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Progresso tecnologico e “effetto erosione”: lo studio di Bankitalia

Il lavoro svolto da Banca d’Italia analizza l’effetto del progresso tecnologico sulle decisioni di uscita dal mercato del lavoro prima del raggiungimento dell’età di pensionamento – Quando il cambiamento tecnologico è piccolo l'”effetto erosione” domina, mentre quando è grande domina l'”effetto salario”.

Progresso tecnologico e “effetto erosione”: lo studio di Bankitalia

Il lavoro svolto da Banca d’Italia analizza l’effetto del progresso tecnologico sulle decisioni di uscita dal mercato del lavoro prima del raggiungimento dell’età di pensionamento. Il progresso tecnologico colpisce il fenomeno del prepensionamento in due maniere opposte: da una parte aumenta i salari reali producendo un incentivo a posticipare il prepensionamento (“effetto salario”); d’altra parte quanto più lo sviluppo tecnologico induce una rapida erosione del capitale umano, tanto più ne discende un ricorso elevato al prepensionamento (“effetto erosione”). Attraverso i risultati di alcune indagini si è esaminato l’effetto del progresso tecnologico sui prepensionamenti, constatando che quando il cambiamento tecnologico è piccolo l’effetto dell’erosione domina, mentre quando è grande l’effetto salario domina.

Nel lavoro è stato sviluppato un modello che consente di analizzare in che maniera l’effetto dello sviluppo tecnologico sulla probabilità di uscita dal mercato del lavoro risente dell’intensità dello stesso e dei costi di riqualificazione delle competenze dei lavoratori. Il modello viene utilizzato per valutare la rilevanza dei due meccanismi in diversi comparti industriali degli Stati Uniti.

I principali risultati sono i seguenti: nei settori sottoposti a forti cambiamenti tecnologici l’effetto salario è dominante, in quanto l’opportunità creata da retribuzioni più alte spinge i lavoratori a riqualificarsi. Nei comparti soggetti a un progresso tecnologico più lento i lavoratori non hanno invece incentivi a contrastare l’obsolescenza delle proprie conoscenze professionali e tendono quindi ad abbandonare il mercato del lavoro con più elevata probabilità. Questa evidenza è compatibile con l’esistenza di processi di onthe-job training e apprendimento permanente, che rendono il costo di riqualificazione relativamente più contenuto nel caso di adeguamento a mutamenti tecnologici più marcati.

Lo studio suggerisce pertanto che l’efficacia di possibili interventi legislativi volti a limitare l’abbandono volontario del mercato del lavoro da parte di fasce della popolazione vicine all’età pensionabile dipende tra l’altro dalle capacità professionali necessarie alla permanenza nel settore di specializzazione e dalla velocità del progresso tecnologico. Un innalzamento dell’età di pensionamento obbligatoria allunga l’arco temporale lungo il quale un’eventuale riqualificazione lavorativa produrrebbe effetti positivi sulla retribuzione. Per dato livello del capitale umano individuale, quindi, tale intervento aumenta la probabilità che il lavoratore decida di aggiornare le proprie competenze, rimandando l’uscita volontaria dal mercato del lavoro.

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