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Senato al lavoro su reddito minimo garantito e salario orario minimo

Si punta al riconoscimento a tutti i cittadini del diritto a ricevere un reddito minimo tra i 600 e i 780 euro mensili, nonché a delegare il Governo ad introdurre il salario minimo orario di 9 euro lordi.

Un reddito minimo garantito tra i 600 e i 780 euro mensili, più un salario orario minimo di 9 euro lordi. Se ne discute al Senato, in commissione Lavoro, dove è iniziato l’esame di due specifici e simili disegni di legge.

In sostanza, si punta al riconoscimento a tutti i cittadini del diritto a ricevere un reddito minimo, nonché a delegare il Governo ad introdurre il salario minimo orario. La copertura finanziaria degli oneri dovrebbe avvenire tramite maggiori entrate derivanti, ad esempio, dall’incremento del prelievo erariale sui giochi e dell’aliquota dell’imposta sul reddito delle società, oltre che dalle somme riferite alle scelte non espresse dai contribuenti della quota dell’8 per mille dell’Irpef, nonché tramite riduzioni e risparmi di spesa, tra cui gli ulteriori tagli alle pubbliche amministrazioni, la revoca dei contributi per l’editoria, l’accantonamento delle dotazioni finanziarie iscritte nello stato di previsione del ministero della Difesa e la soppressione di alcuni enti pubblici non economici.

La previdenza sarebbe riconosciuta a tutti i cittadini italiani o comunitari, oltre che agli stranieri provenienti da Paesi che abbiano stipulato convenzioni bilaterali di sicurezza sociale, residenti nel territorio nazionale e che abbiano compiuto 18 anni. Per i giovani di età compresa tra 18 e 25 anni è requisito necessario il possesso di una qualifica professionale o di un diploma di scuola media di secondo grado, oppure la frequenza di un corso di studi/formazione.

Il lavoro della commissione è alle prime battute. Sono previste alcune audizioni, ma  già ci sono da notare alcune perplessità marcate dalla stessa relatrice, la senatrice Pd Annamaria Parente: “Ferma restando la necessità di un approfondimento sulla delicata tematica del reddito di cittadinanza – ha detto –, alcuni profili non rilevanti contenuti nelle due iniziative legislative sono già presenti nella delega al Governo effettuata con la legge n. 183 del 2014 e torneranno pertanto all’attenzione del Parlamento in sede di esame dei relativi decreti legislativi”. 

Non solo: per la senatrice Parente, “una disamina delle tematiche disciplinate da questi due disegni di legge  non può non tener conto dei mutamenti in essere nella disciplina sul tema”.

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