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Glossario di educazione finanziaria: le azioni, che cosa sono e come si valutano

Da “PAROLE DI ECONOMIA E FINANZA” della Global Thinking Foundation – Che cosa sono le azioni e che differenza c’è tra azioni ordinarie, azioni di risparmio e azioni privilegiate? – Il rischio dell’investimento e la possibilità di percepire un dividendo – Come si valutano le azioni.

Comprare un’azione vuol dire acquistare una quota di proprietà e quindi di capitale di una società per azioni. Il titolare di un’azione, o azionista (shareholder), possiede una porzione del capitale azionario complessivo della società, con tutti i diritti e gli oneri. Le azioni sono quindi una forma di investimento per la quale l’investitore partecipa al capitale di rischio e diventa socio. Così, pur potendo ottenere anche rendimenti più elevati che nelle obbligazioni, si espone ad un’incertezza e quindi a rischi maggiori.

Le azioni possono essere quotate o non quotate. Le azioni italiane sono quotate presso la Borsa italiana, che è una delle principali Borse europee che si occupa anche dell’ammissione ed esclusione di strumenti finanziari e operatori dalle negoziazioni, inoltre gestisce e controlla le negoziazioni e gli obblighi di operatori ed emittenti. I mercati azionari di Borsa italiani sono: il MTA, mercato telematico azionario, dove si negoziano azioni, obbligazioni convertibili, diritti di opzione e warrant; l’AIM Italia che è dedicato alle piccole e medie imprese (PMI); il MIV dedicato agli Investment Vehicles.

L’obiettivo delle società che emettono azioni è legato al reperimento di liquidità finanziaria necessaria per effettuare investimenti e per sviluppare l’attività societaria, offrendo la possibilità all’azionista di percepire una quota dei profitti aziendali attraverso il pagamento di un dividendo che va a sommarsi all’eventuale performance derivante dall’andamento delle azioni sul mercato.

Il dividendo è quindi una partizione dell’utile che viene stabilita e distribuita per decisione dell’Assemblea degli azionisti alla fine di ogni esercizio per remunerare il capitale dei soci. L’azionista è un socio e quindi dovrà valutare con attenzione i rischi legati all’attività economica della società stessa sopportando il rischio di un eventuale deprezzamento del valore dell’azione e quindi di perdite in conto capitale e per il valore delle azioni possedute.

Tra i diritti dell’azionista abbiamo già indicato la percezione dei dividendi, ove distribuiti dalla società, ed a ciò occorre aggiungere anche: – la possibilità di pronunciare il proprio voto nelle assemblee; – la possibilità di esaminare determinati libri sociali; – la possibilità di impugnare le delibere assembleari invalide.

Le azioni possono essere di diverso tipo: 1) azioni ordinarie: garantiscono il diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie; 2) azioni di risparmio: non conferiscono alcun diritto di voto ma offrono un dividendo in misura superiore a quelle ordinarie; 3) azioni privilegiate: danno diritto di voto nelle assemblee straordinarie e sono “privilegiate” nella ripartizione degli utili. Le azioni privilegiate sono attualmente sempre più rare.

Le persone fisiche (o anche le società) che vogliono comprare o vendere titoli devono rivolgersi ad intermediari autorizzati, banche e società di intermediazione mobiliare (SIM), i quali introdurranno per loro conto nei sistemi telematici di negoziazione gli ordini di acquisto e vendita di azioni.

Gli indicatori e la valutazione delle azioni – Gli azionisti scelgono approcci diversi nella valutazione del rischio e possono farsi aiutare da alcuni riferimenti di dettaglio dati dal ricorso a: 1) analisi tecnica: si concentra sull’analisi di grafici e rappresentazioni di indicatori specifici che permettono di supportare una strategia di portafoglio maggiormente legata a logiche di trading e quindi di un investimento più opportunistico rispetto ad un approccio tipico del “cassettista”, che ragiona su un’ottica di medio-lungo termine; 2) analisi fondamentale: si occupa di studiare i dati economici delle aziende e permette così di contestualizzare gli esiti bilancistici nell’ambito del settore di appartenenza e della realtà economica del/i Paese/i ove si svolge l’attività produttiva della società.

Gli indicatori di profittabilità più utilizzati sono i seguenti:  

EBITDA –  Sono indicatori di profittabilità, reperibili nel bilancio della società, molto importanti quando si vuole valutare un’azienda e quindi un investimento di tipo azionario nella stessa. EBITDA corrisponde all’acronimo Earnings Before Interests Taxes Depreciation and Amortization ovvero “Utili prima dell’imputazione delle voci di interessi, tasse, svalutazioni e ammortamenti di bilancio”; in breve, corrisponde al concetto di margine operativo lordo ed aiuta a inquadrare la portata della redditività aziendale ed a compararla con quella di società simili avendo un paramento neutrale. Il confronto deve avvenire sulla base di sistemi contabili e legali simili o standard tra Paesi e per aziende dello stesso settore e che non considerando il peso di tasse e di interessi, nonché di accantonamenti straordinari per debiti deteriorati o spese di ristrutturazione la valutazione sulla gestione aziendale potrebbe essere non corretta.

CAPEX (Capital Expenditures) –  È una misura che rappresenta i flussi di cassa in uscita, dedicata ad investimenti in attività immobilizzate di natura operativa e cioè gli investimenti in capitale fisso. Si può trovare nel rendiconto finanziario e rappresenta lo sforzo dell’azienda dedicato ad espandersi, e quindi a migliorare, rendendo più efficiente la capacità produttiva.

P/E (Price/Earnings o rapporto Prezzo/Utili)  –  È il rapporto tra il prezzo di un’azione e l’utile atteso per ogni azione stessa. Una volta inquadrato l’andamento del settore di appartenenza della società ed assunto informazioni circa le previsioni di andamento futuro, questo rapporto permette di inquadrare la correttezza, o meglio la coerenza, della quotazione dell’azione con quanto analizzato. Una misura standard è ritenuta pari a 15 e perciò se il titolo ha un valore superiore che si posiziona tra 25 e 30 si considera che l’azione è sopravvalutata. Più il settore è competitivo più il valore tende ad essere vicino o inferiore allo standard. Gli attuali valori P/E delle azioni sono tendenzialmente elevati anche grazie all’assenza di tensioni inflazionistiche.

ROE (Return on Equity), ROA (Return on Asset), ROI (Return on Investment) – Sono indicatori fondamentali per comprendere se l’azienda sta creando ricchezza e quindi possibilità di rendimenti interessanti per l’investitore. Sono indici di bilancio che offrono uno sguardo sulla redditività e sull’efficienza economica dell’attività aziendale, che si tratti sia del rapporto tra utile netto e capitale proprio, sia del rapporto dello stesso verso il totale dell’Attivo, o verso il totale degli investimenti netti (Attivo totale netto decurtato di Investimenti extra non riferiti all’attività aziendale). I parametri valutati nel loro andamento storico che offre una lettura dell’andamento aziendale devono poi essere confrontati con i tassi di interesse BCE per le opportune valutazioni, e quindi con il costo medio del denaro vigente. Un andamento crescente e comune più elevato dei concorrenti dimostra una migliore gestione operativa.

Flusso di cassa o FCF Free cash flow – Indicatore molto interessante per gli azionisti: si deduce utilizzando parte dei concetti spiegati sopra. Si riferisce alla differenza tra flusso di cassa delle attività operative e flusso di cassa per investimenti a capitale fisso, e quindi alla possibilità di autofinanziamento o di cassa disponibile per un’azienda. FCF = (EBIT + ammortamenti e capitale circolante) – CAPEX. Le valutazioni che vengono effettuate sui flussi di cassa a vari livelli si riferiscono alla coerenza tra gli stessi ed il costo medio ponderato del capitale, particolarmente in uno scenario di tassi bassi e di liquidità diffusa ove il ricorso a nuove liquidità diventa interessante quanto discriminato dal costo di approvvigionamento della stessa.

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