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Giornalisti e fotoreporter: scontro aperto in America per una foto ritoccata sul Washington Post

GIORNALISMO WEB – Si può pubblicare una foto che non corrisponde pienamente alla realtà ma è ritoccata e composta con le nuove tecnologie? Sì ma devi dirlo – Esattamente come accadde per quella meravigliosa foto in prima pagina del Washington Post che ritraeva la caduta di un aereo sulla 14a strada.

Giornalisti e fotoreporter: scontro aperto in America per una foto ritoccata sul Washington Post

Un aspro dibattito è in corso tra giornalisti e fotoreporter americani su di una immagina pubblicata in prima pagina dal Washington Post per ricordare il trentesimo anniversario della caduta di un aereo dell’Air Florida sul ponte della 14a strada. La foto riprende il ponte sul fiume Potomac, nella luce rossa del tramonto; in alto a sinistra, sullo sfondo di un cielo blu, passa un aereo.

Il fotografo Bill O’Leary meriterebbe un premio, tanto è bella questa immagine. Ma la didascalia che il Post ha pubblicato avverte i lettori che si tratta di una foto “composita”, realizzata con l’HDR (high dynamic range), una tecnologia presto disponibile su molte macchine digitali, che consente di combinare in una unica immagine scatti realizzati in momenti diversi. In sostanza, il fotografo ha piazzato la macchina sul cavalletto e ha fotografato il ponte, poi ha atteso che passasse un aereo e ha scattato una nuova immagine, poi ha aspettato il tramonto e ha realizzato un altro scatto. L’HDR ha fatto il resto, montando le foto per ritrarre un evento (il passaggio di un aereo sul ponte alla luce del tramonto) che quel giorno non si è mai verificato.

I custodi dell’etica professionale sono subito insorti: se si permette alla tecnologia di travisare la realtà, dove andrà a finire il buon giornalismo basato sulla narrazione dei fatti così come sono avvenuti, senza manipolazioni? Il codice etico dell’Associazione nazionale dei fotoreporter proibisce l’utilizzo di tecnologie come l’HDR e impone che fotografi e photo editor rispettino l’integrità del momento. “Combinando diverse immagini – ha detto Sean Elliot, presidente dell’associazione – il Washington Post ha creato una immagine che non esiste. L’aereo visibile nel prodotto finale non era lì quando sono state scattate le altre foto e questo crea molti interrogativi sulla validità dell’immagine pubblicata”.

Frank Niemeir, un fotografo indipendente, ha obiettato in un intervento sul Poynter Institute for Journalism che se è così, bisognerà buttare via tutti gli obiettivi da 24 o da 600 millimetri, visto che l’occhio umano ha un angolo visivo di soli 45 millimetri: ogni foto andrà fatta con un 50 millimetri. “Anche il bianco e nero sarà bandito, per rispettare i colori della realtà. Andranno eliminati pure i flash, che rendono visibili cose che nel buio non lo sono e non si potranno impostare sensibilità di ripresa che superino quella della retina. Anche se le macchine moderne sono dotate di funzioni molto avanzate, bisognerà tornare ai vecchi valori etici degli anni 50″.

Tra i due estremi, c’è ovviamente una mediazione possibile, come ha indicato lo stesso Poynter Institute. Rinunciare alle possibilità offerte dalla tecnologia sarebbe assurdo, ma travisare la realtà è una violazione del rapporto di fiducia che si crea tra un giornale e il proprio lettore. L’importante è che il lettore sia sempre informato della validità e della corrispondenza alla realtà di quello che sta vedendo. Se una foto è stata ritoccata o è il frutto della combinazione di immagini diverse, bisogna sempre dirglielo. Come ha fatto il Washington Post.

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