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Governance d’impresa, il modello monistico guadagna terreno

Un convegno promosso da Assonime e dall’Università Bocconi ha messo in evidenza l’evoluzione della governance d’impresa in Italia, nella quale l’innovazione punta sulla lista del consiglio uscente e sul modello monistico – Ecco perchè

Governance d’impresa, il modello monistico guadagna terreno

“L’evoluzione della governance d’impresa è, prima di tutto, una scelta strategica che dimostra la lungimiranza e la sensibilità di chi ha il coraggio di innovare: la lista del consiglio uscente e il modello monistico ne sono un esempio e meritano di essere sostenuti”. Lo ha dichiarato Marcello Bianchi, Vice Direttore Generale di Assonime a conclusione del convegno organizzato dalla medesima associazione il 14 giungo scorso presso l’Università Bocconi e dedicato al sistema dei controlli societari, con lo sguardo rivolto alla portata innovatrice del modello monistico. 

“L’evoluzione degli assetti proprietari con l’apertura delle società quotate a investitori interazionali e la necessità di affrontare la crescente complessità delle regole che impattano sugli assetti organizzativi rappresentano – spiega Bianchi – uno stimolo a riflettere sulle strategie di governance e a esplorare le opzioni che legge e autodisciplina offrono alle imprese quotate. “L’aumento della contendibilità delle più grandi società quotate e le crescenti attenzioni del regolatore al ruolo che il board ricopre nelle scelte di governance, hanno stimolato alcune imprese a una maggiore responsabilizzazione del consiglio, anche con riferimento alla sua adeguata composizione. La lista del consiglio è scelta da un numero esiguo ma crescente di imprese, soprattutto quelle di maggiori dimensioni e caratterizzate da assetti proprietari più diffusi, e presenta – ha sottolineato Bianchi – notevoli pregi. Oltre alla maggiore riconoscibilità internazionale, tale strumento consente di definire una struttura unitaria del board in termini di competenze e professionalità necessarie per il suo efficace funzionamento e quello dei suoi comitati, prevenendo il rischio di un’eccessiva frammentazione degli organi sociali. Non da ultimo i dati dimostrano che la lista del consiglio piace al mercato, raccogliendo un gradimento complessivo superiore alle liste presentate dall’azionista di controllo (+20%) e un deciso sostegno degli investitori che sembrano preferirla alla lista dell’azionista di controllo (+50%)”. 

Intervenendo nel dibattito il Prof. Mario Stella Richter ha sottolineato che “Il ruolo strategico del consiglio parte proprio dalla scelta del modello di governance che la società decide di adottare”. Se il monistico incontrata tanto interesse  perché finora soltanto poche società (Intesa Sanpaolo, Ubi e Cattolica) hanno deciso di adottarlo? Il fatto è – ha osservato il prof. Piergaetano Marchetti – che la forza attrattiva e rassicurante del modello tradizionale e le complessità della ricostruzione dei modelli alternativi hanno disincentivato una riflessione approfondita delle società, ma non rappresentano un vero ostacolo all’adozione del modello monistico. Quest’ultimo non incide sull’efficacia del sistema dei controlli ed anche alcune delle apparenti criticità del quadro normativo possono essere superate con sapiente uso del mezzo statutario.

Ma quali sono i vantaggi del monistico? Bianchi ne ha individuato individuato molti, ripresi da alcuni relatori e confermati anche dalle testimonianze delle imprese che hanno intrapreso questo cammino: maggiore riconoscibilità a livello internazionale, razionalizzazione del sistema dei controlli da tempo influenzato da interventi che ignorano l’unicum del collegio sindacale, valorizzazione del ruolo del board. Ma, come emerge dalla ricostruzione di regole e opzioni statutarie, la vera pietra angolare del monistico è il comitato per il controllo sulla gestione e soprattutto i compiti che gli sono attribuiti. A tal fine, molti auspicano che l’organo di controllo del monistico sia valorizzato nelle sue peculiarità e non appiattito sul modello tradizionale del collegio sindacale. Restano ancora sul tavolo temi aperti e delicati come i rapporti dell’organo di controllo con Consob e Bankitalia, i nodi da sciogliere con riferimento all’ampiezza e ai limiti esterni all’autonomia statutaria, e la compatibilità di tali scelte con la disciplina applicabile ai gruppi. 

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