dell’interesse particolare su quello generale deve trasformarsi, pena la distruzione della società, senza alternative. L’innovazione globalmente intesa, che deve estendersi dalla tecnologia alla morale, è la sola via di salvezza che abbiamo.
Capitalisme o barbarie diviene non più il lemma di Cornielius Castoriadis rispetto al rinnovamento del pensiero rivoluzionario, ma il salto teorico e pratico (Hic Rodhus, hic salta) necessario per la stessa riproduzione della società capitalistica.
Il capitalismo, se vuole sopravvivere, deve cambiarsi per conservarsi, rispetto al tema del lavoro, riconducendo la tecnologia al ruolo più corretto di supporto al lavoro umano, elemento base del valore per ogni organizzazione.
Emergerà, se ritroveremo la forza di piegarci sullo studio e sulla meditazione morale e filosofica metafisica, il concetto stesso di comunità, così come lo intendeva il pensiero sociologico tedesco tra fine Ottocento e inizio Novecento: Gemeinschaft nella Gesellschaft: perché la comunità può sempre ricostruirsi nella società, come ci insegnava anche quel grande economista che era Alfred Marshall.
E dovrà sorgere, di già sorge spontaneamente, dal lavoro umano associato una sorta di nuova territorialità con la scoperta che la delocalizzazione non è inevitabile.
Oggi, anche coloro che credevano fermamente nel mercato (e vi continuano a credere ancora) e nella virtù allocativa ottimale del mercato, scoprono che la delocalizzazione ha delle esternalità negative su molteplici aspetti della vita sociale: dal lavoro all’ambiente, alla qualità dei prodotti e dei processi di produzione e distribuzione.
2. Ripensare l’economia circolare
Senza questo ripensamento l’economia circolare come nuovo modello di produzione e non solo di riciclaggio dei rifiuti non ha possibilità alcuna di inverarsi, così come la lotta contro il cambiamento climatico.
In tal modo anche il cosiddetto “interesse nazionale” sarà riclassificato e troverà un saggio fondamento non aggressivo, ma invece costruttivo. E vi sono già emblematiche realizzazioni imprenditoriali creative a questo riguardo in tutto il mondo.
Ricostruire e costruire, per esempio, la manifattura nei territori tanto del Sud quanto del Nord del pianeta farà parte di un continuo lavoro di manutenzione e di riproduzione dei sistemi sociali territorialmente insediati nel mondo, sia in forma stabile, sia in forma migratoria e in cerca di un radicamento.