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Anderson: “Coda lunga”, business model per Pmi di nicchia

Intervista a Chris Anderson, autore del celebre “The Long Tail”, che è diventato un paradigma per i costruttori di business nella nuova economia e soprattutto per le Pmi che operano nelle nicchie dell’entertainment e dei media – “Le piccole e medie aziende devono focalizzarsi al millimetro” e nelle nicchie piccoli e grandi competono alla pari – Cosa diverrà la coda lunbga

Anderson: “Coda lunga”, business model per Pmi di nicchia

L’attualità della coda lunga

“Il futuro del business è vendere meno di più” è una delle tesi centrali contenute in un classico della letteratura di Internet, La coda lunga di Chris Anderson. Un libro che è diventato una teoria, o meglio una prassi, attuata da tantissime start-up che hanno nel web il proprio ambiente di incubazione e di crescita e il proprio mercato. A distanza di oltre 10 anni della sua formulazione, e nonostante che sia stata ampiamente confutata da altri studi ispirati a principi alternativi, la teoria della coda lunga mantiene tutt’oggi una grande attualità soprattutto per chi intenda operare nelle nicchie del mercato dove l’azione delle piccole e medie imprese risulta più efficace.
Prima di tutto facciamo un breve cenno a questa teoria in modo da dare ai nostri lettori un iniziale ed essenziale riferimento. Internet sta trasformando il mercato di massa e la cultura della ricerca di grandi successi commerciali in un mondo di nicchie infinite. I grandi successi commerciali (i blockbuster) stanno nella testa della curva delle vendite e si arrampicano sull’asse delle ordinate (y, vendite) come una pianta d’edera su una colonna. Questa testa è costituita da un numero relativamente basso di prodotti con un grande volume di vendite. Verso il basso, questa testa si distende e si allunga in una coda lunghissima che tange l’asse delle x (numero di prodotti) dove sono disposte le innumerevoli e sempre crescenti nicchie. Si chiama coda lunga perché è infinitamente estesa se paragonata alla ristrettezza della testa.

Pro e contro la coda lunga

Chris Anderson ha espresso questa teoria nel 2004 su “Wired” e due anni dopo, più estesamente, in un libro molto fortunato e molto citato, The Long Tail (La coda lunga in italiano). Il sottotitolo dell’edizione originale è “Why the Future of Business Is Selling Less of More”, mentre quello dell’edizione italiana, molto diverso, ma nella sostanza analogo “Da un mercato di massa a una massa di mercati”. Questa è in sostanza la teoria affermata nel libro e, malgrado dal 2004 siano successe un sacco di cose, tra cui Facebook, Twitter, l’iPhone e l’iPad e il libro abbia subito ampliamenti e revisioni, la coda lunga è un paradigma a cui si riferiscono ancora moltissimi costruttori di business nella nuova economia, soprattutto nell’area media ed entertainment.

La critica più seria e documentata alla coda lunga proviene da una studiosa di Harvard, Anita Elberse, che ha raccolto le sue riflessioni in un libro importantissimo del 2013 dal titolo Blockbuster, Why Big Hits – and Big Risks – are the Future of Entertainment Business. Coda lunga e blockbuster: ci vorrebbero entrambi come ben sanno coloro che lavorano nei media e nel cinema. Come si potrebbe evincere dal lavoro dell’economista esplorativo Tyler Cowen, coda lunga e blockbuster sono perfettamente compatibili e nel futuro ci sarà una medias res in cui la testa della coda sarà meno ripida, la parte mediana più panciuta e la corsa verso l’infinito più breve.

Che una teoria sia discussa, criticata e quindi respinta non è certo una novità. Sta succedendo anche alla teoria più famosa e citata, quella della “disruptive innovation”, che chiunque inizi qualcosa nella Silicon Valley ha in testa come i capelli. Ma Chris Anderson più che un accademico è oggi un imprenditore e sa che l’unica lezione che conta è quella del mercato e che le teorie sull’innovazione d’impresa possono valere sono in relazione al mercato. Per questo la sua teoria della coda lunga è una teoria dinamica che tende ad assorbire e metabolizzare i cambiamenti dello scenario di riferimento che oggi vede il passaggio dal web ampio raccolto intorno a Google alle piattaforme globali sulle quali portare avanti il proprio business.

Nel futuro delle piccole e medie imprese

Secondo Chris Anderson per le piccole imprese il futuro risiede proprio nella coda lunga determinata dai mercati di nicchia. Le opportunità di mercato abbonderanno per coloro i quali capiranno e sapranno usare quelle che sono le “tre forze guida della coda lunga”.

Forza guida #1: i nuovi mezzi di produzione, hardware e software, hanno messo la creazione dei prodotti nelle mani di chiunque. Il risultato è un’esplosione esponenziale di prodotti e servizi di nicchia, fortemente specializzati e mirati. Non tutti meravigliosi, certo, ma senz’altro si è verificata una crescita spaventosa nell’offerta di servizi e prodotti.

Forza guida #2: le piattaforme e gli aggregatori di Internet mettono insieme decine di milioni di prodotti di nicchia… tutti in offerta… tutti nello stesso posto. Per esempio Apple Music o Spotify aggregano più musica di quanto il più grande rivenditore abbia mai potuto pensare di accumulare. Pensate a Google Adsense. Google mette insieme milioni di editori di nicchia e offre gli spazi agli inserzionisti per una frazione del costo del prezzo corrente sui media tradizionali.

Forza guida #3: il software di filtraggio collega domanda e offerta. I filtri, dagli algoritmi di raccomandazione, ai consigli “chi ha comprato questo, ha anche comprato quello”, aiutano i consumatori a trovare i prodotti che stanno cercando e soprattutto quelli di cui ancora ignorano l’esistenza.

La coda lunga ha bisogno di essere capita da tutte le persone che fanno piccola impresa. E qui è da dove partiremo con Chris Anderson in questa conversazione assemblata dall’ebook team di goWare con estratti da sue dichiarazione e scritti.

Chi è Chris Anderson

Chris Anderson, giornalista, saggista, futurologo e imprenditore ha diretto “Wired USA” per oltre dieci anni, dal 2001 al 2012, dopo aver lavorato per diverse prestigiose testate come “Nature”, “Science” e “The Economist”. I suoi tre libri – La coda lunga (2006), Gratis (2009) e Makers (2012) – sono stati dei successi globali e hanno aperto sterminate discussioni sul significato di Internet e delle nuove tecnologie per il business. Soprattutto per la paradossalità di alcuni tesi come “il futuro del business è vendere meno di più” (La coda lunga) o “Internet muove denaro attraverso il completamente gratis” (Gratis) o ancora “il più grande impatto della rivoluzione digitale sarà proprio sugli oggetti fisici” (Makers).

Un’economia di nicchie

Domanda — La tua teoria ha importanti implicazioni per ogni piccolo imprenditore, non solo per le anticonvenzionali e astute start-up della rete, ma anche per le più comuni piccole imprese del mondo. Prima domanda, nel tuo libro, parli di una coda lunga dentro una coda lunga. Le chiami curve dentro curve, cito: “La coda lunga è fatta da molte mini code, ognuna delle quali è il suo stesso piccolo mondo”. Tu dici che ogni impresa ha la sua coda lunga. Tu dici che su ottomila parole chiave le prime venti parole chiave contano per il 25-30% del traffico, ma le restanti 7980 contano per tutto il resto (cioè il 65-70%). Chi ci raggiunge con queste ultime parole è un visitatore di nicchia, altamente interessato e fortemente motivato. È questo il tipo di distribuzione a cui ti riferisci quando parli delle mini code, delle code dentro una coda? È questa distribuzione che fornisce al piccolo business interessanti opportunità per non essere solo aggregato dal grande, chiamiamolo “aggregante”, ma per diventare esso stesso aggregatore? In altre parole, non può lavorare la coda in entrambe le direzioni? Questo schema si avvicina al tuo modello, ho capito bene?

Chris Anderson — Hai colto nel segno. Sì, è esattamente così. Per amore della logica dobbiamo fare una piccola precisazione riguardo al tipo di piccola impresa di cui parliamo. Alcune piccole imprese sono molto focalizzate su una nicchia e vanno in profondità tanto quanto ci va la nicchia stessa. Altre piccole imprese sono solo una versione rimpicciolita delle imprese più grandi, laddove non necessariamente offrono una merce diversa, ma sono solo locali. Così, il mio negozio locale di ferramenta non è più di nicchia del locale Brico, è solo che siano vicini… e ha un assortimento inferiore e prezzi più alti. Parto dal presupposto, quindi, che stiamo parlando di piccole imprese che hanno una nicchia molto ristretta e non stanno solo sfruttando la loro prossimità geografica ai loro clienti.

D — Assolutamente sì, parliamo di piccole imprese che hanno una nicchia o che possono innovarsi in modo da ritagliarsi altre nicchie. Il negozio di ferramenta locale può creare un sito Internet fai da te all’interno di una piattaforma globale, può creare delle pagine tematiche e sicuramente inizierà a essere trovato grazie alla coda lunga. Questo meccanismo fa sì che il numero delle nicchie non scenda, ma cresca in modo esponenziale.

C.A. — Giusto.

D — E all’interno di queste nicchie, c’è un’enorme varietà…

C.A. — Esatto. Penso che sia giusto, e penso che siano delle grandi opportunità per le piccole imprese – e qui lo dico e qui lo nego – e anche per tutte le altre. Vi spiegherò il perché in un minuto. Credo che una delle più grandi opportunità sia la nicchia-a-mega-nicchia, che consiste, non nell’andare su larga scala, non nel provare a essere tutto per tutti, ma nell’individuare un’area molto specifica che non sia già stata completamente scavata da altri e diventare il numero uno di quella nicchia. Ciò non avrebbe avuto senso in una specifica area geografica. Se la tua nicchia è, diciamo… l’incisione della pietra serena, probabilmente non c’è, fuori da Firenze, una singola area geografica nel mondo dove potrebbe esserci un mercato abbastanza grande per l’esperto mondiale d’incisione della pietra serena. Ma se ti rivolgi a un mercato globale, perché hai anche una presenza su web, allora c’è davvero un mercato per l’esperto d’incisione della pietra serena ovunque sia geograficamente collocato.

D — Quello che dici può valere anche per tutte le imprese, o no?

C.A. — L’esempio che ho fatto è di una nicchia che non è troppo grande per essere differenziata né troppo piccola per essere commercialmente ignorata. E ce ne sono migliaia o milioni di queste nicchie. Ecco perché dico che non è solo un’opportunità per le piccole imprese, lo è anche per le grandi quando hanno necessità di mettere in atto una strategia per andare online.
Grandi e piccoli competono alla pari nelle nicchie.

D — Spiegati meglio.

C.A. — Quando penso alla mia esperienza (come sai ho lavorato a Condé Nast – uno dei più grandi editori globali di riviste con i classici prodotti per il mercato di massa), mi viene questa riflessione. È vero, operiamo nel mercato dei blockbuster, ma quando andiamo online, non stiamo competendo soltanto con un numero relativamente piccolo di riviste pensate per il mercato di massa, stiamo competendo anche, e direi, soprattutto con 30 milioni di blog, con i post di Facebook e Twitter, con Instagram e Snapchat. E la competizione si fa incredibilmente di nicchia. Le grandi imprese quando vanno online competono con piccole realtà di nicchia e devono diventare esse stesse di nicchia… devono trovare servizi che li differenzino dal sito amatoriale, dall’attività del singolo, da quella di poche persone, insomma dalla moltitudine di competitor che sono focalizzati al millimetro su cose che non avrebbero alcun senso in un altro contesto, ma sono esattamente ciò di cui Internet è fatta.

D — “Focalizzati al millimetro” è un termine eccezionale. Sappiamo che le piccole imprese non appartengono alla testa grande della coda lunga, a meno che non abbiano 40 milioni di dollari di capitale di rischio nei loro portafogli. Allora, in quale punto della coda sono collocate? Probabilmente non al punto d’inflessione, ma da qualche altra parte, giù, sperduti sull’asse delle x. Più lontano sono più la grande impresa faticherà ad aggiudicarsi quel piccolo e particolare segmento del mercato. Giusto?

C.A. — Giusto. Google non discrimina tra grandi e piccoli. Google trova, se si digitano le parole rilevanti, tanto il piccolo quanto il grande partono alla pari. Anzi, è più probabile che reperisca il piccolo perché è più, tra virgolette, “pertinente”.

D — C’è un punto nel tuo libro in cui dici che più si scende giù nella coda e più ci si avvicina alle sotto-nicchie, più stretto è il legame tra il fornitore del contenuto/servizio/prodotto e la persona che ricerca. E questo ancora è un vantaggio che i piccoli imprenditori hanno sulle grandi imprese?

C.A. — Sì, è esattamente così. Le persone gravitano verso la vera competenza. Cercano i trend-setter e le guide all’interno delle aree d’interesse; preferiscono trovare persone reali che hanno una sfera molto ristretta d’influenza… una sfera molto ristretta di competenza. Prendiamo qualcosa di semplice come l’acquisto di una fotocamera digitale. Fino a qualche anno fa ti saresti recato in un negozio di elettronica o di ottica e ti saresti rivolto a un assistente alla vendita senza farti troppe domande sul suo livello di competenza e preparazione. Dopo qualche anno, dovendo acquistare un modello più recente di fotocamera, saresti andato su Amazon. Avresti cercato quello più venduto, letto le recensioni e le valutazioni dei clienti… poi avresti preso una decisione basandoti su questi elementi. Per acquistare un modello successivo saresti andato su Google e cercando “fotocamere digitali” saresti atterrato sui siti specializzati. Oltre a trovare un gamma di modelli enorme, ti saresti imbattuto in recensioni incredibilmente approfondite, scritte dagli esperti più ossessionati e in quintali di commenti molto dettagliati. Avresti inoltre visto le oscillazioni di prezzo e individuato il luogo dove effettuare l’acquisto più conveniente. Quel sito di nicchia ti avrà fatto un servizio migliore di quanto ti era accaduto nelle due precedenti esperienze.

D — È proprio il legame che si crea con il visitatore a fare la differenza. Un errore comune delle piccole imprese è che decidono per prima cosa come fare dei soldi e diventano ossessionati da questo obiettivo. E sbagliano. Invece la prima preoccupazione dovrebbe essere quella di porsi delle semplici domande “Su che cosa sono ferrato? Che cosa mi differenzia dai competitor? Che cosa cerca il pubblico di Internet nella nicchia di mia competenza?”. Rispondere a queste domande e crearsi una giusta posizione all’interno della coda lunga crea proprio l’offerta che incontra la domanda e instaura il legame che fa sì che il mondo sia tuo. C’è poi una grande varietà di modi di monetizzare questo legame. C’è un modo diretto, c’è un modo indiretto, c’è un modo che ancora non si è scoperto e qualcuno te lo dirà.

C.A. — Esattamente così. Se vai in uno di questi siti di fotografia digitale, ti accorgerai che le bacheche e i messaggi sono incredibilmente animati. Le persone che sono seriamente interessate alla fotografia non vanno sui siti generalisti, non mettono nemmeno recensioni su Amazon. Si aggirano in questi siti molto piccoli, dove si sentono a proprio agio, perché si sentono tra persone con interessi e indole simili. Qui c’è l’audience più sofisticata. È ancor più interessante è il fatto che questa audience adesso è abbastanza grande. Si potrebbe pensare che la “fotografia digitale sottomarina” sia una nicchia, ma su base globale stiamo parlando di milioni di persone.

D — …non abbastanza per sostenere un negozio di fotocamere di quartiere, ma quando il mercato diventa il mondo, puoi fare davvero una bella vita grazie a una bella posizione online su questo argomento.
Il marketing della coda lunga

C.A. — Proprio così. Certo, se hai una risorsa online orribile vai da poche parti e questo ci riporta al punto di forza #1, agli strumenti della produzione facile che abilitano anche – per essere gentile – i meno capaci. Quindi c’è una terribile quantità di spazzatura nella coda lunga. Una situazione che sottolinea, se ce ne fosse bisogno, l’importanza di emergere in mezzo a tutta questa sterpaglia. A questo proposito posso immaginare un’intera nuova specializzazione chiamata “marketing della coda lunga” fatta di un insieme di azioni sui motori di ricerca, sui servizi di segnalazione e sui social media. La roba buona deve essere passata al setaccio e separata dalla spazzatura. Per fare questo c’è bisogno di sapere come funzionano i social media e soprattutto che Google misura la rilevanza non sulla base di un’analisi semantica della pagina o di un giudizio editoriale sulla qualità dei contenuti, ma la misura sulla “saggezza delle folle”, pesando il numero di link che puntano a quel contenuto. Quindi il modo di venire notati è di essere linkati o menzionati… e il modo di venire linkati o menzionati è di partecipare alla conversazione. Prendiamo i blog come esempio. In tutte le nicchie, ci sono blog che si focalizzano su quella nicchia. Questi blog hanno un alto PageRank perché sono mirati, sono letti e sono autorevoli. La chiave di volta è far sì che questi blog ti linkino. Quindi chiediti come far sì che i blog ti linkino. Come? a) prima di tutto fatti conoscere, e b) far sapere che offri qualcosa di valore, cioè buoni contenuti.

D. — Per esempio?

C.A. — Fai qualcosa di diverso o di nuovo, oppure guadagnati il rispetto dei blogger leggendoli e commentando i loro post o intrattenendo una conversazione con loro sui social. In definitiva credo che il compito primario di ogni fornitore di nicchia sia quello di scoprire “Chi sono gli influenzatori nella mia categoria? Chi sono le persone che leggono in questo spazio? Come faccio a entrare nel loro radar?” La risposta non è nei comunicati stampa, non è nelle PR, non è necessariamente la pubblicità. È partecipare alla conversazione. C’è un mercato peer to peer là fuori e tu hai bisogno – se vuoi essere notato – di esserci. Ci sono centinaia di modi per incrementare la conversazione. Non è comunque così semplice. La differenziazione è una condizione necessaria ma non sufficiente. In altre parole, hai bisogno di farla, ma non è abbastanza. Hai bisogno di differenziare e hai bisogno di essere notato in modo che il passaparola con l’effetto valanga possa iniziare a rotolare. Ovviamente differenziare è un buon inizio. Poi ci sono molti modi per essere notati.

D — Dacci un’idea su come può avvenire.

C.A. — Succede con le recensioni di Amazon. È molto difficile manipolare Amazon dall’interno, per cui occorre guidare le persone verso il prodotto usando i link affiliati o le fonti esterne. È molto più facile manipolare Amazon dall’esterno guidando il traffico verso uno specifico prodotto utilizzando mezzi più controllabili come i blog, i commenti e… non lo spam. Queste azioni guideranno le persone a quel prodotto di Amazon. Qualcuno di loro comprerà, qualcuno lascerà commenti, altri lasceranno rating e così si svilupperà l’effetto del feedback positivo da dentro il sistema delle raccomandazioni di Amazon.
Cosa diverrà la coda lunga

D — Dove sono le prossime grandi opportunità della coda lunga? Come sarà la coda lunga tra qualche anno? Che cosa dovrebbero fare le piccole imprese oggi?

C.A. — Beh, credo che la risposta più semplice sia questa. Probabilmente le piccole imprese conoscono il loro business molto bene e hanno già una loro nicchia, che probabilmente conoscono altrettanto bene. Credo a questo punto che l’opportunità stia largamente nel profilare i clienti della coda lunga. Il primo passo è cercare fuori dalla loro clientela abituale, andare alla ricerca di persone che potrebbero essere interessate… che forse sono già interessate ma non hanno ancora scoperto la loro piccola impresa. Questo significa prendere parte, là fuori, a questa conversazione chiamata global marketplace. Gira tutto intorno al passaparola e ai social media in questo momento. Tutto ciò che sta influenzando e indirizzando la domanda riguarda sempre meno l’istituzionale, la pubblicità, le PR, la messaggistica top-down e sempre più il potere individuale, il passaparola e i trend-setter amatoriali che hanno un’influenza straordinaria perché le persone, al giorno d’oggi, rispettano i loro pari molto più di quanto rispettino le autorità. Per portare la tua impresa al prossimo livello, bisogna partecipare a quella conversazione che sta avvenendo là fuori con o senza di te.

D — Ci dai un’indicazione strategica?

C.A. — Le piccole imprese possono essere micro-aggregatori, ma devono essere a loro volta aggregate dai grandi aggregatori. Questa è la strategia e non è ancora ovvio come svilupparla, ma credo che questo sia il punto dove stanno tutte le opportunità.

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