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Marx è morto, Freud è morto: la letteratura è meglio della psicanalisi? Il primo romanzo di Maria Chiara Risoldi

Nel suo primo romanzo “Cammina leggera” la ex psicoanalista bolognese percorre un cammino liberatorio, giudicando e giudicandosi, in un esame senza sconti per sé e per gli altri. E pieno di “eresie”

Marx è morto, Freud è morto: la letteratura è meglio della psicanalisi? Il primo romanzo di Maria Chiara Risoldi

Marx è morto, Freud è morto e finalmente Matilde “Cammina leggera”. Questo verso, di una poesia di William Butler Yeats, è il titolo del primo romanzo di Maria Chiara Risoldi, una nota psicoanalista bolognese che, alla soglia della terza età, ha deciso di voltare pagina, abbandonare il lettino e diventare scrittrice. Non si trattava però di girare un foglio qualsiasi, ma di superare quasi quarant’anni di terapie che hanno accompagnato la sua vita da adulta, tra quelle fatte come paziente e quelle condotte come analista. Il breve romanzo, uscito a settembre 2022 e scritto con una penna incisiva e asciutta, prende le mosse da uno dei grandi lutti del suo reale percorso biografico, la morte del fratello, che irrompe nella sua anima come un uragano, ribaltando convinzioni, trascorsi e facendole infine rivedere il “film” dall’inizio sotto una nuova luce. La critica alla psicoanalisi freudiana è implacabile (anche se non necessariamente condivisibile), ma Risoldi accetta il rischio di buttare via il bambino con l’acqua sporca pur di affondare il coltello nella sua verità, anche se questo ovviamente non piace a tutti. “Una recensione del mio libro, che campeggiava da un anno sul sito della SPI, è stata rimossa – dice – perché si sono accorti che le mie parole erano troppo critiche nei confronti di Freud. Questa io la chiamerei censura”.

Non sappiamo quale sia il motivo che ha spinto la società psicoanalitica italiana (l’unica autorizzata a mettere la “o” nel mezzo – non psicanalisi ma psicoanalisi – per distinguersi dalle imitazioni) a togliere la recensione dal sito, sappiamo però che le parole di Risoldi possono fare molto male all’ortodossia freudiana, soprattutto perché vengono da una componente del ristretto gruppo, da una persona che ha compiuto l’intero, lunghissimo iter che serve a diventare terapeuti della SPI: una laurea in psichiatria o psicologia, un’analisi personale e un’analisi didattica, un viaggio senza orologio perché ciò che conta è scandagliare l’inconscio in ogni suo aspetto, per fare luce laddove è buio.

Un viaggio liberatorio senza sconti per sé e per gli altri

Per Maria Chiara quel lungo percorso liberatorio si è trasformato invece nella prigione perfetta. Come dice la protagonista del suo libro, Matilde, ne era uscita una persona “autenticamente falsa”, vera solo con i suoi pazienti. Da questa improvvisa consapevolezza ad appendere il complesso di Edipo al chiodo il passo è stato breve (per l’autrice e per il suo alter ego) anche perché i dubbi maturavano già da anni, dall’epoca di una folgorante esperienza in Bosnia con persone traumatizzate dalla guerra. 

D’altra parte, se dovessimo dare un titolo all’iter politico e professionale di Risoldi e di suo marito, Antonio La Forgia (già dirigente Pci, presidente della Regione Emilia-Romagna e parlamentare, fondatore del Partito democratico e infine renziano) sceglieremmo “breve storia di due eretici”.

La sedazione profonda per l’ultimo viaggio senza ritorno

L’ultima eresia di questa donna e di questa coppia brillante, intelligente e coraggiosa, risale a meno di un anno fa, quando Antonio, malato terminale di cancro, scelse la sedazione profonda per il suo ultimo viaggio. Un percorso lecito per la legge solo quando ormai si è agli sgoccioli, la discesa in un limbo che per La Forgia durò circa quattro giorni, dal lunedì sera al venerdì, con la morfina goccia a goccia che scendeva nelle vene insieme ai liquidi di idratazione, con un agghiacciante e breve risveglio a metà percorso, fino all’epilogo inevitabile il 10 giugno 2022. Un atto politico raccontato da Maria Chiara su Facebook, per sollevare dibattito intorno all’importante questione del fine vita.

“Io penso che la sedazione profonda sia un suicidio assistito che però salva la faccia a un paese ipocrita, cattolico, perché lì è il nodo – disse Risoldi ai giornali locali – Il dolore è materia da trattare in modo cattolico, è espiazione e va accettato con rassegnazione”. Una rassegnazione che non si addice a questa donna combattiva e tenace di cui leggeremo presto altre pagine controcorrente. È in uscita infatti “…di lotta e di cura” il suo nuovo romanzo liberamente ispirato alla Casa delle donne di Bologna, alla quale saranno devoluti i diritti d’autore.

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