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Cinesi e arabi a Milano, latino-americani a Roma: quanto cresce la ristorazione etnica in Italia

In Italia un’impresa di ristorazione su 20 è straniera, in Lombardia quasi il 27%: il fenomeno cresce in misura quasi quintupla rispetto all’intero settore, ed influisce sempre di più sullo stile di vita delle grandi città – A farla da padrone sono sempre i cinesi, che ora però gestiscono più bar che ristoranti

Cinesi e arabi a Milano, latino-americani a Roma: quanto cresce la ristorazione etnica in Italia

“Ci facciamo un kebab al volo?”. “Stasera avrei proprio voglia di un bel sushi”. Frasi, queste, sempre più ricorrenti nella quotidianità degli italiani, soprattutto quelli delle grandi città, che ormai al tradizionale piatto di pasta o alla pizza preferiscono (o quantomeno alternano) lo sfizio, la praticità e la convenienza della cucina straniera, in particolare quella orientale (cinese e giapponese), araba e sudamericana.

Secondo i dati della Camera di Commercio di Milano, infatti, ormai un’impresa di ristorazione su 20 in Italia è straniera, con un incremento del quasi 12% nel 2011 rispetto all’anno precedente, a fronte di una crescita del solo 2,7% dell’intero settore. Niente di più normale, in un Paese in cui quasi un residente su quattordici è di origine estera.

Nel 2011 si registrano 15.600 attività gestite da stranieri, di cui circa diecimila i ristoranti veri e propri (61,3%), oltre 6.000 i bar e caffè (38,7%). La ristorazione etnica in circa un caso su quattro parla cinese (con il 23,6% delle imprese individuali con titolare straniero attive nel settore, pari a 3.687 ditte) ma si difende anche il contingente arabo che, tra le varie nazionalità, detiene una attività su cinque (20,3% pari a circa 3.200 ditte individuali, per la metà egiziani) ed i latino americani con quasi una impresa su dodici (7,5% del totale, 1.168 imprese).

I cinesi sono anche i più trasformisti, visto che solo in parte il dato si riferisce ai veri e propri ristoranti di cucina cinese: la moda sta già per essere superata, poiché gestiscono ormai più bar (53%) che ristoranti, e sempre più spesso usano offrire cucina giapponese o fusion.

A farla da padrone in questo nuovo trend è Milano e in generale la Lombardia, dove il 26,8% delle imprese individuali ha una gestione straniera (+14,3% in un anno, a fronte di una crescita complessiva del settore del 4,3%). La ristorazione etnica meneghina parla soprattutto cinese, nel 57% dei casi, seguita dall’armata araba (egiziani in primis), che pesa complessivamente per il 26,4%, mentre sono solo 50 gli esercizi latino-americani (4,4% del totale stranieri). Il Sudamerica invece va per la maggiore a Roma, che è la seconda provincia italiana dopo Milano per percentuale di attività gestite da non italiani (l’8% del totale contro il 12,2): la Capitale è prima per numero di ristoratori latino-americani (7,6% del totale Italia)

Dunque Milano capitale della cucina etnica, con forte cadenza orientale. Ma il precursore di questa nuova tendenza è lo straniero che non t’aspetti: nè egiziano, né cinese, è libanese il ristorante etnico ancora attivo più antico della città, aperto dal 1974. E’ l’Accademia di Aziz Afif, in zona Lambrate: quando ancora i milanesi non passeggiavano col kebab in mano, lì si potevano già assaporare deliziosi taboulè e felafel tipici della cucina araba.

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